La nostra intervista con la band marchigiana che ha presentato il nuovo lavoro “Shades of red”
Successo annunciato lo scorso weekend al Teatro Cortesi di Sirolo (pieno in ogni ordine di posti) per i Via Verdi con la Data Zero del “The Time Machine Tour”, organizzata dall’agenzia di concerti e spettacoli Universal Events. La band marchigiana, emozionata per questo ritorno live, ha regalato agli spettatori un live coinvolgente fra musica e immagini sullo sfondo con una scaletta in perfetto equilibrio fra presente e passato.
Non sono mancate le storiche hit “Diamond” (proposta prima in un arrangiamento molto suggestivo e particolare e poi alla fine nella classica versione dance), “Sometimes” e “You and Me”, ma anche la title track del primo album “Trailer”, cover molto ben realizzate negli arrangiamenti, fra le quali “Ordinary World” dei Duran Duran, “The Power of Love” dei Frankie Goes to Hollywood e “In the air tonight” di Phil Collins e brani degli ultimi lavori discografici “The Time Machine” e “Shades of red”, quest’ultimo presentato in anteprima proprio nel concerto di Sirolo.
I Via Verdi oggi sono più che mai liberi di esprimersi liberamente a livello musicale senza rimanere imprigionati in un genere, aperti quindi ad ogni possibile direzione da seguire contaminando le varie esperienze dei cinque componenti, gli storici Marco Grati, Remo Zito e Glauco Medori ben coadiuvati dal bassista Francesco Popolo (belle e curatissime le sue parti vocali durante il live di Sirolo) e dal batterista Simone Medori. Sul palco del Teatro Cortesi di Sirolo si è potuto ammirare una band che è in un momento decisamente felice per ispirazione ed esecuzione, con una grande cura negli arrangiamenti e un affiatamento palpabile fra i quattro musicisti e il frontman Remo Zito.
Li abbiamo incontrati prima del concerto. Questa la nostra intervista:
Come nasce questo vostro nuovo lavoro discografico “Shades of red”?
“C’è sempre un progetto dietro un nuovo disco, non ci si ferma mai. Tutto si rifà all’album “The Time Machine” da noi pubblicato due anni. Dopo la sua uscita ci siamo purtroppo stoppati a causa della pandemia . “The Time Machine” è un concept album nato perché una casa discografica ci ha chiesto di rifare “Diamond” e noi ci siamo messi all’opera. Ovviamente non ci sono più le strumentazioni dell’epoca, abbiamo fatto un vero miracolo, anzi Glauco lo ha fatto. C’erano però anche dei pezzi nuovi pronti, abbiamo messo tutto insieme ed è venuto fuori l’album. Noi abbiamo trent’anni di storia, ma messe insieme le vecchie canzoni e le nuove non ci sembrano passati trent’anni, ma solo un’ora! Ha infatti tutto un senso logico. In questo modo siamo arrivati a “ The Time Machine”. Dopo questo è uscito un altro vinile, quello del trentacinquesimo anno di “Diamond” . Dovevamo uscire con un nuovo album, ma parlando con il nostro discografico non c’era un morale così alto visto il periodo pandemico che stavamo vivendo, dunque abbiamo optato per un 45 giri. In realtà ne è venuto fuori un doppio singolo a 45 giri, cosa veramente unica crediamo al mondo. Non è un EP, ma un 45 giri doppio, un’idea molto carina e particolare”.
Dietro questo disco c’è una produzione molto importante …
“I brani sono stati fatti ai Real World Studios di Peter Gabriel e alla Time Tools Mastering di Hannover. Noi abbiamo mandato il materiale e hanno ascoltato rimanendo entusiasti. In realtà con gli studi in Inghilterra c’è stato un contatto più diretto con una persona che lavorava lì: sono tutti impazziti per i brani e l’operazione è andata in porto”.
I Via Verdi sono stati alfieri della Dance Made in Italy, ma hanno origini ben più lontane. Cosa sono realmente a livello musicale i Via Verdi?
