Il sentire interiore di ciascun creativo necessita di cercare la propria strada, quel sentiero unico che possa costituire una sorta di firma autoriale, un modo del tutto personale di lasciare una traccia nell’ampio e variegato panorama artistico contemporaneo. L’esigenza di trovare il linguaggio espressivo più affine alla propria indole si associa talvolta a un altrettanto impellente bisogno di andare fuori dagli schemi e dalle regole spingendosi verso un’interazione tra diverse tecniche, utilizzando in maniera inconsueta materiali appartenenti a un uso difforme da quello abituale. Non solo, questa categoria di autori riesce a mescolare e ad armonizzare esperienze professionali apparentemente incompatibili ma nella magia dell’arte perfettamente associabili. La protagonista di oggi affronta il tipo di percorso legato alla ricerca e all’interazione, generando opere di forte impatto emozionale al punto di lasciar fuoriuscire una sorta di musicalità.
Il corso della storia dell’arte del Ventesimo secolo è stato disseminato di nuove regole, inediti punti di vista sul modo di affrontare la creatività, anche laddove si creasse un contrasto con gli schemi accademici fino a poco prima rispettati, o forse proprio mostrando il desiderio di volerlo approfondire quel contrasto. A partire dalla fine dell’Ottocento si stavano già delineando alcune avanguardie che si proposero di inoltrarsi in campi completamente nuovi destinati a gettare le basi delle rivoluzioni più profonde del nuovo secolo che stava per iniziare. Fu proprio uno dei movimenti più legati alla figurazione e alla bellezza, l’Arts and Crafts, ad apportare forse la modificazione più marcata al concetto di espressione artistica perché grazie alla sua apertura nei confronti dell’artigianato, che da quel punto in avanti fu considerato anch’esso una vera e propria forma d’arte, fu possibile ampliare il gesto creativo permettendo agli artisti di misurarsi con materiali differenti dalla tradizionale tela, come il vetro, il legno, i metalli preziosi, le stoffe. Questo primo segnale di bisogno di sperimentazione e di dialogo tra le varie discipline si approfondì grazie al lavoro trasversale dei grandi maestri del Novecento che vollero misurare il loro talento non solo con la pittura bensì anche con la scultura, la ceramica, il disegno; Pablo Picasso, Renato Guttuso, Giorgio De Chirico, furono solo alcuni degli artisti che prestarono il loro talento espressivo al teatro, disegnando meravigliosi bozzetti per le scenografie e i costumi, tanto quanto i Surrealisti non potevano non concepire l’arte nel suo concetto più totale, comprendendovi anche i nuovi mezzi di riproduzione delle immagini come la fotografia e il cinema, sconfinando persino nella musica. Parallelamente però, un altro nutrito gruppo di creativi mantenne la linea dell’Arts and Crafts relativa alla possibilità di fare arte su, e con, materiali destinati ad altro utilizzo rinnegando però completamente il contatto con la figurazione, con tutto ciò che potesse ricondurre all’immagine conosciuta per sottolineare l’autonomia del gesto creativo dalla parte più razionale. L’ Arte Informale si propose dunque, nella sua accezione più materica, di lavorare su supporti non tradizionali ma, soprattutto, utilizzò la stessa materia plasmata e modificata per dare vita a opere d’arte a volte rigorose e analitiche che tendevano verso il concetto in sé come parte dell’opera stessa, altre invece di forte impatto emozionale, in grado di travolgere l’osservatore in virtù della forza di quella materia che ne faceva inevitabilmente parte. L’artista toscana Gessica La Pira in qualche modo fonde l’attitudine a sconfinare dalla pittura per legarsi al mondo del teatro, connessione che fu già esplorata dai grandi maestri del Novecento, associandola a un’Arte Informale in cui materiali insoliti divengono co-protagonisti insieme al colore e soprattutto all’apparente assenza di riferimenti visivi.
Apparente perché di fatto allontanandosi dalla composizione si ha un colpo d’occhio che talvolta riconduce a immagini fotografate dalla memoria emotiva, luoghi dell’anima vissuti e respirati di cui ciò che resta è l’impalpabilità, l’essenza di ciò che si è fissato nella mente in virtù delle sensazioni percepite; avvicinandosi invece tutto sembra dissolversi, lo sguardo non trova più attinenze conosciute e può pertanto perdersi in quelle emozioni rievocate proprio dai lievi tocchi cromatici resi consistenti dalla materia che contraddistinguono la produzione di Gessica La Pira.
