ROMA – Ci sono state ampie discussioni nel mondo scientifico, alcune delle quali basate sui dati ma in gran parte speculative, basate su modelli e ipotesi di ricerca, sugli effetti della pandemia Covid-19 sull’autolesionismo, “cutting” (tagliarsi), “burning” (bruciarsi), “branding” (marchiarsi a fuoco). L’autolesionismo, un importante problema di salute pubblica, spesso talvolta precede il suicidio e per questo può essere utilizzato come indicatore per comprendere in che modo la pandemia abbia influito sulla salute mentale della popolazione.
CHE COS’E’ L’AUTOLESIONISMO?
L’autolesionismo un comportamento volontario ripetitivo solitamente non letale, volto a ledere una parte del proprio corpo, tagliandosi o bruciandosi. Il tagliarsi è più frequente nelle ragazze mentre il bruciarsi è più frequente nei ragazzi. È importante precisare che non possono essere considerate autolesionismo in senso stretto, comportamenti che procurano danni indirettamente oppure abbuffate anoressia o anche l’assunzione di sostanze stupefacenti.
Sono quindi autolesionisti che tutti quei comportamenti che portano ad un ferimento volontario anche se non rientrano in un a diagnosi di malattia mentale. I gesti di tipo autolesionistico sono divisi due i grandi gruppi: il primo è detto “deviante” e il secondo “culturalmente approvato”. L’autolesionismo deviante è definito anche come “ferite autoinflitte non suicidarie” (soprattutto il cutting-tagliarsi) e sono tutte quelle condotte che sono legate a disturbi psichiatrici. L’autolesionismo culturalmente approvato rientra in rituali o prati che accettate da un gruppo etnico o addirittura di un’intera società e avvengono in momenti specificamente dedicati.
QUALI SONO I DATI SU QUESTO FENOMENO?
Gli studi internazionali attuali indicano che i casi di autolesionismo sono molto diffusi tra i giovani dai 12 ai 24 anni; mentre si sono verificati pochissimi incidenti di autolesionismo tra bambini di età compresa tra i 5 e 7 anni. Già nel 2008, Affinity Healthcare ha suggerito che i casi di autolesionismo tra giovani potrebbe essere alto come il 33%. Uno studio statunitense effettuato tra studenti universitari ha evidenziato che il 9,8% di loro, almeno una volta nella loro vita, ha avuto esperienze autolesioniste come tagli superficiali e bruciature.
Questo dimostra che l’autolesionismo non è proprio di individui affetti da disturbi psichiatrici ma anche tra persone comuni, come giovani studenti. In Irlanda, invece, uno studio ha dimostrato che le persone autolesioniste vivono per lo più in città che in campagna. Inoltre, il Case (Child & Adolescent Self-harm in Europe) ha evidenziato che il rischio di autolesionismo è 1:7 per le donne e 1:25 per gli uomini.
I DATI RECENTI IN TEMPO DI PANDEMIA SONO CAMBIATI?
Le persone che hanno commesso gesti autolesionistici, da più lievi a più gravi, di solito si presentano o vengono portate al Pronto Soccorso degli ospedali. Un recente studio uscito su Lancet emerge che i dati in tutto il Regno Unito sull’autolesionismo sono scarsi. L’esame delle cartelle cliniche dei Servizi di Salute Mentale in Inghilterra ha mostrato una diminuzione del 40% degli invii per autolesionismo dai Pronto Soccorso alla psichiatria nelle sei settimane successive al lockdown, rispetto all’aumento degli invii nei periodi precedenti.
Questa riduzione è risultata in linea con i dati dei sistemi di monitoraggio Britannici dell’autolesionismo di lunga data. Lo studio su 1500 studi di medicina di base nel Regno Unito utilizzando il Clinical Practice Research Datalink ha rilevato che l’incidenza registrata di autolesionismo era diminuita del 38% nell’aprile 2020, rispetto al tasso previsto sulla base degli anni precedenti. Questa diminuzione è stata particolarmente marcata nelle donne e nel le persone di età inferiore ai 45 anni . La riduzione delle presentazioni di autolesionismo potrebbe però essere anche il risultato di un accesso ridotto ai servizi anche per la paura di contrarre il Covid oppure potrebbero anche riflettere una reale diminuzione della loro incidenza.
QUAL È LA SITUAZIONE ATTUALE IN ITALIA?
L’Istituto Superiore di Sanità è stato attivo sin dalle prime fasi della pandemia sia attraverso la partecipazione e la conduzione di studi, sia attraverso indagini valutative dello stato dei servizi disponibili per la popolazione. Uno studio su 2700 gemelli adulti (età media 45 anni, 64% donne) e 878 famiglie con gemelli minorenni (età media 9 anni) . Sono stati infatti osservati sintomi depressivi o da stress rispettivamente nell’11 e nel 14% del campione. Per quanto riguarda i gemelli tra gli 11 e i 17 anni, il 16% ha dormito peggio durante il periodo di lockdown, e almeno il 75% è rimasto in contatto con gli amici tramite messaggi e/o videochiamate. Anche se solo il 4% ha mostrato una forte preoccupazione per la propria salute fisica e mentale, il 13% ha dichiarato di essersi sentito abbastanza spesso triste e l’11% di essersi sentito abbastanza spesso solo.
I dati preliminari mostrano dunque come ci sia una forte variabilità nella risposta alla situazione emergenziale e un’analisi più approfondita dei dati consentirà di caratterizzare meglio tutte le informazioni raccolte e comprendere i determinanti di questa risposta. Non sono riportati dati di o sull’autolesionismo. Un’osservazione condotta durante questo periodo di pandemia dall’ Ospedale Pediatrico Bambino Gesù di Roma, ha rilevato un maggior e numero di accessi al Pronto Soccorso e di ricoveri nel reparto di Neuropsichiatria dell’ospedale di adolescenti anche per autolesionismo. Al momento non sono stati resi pubblici i dati di altre strutture ospedaliere e territoriali italiane.