La normativa che disciplina la comunicazione dei pericoli sulle etichette è cambiata, e questo per uniformare la simbologia in tutti i Paesi del mondo. Principio giusto e decisamente efficace, ma… che fine faranno i prodotti con le vecchie etichette ancora in circolazione, che verranno considerati fuori norma dal 1 giugno?
La risposta è una: dovranno andare in discarica. Proprio così, uno stesso prodotto, con gli stessi ingredienti, con gli stessi effetti sulla salute e sull’ambiente, ma con un diverso modo di rappresentare graficamente i rischi sull’etichetta, verrà gestito in modo opposto. L’uno gettato, l’altro venduto. Decisamente, dunque, “una questione di forma, non di sostanza”, la forma dei simboli di pericolo apposti sulle etichette. La “X” diventerà un “!”, il quadrato un rombo, lo sfondo bianco sostituirà l’arancione, e così via in una sequenza di nuovi pittogrammi internazionali che rottameranno prepotentemente quelli vecchi, in degna e attiva funzione dal 1999.
Prepotentemente, perché le tonnellate di prodotti chimici con vecchia etichetta ancora in commercio andranno a riempire le discariche d’Italia, per essere sostituiti nella catena distributiva con uguali prodotti in uguali quantità, con buona pace dell’ambiente, che dovrà far fronte all’immissione di un quantitativo doppio di preparati commerciali.
“Non si passa da una situazione di mancanza di comunicazione della pericolosità del prodotto ad una in cui si indicano maggiori precauzioni. Cambiano solo le modalità”, afferma Compag, l’associazione delle rivendite agrarie da sempre in prima linea per la difesa dell’agricoltura italiana e degli agricoltori. Per voce del suo Presidente Fabio Manara, Compag ha sollevato nei giorni scorsi la questione presso il Ministero della Salute, sottolineando l’irragionevolezza della norma e la necessità di rivedere le modalità per il passaggio graduale alla nuova situazione. “C’è da sperare – conclude la nota – che il buonsenso abbia la meglio e che si trovi un sistema temporaneo che permetta ai piccoli distributori di rientrare dei costi di acquisto della merce già in magazzino”.
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