Non solo, la sua esperienza come scenografa teatrale la induce a sperimentare la stoffa come elemento narrativo delle opere, come se questa materia divenisse pennello pittorico attraverso cui esprimere tutte la delicatezza poetica di un mondo femminile in equilibrio con la natura, con i paesaggi visti con gli occhi e assimilati con un’interiorità che poi necessita di comunicare all’esterno. Dunque la stoffa è base ruvida su cui lasciar interagire il colore che mostra così il suo lato più concreto, più affine a un racconto differente, quello in cui tutto ciò che conta, e che fuoriesce, è la delicatezza del sentire, la lirica armonia tra l’immaginazione e il ricordo e la necessità di rimanere in qualche modo legata alla realtà in virtù della presenza della materia; in alcune opere addirittura la stoffa interagisce con materiali più solidi, come se l’emozione percepita nella fase creativa avesse bisogno di dialogare con l’esterno spingendosi verso la terza dimensione, come se i riferimenti e i dettagli avessero bisogno di essere evidenziati con maggiore spessore.
Questo è particolarmente evidente nell’opera Il borgo, Dama I appartenente alla serie Dame ispirata alle dame di corte del passato, i loro abiti sontuosi studiati da Gessica La Pira durante la specializzazione come storica del teatro d’opera lirica e rivisitati con il suo approccio artistico fortemente contemporaneo e informale; la magia di questa pittoscultura emerge grazie alle tonalità chiare e luminose, impalpabili, a sottolineare l’incantevole purezza e sontuosità di un luogo senza spazio e senza tempo in cui l’artista si è soffermata per immaginare uno scenario poetico. I piccoli riquadri in legno costituiscono un’idealizzazione delle case del borgo narrato, le stoffe evocano la presenza di eleganti donne che si aggirano per le strette vie e le ombre proiettate sulla tela sottostante divengono a loro volta parte stessa della composizione.
Ma le stoffe non sono l’unico materiale con il quale Gessica La Pira si misura, infatti in alcune tele utilizza la carta, ritagli di giornale che vengono abilmente piegati e modellati per trasformarsi in altro, a volte cornice funzionale a mettere in evidenza il centro della composizione, esattamente come fossero un proscenio al cui centro si apre l’essenza dell’opera, come in Quadro nel quadro, Dama II altre volte invece appaiono drappeggiati infondendo nell’osservatore l’illusione visiva di trovarsi di fronte a un’evocazione del mare, con le sue ondulazioni lente e regolari, come nella tela Drappeggi, Dama VI.
L’espressività di Gessica La Pira è tutta rivolta verso il mondo femminile, quasi come volesse dar voce a tutta un’interiorità spesso lasciata in silenzio per timore che affiorino in modo troppo evidente la fragilità, le debolezze che devono essere protette dal mondo esterno; l’artista mostra invece senza timore tutta quella poesia, quella delicatezza interpretativa di una sensibilità che non può essere scissa da un universo femmineo grazie al quale tutto assume un aspetto differente, ogni paesaggio, ogni dettaglio osservato si vestono di musicalità espressiva in virtù dello sguardo morbido su qualsiasi aspetto dell’esistenza e su qualunque manifestazione della natura.
I ritagli di giornale fanno parte anche di una terza sfumatura della produzione di Gessica La Pira, quella che in qualche modo si avvicina al Nouveau Réalisme di Mimmo Rotella per l’utilizzo della sovrapposizione di tratti di pagine leggibili ad altre parti di stoffa in questo caso perfettamente stesa, senza mostrare corrugamenti od ondulazioni, dove il colore totalmente neutro sembra essere un compagno silenzioso, un desiderio di lasciar parlare quelle pagine incisive protagoniste dell’opera La società umana, Dama I.
Gessica La Pira, storica del teatro d’opera lirica, direttrice di scena, scenografa, oltre che visual artist, ha al suo attivo la partecipazione a mostre collettive importanti come quella presso la Cavallerizza Reale di Torino durante l’Art Week Torinese, e molte altre su tutto il territorio nazionale, oltre al suo spazio espositivo di Montepulciano, in provincia di Siena. A Ottobre 2023 sarà presente alla fiera Paratissima di Torino e sarà inserita nell’Atlante dell’Arte Contemporanea 2024 il cui volume sarà presentato nel mese di Maggio presso il Metropolitan Museum of Art di New York.
