Salute

Defibrillatore in azienda? Parla il presidente dell’Osservatorio Sicurezza Lavoro Vega

TREVISO – Recentemente un ragazzo di 22 anni è sopravvissuto ad un attacco cardiaco in un’azienda del trevigiano grazie al defibrillatore prontamente utilizzato dai colleghi. Purtroppo, però, accanto a chi si salva ci sono ancora molte, troppe persone, che muoiono per un improvviso arresto cardiocircolatorio. In Italia sono 60mila all’anno. E moltissime sono le vittime nei luoghi di lavoro.

Il 5% degli arresti cardiaci nel nostro Paese si verifica proprio in azienda. Tutto ciò significa che circa 60 persone alla settimana, in Italia, sono colpite da arresto cardiaco mentre si trovano sul proprio posto di lavoro.

“Ciononostante – dice Mauro Rossato, presidente dell’Osservatorio Sicurezza sul Lavoro Vega di Mestre – sono ancora numerosissime le aziende che, ad oggi, non sono dotate del DAE (Defibrillatore Automatico Esterno). E questo accade anche se nel D.Lgs.81 del 2008, il cosiddetto Testo Unico sulla sicurezza nel lavoro, così come nel Decreto Ministeriale 388 del 2003 sul primo soccorso, emerge chiaramente come nelle aziende, in collaborazione con il medico competente, debba essere valutato il rischio di morte cardiaca improvvisa, in relazione al tipo di attività da svolgersi e ai rischi specifici presenti in azienda.

Secondo l’articolo n. 4 del DM 388, poi, va deciso se debbano essere rese disponibili attrezzature necessarie per tutelare i lavoratori, proprio come il DAE, appunto.

Tra l’altro il DVR, ovvero il Documento obbligatorio per la Valutazione dei Rischi in azienda, deve sempre riportare scelte precise sul fronte della prevenzione. E queste scelte debbono necessariamente contemplare anche il rischio cardiaco; soprattutto per i lavori elettrici, in quota per altre attività lavorative affaticanti.

Per questo invitiamo i datori di lavoro, i medici competenti e i consulenti della sicurezza a fare queste valutazioni. Perché sanno bene come un defibrillatore possa salvare la vita. Le statistiche dicono che il 25% degli attacchi cardiaci improvvisi, infatti, può essere superato grazie al DAE. Ciò significa che 15mila persone all’anno in Italia potrebbero sopravvivere se il DAE fosse più diffuso.

Questo va detto perché probabilmente la maggior parte della pubblica opinione è convinta che esista l’obbligo della presenza di un defibrillatore solo per le attività sportive non professionistiche (Decreto Balduzzi del 2013).

Ma la realtà è un’altra. E, ripeto, il Testo Unico sulla sicurezza nel lavoro e il DM 388 del 2003 parlano chiaro a proposito di prevenzione del rischio per arresto cardiaco.

Tra l’altro l’INAIL favorisce le aziende che decidono di dotarsi di un defibrillatore. E come se non bastasse, la Cassazione si è espressa già dal 2014 su quanto l’infarto possa dipendere da stress da lavoro correlato e costituire infortunio indennizzabile dall’INAIL. Purtroppo c’è ancora qualcuno che non lo sa. E sono moltissimi”.

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Redazione L'Opinionista

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