Strappa quindi un contratto da “vice” critico al quotidiano pomeridiano della Capitale, “Paese sera” dove si ritaglia uno spazio come specialista del cinema di genere e di quello delle avanguardie. Si sposa con Marisa Casale nel 1966 (quattro anni dopo nascerà la sua prima figlia, Fiore), entra nel giro degli sceneggiatori di mestiere fino ad approdare su un set nel ’69 per dirigere alcune sequenze di “Un esercito di 5 uomini di Italo Zingarelli.
Frequenta anche Sergio Leone, chiamato ad abbozzare il soggetto di “C’era una volta il West” insieme a Bernardo Bertolucci, collabora con Giuseppe Patroni Griffi per “Metti una sera a cena”, fonda una società di produzione col padre (la S.E.D.A.) con cui mette il cantiere il suo primo film, ispirato a un racconto del mistero di Fredric Brown, “La statua che urla”. E’ del 1970 “L’uccello dalle piume di cristallo”, il cui incasso supera largamente il miliardo di lire.
Poi verranno “Il gatto a nove code” e “Quattro mosche di velluto grigio”. Il regista sdogana il cosiddetto “giallo” italiano, si guadagna il titolo di “re del brivido” con un crescendo di consensi che trova l’apoteosi in “Profondo rosso” (1975). Virerà poi ira verso l’horror e l’incubo puro tra “Suspiria” e gli altri titoli nella trilogia delle “Tre madri”.
Con 19 film alle spalle, svariate prove televisive tra Italia e Stati Uniti, tre regie d’opera e due libri tra cui il bellissimo “Paura” del 2014, oggi Argento è venerato in tutto il mondo. Nel 2021 il Museo del Cinema di Torino gli dedicherà una grande mostra antologica: “In realtà proietto sullo schermo le mie paure, le ossessioni che spesso hanno popolato le mie notti e le esorcizzo anche con una robusta dose di ironia”.
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