CUNEO – Cristiano Godano, frontman dei Marlene Kuntz, e il filosofo della scienza Telmo Pievani, unendo arte, poesia e scienza, portano in tour lo spettacolo, prodotto da Freecom/Rete Doc e Produzioni Fuorivia, “Canto d’Acqua”, una laica preghiera per l’acqua. Il tour toccherà il 5 agosto Fenestrelle (TO), il 28 agosto il Monferrato, Castellazzo Bormida (AL), il 31 agosto Sarzana (SP – sold out) e il 4 settembre Gradisca d’Isonzo (GO).
L’acqua è in fermento, è diventata instabile. In alcune parti del mondo ce n’è troppo poca, e avanza la desertificazione. In altre parti del mondo ce n’è troppa, e si scatenano alluvioni. Le emissioni di gas serra aumentano, anziché diminuire come è scritto in tutti gli accordi internazionali, il clima volge al caldo e l’acqua si carica di energia inusitata. Cambiano le correnti atmosferiche e quelle marine. Si fondono i ghiacciai alpini, il permafrost e la calotta artica. Molti esseri umani pensano che di acqua ce ne sia sempre abbastanza, ma non ricordano che è solo una piccola parte della massa del nostro pianeta e che quella piccola parte è solo in minima frazione potabile. Come se non bastasse, viene pure spesso sprecata. “Sarebbe bello se fossimo capaci di ricostruire, sull’acqua e dall’acqua, una civiltà basata sul rispetto della natura, più grande di noi, di cui siamo parte”, spiegano Godano e Pievani, “Per raccontare la crisi ambientale bisogna convocare linguaggi nuovi e mescolarli. La narrazione scientifica deve ibridarsi con la musica e la poesia. Chi ce la farà e chi non ce la farà. Quanto è importante la narrazione per farci cogliere da una vera emozione?”.
Il canto dell’acqua, interpretato in chiave artistica e musicale da Cristiano Godano, e in chiave scientifica da Telmo Pievani, è pieno di preoccupazioni, dunque, ma anche di speranze, perché è proprio nell’acqua che si potranno trovare soluzioni ardite: energie rinnovabili, comunità solidali, aree marine protette e santuari della biodiversità, nuove tecnologie. Le grandi civiltà sono nate sull’acqua fluviale. Consideravano l’acqua “sacra” proprio perché ambivalente e stupefacente, imprevedibile nutrice: perché porta la vita e la morte, al contempo.