Il documentario reinterpreta in chiave pop la figura del poeta vate, primo “influencer” della storia, che ha fatto della propria vita un’opera d’arte
ROMA – Rai Documentari dedica una prima serata speciale a Gabriele d’Annunzio con “D’Annunzio, l’uomo che inventò sé stesso”, in onda il 23 giugno su Rai Tre. Prodotto da Ince Media e Filippo Cellini, in collaborazione con Rai Documentari e Luce Cinecittà, per la regia di Francesca Pirani e Stefano Viali, il documentario propone una rilettura in chiave contemporanea e pop del poeta vate, illuminando la sottile filigrana del tempo che lega la nostra società a uno dei personaggi più discussi del secolo scorso.
“Gli italiani hanno fatto l’Italia unita ma ora bisogna farla grande”: in quest’espressione è racchiusa tutta la volontà di d’Annunzio di influenzare la vita del suo tempo con la sua stessa vita. E l’Italia di inizio ‘900, delusa dai sogni risorgimentali, vede in lui una figura in grado di indicargli una nuova strada, quella della modernità. Con la forza narrativa e la conduzione dello storico Giordano Bruno Guerri – giornalista e Presidente del Vittoriale degli Italiani – il racconto si svolge in un continuo rimando tra vita, imprese e opere del poeta a confronto con l’attualità.
Sono i ragazzi di oggi nel documentario a paragonare d’Annunzio a Sandro Pertini per l’idea del Paese unito, a Silvio Berlusconi e persino a Greta Thunberg, per la sua capacità di saper smuovere le masse. Attraverso linguaggi differenti e inserimenti di reenactment, d’Annunzio è raccontato come prototipo del divo e progenitore della cultura di massa basata sull’esaltazione del sé: il primo influencer della storia.
Da Pescara al Collegio Cicognini di Prato, dove fu mandato dal padre che aveva intuito le sue grandi doti, dalla prima raccolta di poesie “Primo Vere” ai primi anni romani e al successo fra la provinciale borghesia italiana di fine ‘800, dall’amore per il lusso agli amori mutevoli e disinvolti tra cui Isadora Duncan, Luisa Casati, la moglie Maria Hardouin di Gallese e l’amante Luisa Baccara. Per lui le donne sono al tempo stesso tormento e delizia. Definito all’epoca “scandaloso” da una piccola borghesia che in realtà lo invidiava e che gli attribuì ogni perversione, in realtà d’Annunzio ha saputo realizzare i propri desideri e sfidare la società esibendoli, progenitore di una cultura fondata sulla trasgressione delle regole, caratteristiche proprie della cultura contemporanea. Se da un lato rappresentava l’apoteosi del maschio medio, dall’altro anticipava, con il suo deprecato amore per il lusso e la sua bulimia per gli acquisti, un comportamento che oggi si potrebbe bollare come consumismo.
Anticipatore e modernizzatore di costumi, mode, tendenze, dal vestiario alla politica (pochi sanno del suo passaggio plateale dalla destra alla sinistra, a fine Ottocento), d’Annunzio viene tuttora giudicato anche per un’adesione al fascismo in realtà mai avvenuta: dalla sua “Impresa di Fiume”, Mussolini prese riti e miti ma non la Carta del Carnaro, una delle costituzioni più avanzate del Novecento, né le due parole che d’Annunzio faceva seguire a eja eja alalà: viva l’amore!