“Noi veniamo un po’ tutti dal Prog. Oggi più che mai ci piace spaziare. Siamo una band con delle tendenze elettroniche, presto sentirete gli inediti con un lavoro grandissimo alle tastiere di Glauco. Abbiamo varie sfaccettature: si va da quella un po’ più elettronica, fino all’acustica. Non ci è mai piaciuto porci limiti a livello musicale e di strumentazioni quindi questa cosa viene oggi fuori più che mai. Negli Anni’80 con noi non c’era il bassista, adesso sì. Faremo più in là un disco nel quale misceleremo tutte le nostre esperienze e le epoche: la fortuna è che ci sentiamo di fare ciò che vogliamo, senza un cliché. Essendo noi orgogliosamente fuori dal mercato discografico, non siamo assoggettati alle sue leggi. Chi ci segue in realtà insegue un sogno: noi vendiamo sogni e li esprimiamo con i colori che ci piacciono. Non abbiamo limiti o condizionamenti, siamo molto liberi”.
È uscito anche un libro sui Via Verdi. Ce ne parlate?
Risponde Marco Grati: “In un certo senso ho aperto lo scrigno dei miei ricordi. L’idea è nata da un grande amico avvocato che scrive libri di musica, Stefano Spazzi. Mi ha fatto un po’ sorridere la sua proposta perché non pensavo che avevamo fatto tutte quelle cose nella nostra carriera. È venuto fuori un bello e lungo percorso fatto di incontri anche fortunati, tutta una serie di incastri anche fortuiti. Facciamo in questo momento le nostre cose molto serenamente e senza condizionamenti come ho già detto. Dove va oggi il mercato ufficiale? Non ci sono più le grandi case discografiche e soprattutto i grandi investimenti discografici di trent’anni fa. Abbiamo avuto noi la fortuna di incontrare dei direttori artistici che ci hanno dato un bell’imprinting aiutandoci, da Cecchetto ad altri. Oggi devi avere invece 15 anni, essere bellissimo o bellissima e se hai fortuna ti fai un paio di anni in vetta e poi sparisci. Questa è la tragedia dei giovani che fanno musica attualmente: tornare alla normalità e dover magari trovare un altro lavoro dopo essere stati in vetta non è per nulla facile. All’epoca le cose erano totalmente diverse: si faceva un percorso prendendo un produttore e poi si sceglieva come e se andare avanti. Oggi ci sono quei due o tre canali importanti e la cosa finisce lì”.
Torniamo indietro nel tempo, ai vostri grandi successi negli Anni’80: che periodo era?
“Gli Anni’80 rappresentano un periodo che non tornerà più anche a livello economico, sociale e musicale. C’era ottimismo, voglia di divertirsi, non c’erano limiti da nessun punto di vista. L’Italia era fra le prime potenze mondiali. Musicalmente quegli anni erano bellissimi. “Diamond” era assolutamente fuori dalle righe ed è piaciuto tanto. Ci hanno un po’ accusato di essere stati la fine dell’Italo Disco, ci piace invece sottolineare che non amiamo particolarmente far parte di un genere musicale, infatti ci allontanammo subito dalla dance. Già “You and Me” era diverso da “Diamond” e “Sometimes” ”.
Quali sono i progetti futuri dei Via Verdi?
“C’è tanta carne al fuoco. Abbiamo praticamente pronti tre album ai quali se ne sta aggiungendo un altro completamente diverso. Siamo stati un po’ ai box. Ora abbiamo alcuni singoli pronti. Siamo tutti compositori singolarmente, messi insieme componiamo ancora, misceliamo il tutto e questo porta alla nostra musica. Ora dobbiamo portare in tour “The Time Machine”: appena uscito il disco è andato esaurito, ma poi si è fermato il discorso generale con la pandemia. Il “The Time Machine Tour” doveva partire due anni fa invece lo fa adesso da questa Data Zero a Sirolo. L’album “The Time Machine” si porta dietro anche gli altri due lavori usciti nel frattempo. Faremo circa due ore di concerto dal vivo. La chiave di volta per noi è stata trovare un grande discografico come Alessandro Galassi della Cimbarecords, etichetta che sta facendo bellissime cose e poi il nostro management, la Universal Events di Emanuel Pàstina. Noi usciremo in vinile, poi forse pubblicheremo qualcosa online o forse in cd in futuro”.
Si ringrazia Emanuel Pàstina della Universal Events per aver reso possibile l’intervista.