GESSICA LA PIRA-CONTATTI
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The inner feeling of each creative person needs to seek his own path, that unique route that can constitute a sort of authorial signature, a totally personal way of leaving a trace in the vast and varied contemporary artistic panorama. The need to find the expressive language most akin to one’s own nature is sometimes associated with an equally impelling need to go outside the box and the rules, pushing towards an interaction between different techniques, utilizing in an unconventional way materials belonging to a use different from the habitual one. Not only that, this category of creators manages to mix and harmonise professional experiences that are apparently incompatible but in the magic of art can be perfectly associated. Today’s protagonist tackles the kind of path linked to research and interaction, generating artworks with a strong emotional impact to the point of releasing a kind of musicality.
The course of art history in the 20th century was littered with new rules, new viewpoints on how to approach creativity, even when there was a contrast to the hitherto respected academic schemes, or perhaps even a desire to deepen that contrast. Starting at the end of the 19th century, were already emerging a number of avant-gardes that set out to break into completely new fields destined to lay the foundations for the most profound revolutions of the new century that was about to begin. It was precisely one of the movements most closely linked to figuration and beauty, Arts and Crafts, that brought perhaps the most marked change to the concept of artistic expression because thanks to its openness to craftsmanship, which from that point on was also considered a true art form, it was possible to broaden the creative gesture by allowing artists to measure themselves against materials other than the traditional canvas, such as glass, wood, precious metals and fabrics. This first sign of the need for experimentation and dialogue between the various disciplines was deepened thanks to the transversal work of the great masters of the 20th century who wanted to measure their talent not only with painting but also with sculpture, ceramics and drawing; Pablo Picasso, Renato Guttuso, Giorgio De Chirico, were just a few of the artists who lent their expressive talents to the theatre, drawing wonderful sketches for sets and costumes, as much as the Surrealists could not fail to conceive of art in its fullest concept, including new means of image reproduction such as photography and film, even encroaching on music. At the same time, however, another large group of creatives maintained the Arts and Crafts line concerning the possibility of making art on, and with, materials destined for other uses, but completely repudiating contact with figuration, with everything that could lead back to the known image in order to emphasise the autonomy of the creative gesture from the more rational part.
Informal Art therefore proposed, in its most material sense, to work on non-traditional supports but, above all, it used the same material moulded and modified to give life to artworks that were at times rigorous and analytical, tending towards the concept in itself as part of the work, and at others of strong emotional impact, capable of overwhelming the observer by virtue of the force of that material that was inevitably part of it. The Tuscan artist Gessica La Pira somehow merges the aptitude for trespassing from painting to link up with the world of theatre, a connection that was already explored by the great masters of the 20th century, associating it with an Informal Art in which unusual materials become co-protagonists together with colour and above all the apparent absence of visual references. Apparent because, in fact, as one moves away from the composition, has a glance that at times leads back to images photographed from the emotional memory, places of the soul experienced and breathed, of which what remains is the impalpability, the essence of what is fixed in the mind by virtue of the sensations perceived; on the other hand, as one moves closer, everything seems to dissolve, the gaze no longer finds known references and can therefore lose itself in those emotions evoked by the slight chromatic touches made consistent by the material that distinguish Gessica La Pira‘s work. Not only that, her experience as a theatrical set designer leads her to experiment with fabric as a narrative element in her artworks, as if this material became a pictorial brush through which to express all the poetic delicacy of a feminine world in balance with nature, with landscapes seen with the eyes and assimilated with an interiority that then needs to be communicated externally. So the fabric is a rough base on which to let the colour interact, showing its more concrete side, more akin to a different kind of story, one in which all that counts, and which leaks out, is the delicacy of feeling, the lyrical harmony between imagination and memory and the need to remain in some way connected to reality by virtue of the presence of matter; in some works, fabric even interacts with more solid materials, as if the emotion perceived in the creative phase needed to dialogue with the outside world, pushing towards the third dimension, as if references and details needed to be highlighted with greater depth.
This is particularly evident in the artwork Il borgo, Dama I belonging to the Dame series inspired by court ladies of the past, their sumptuous dresses studied by Gessica La Pira during her specialisation as an opera theatre historian and revisited with her strongly contemporary and informal artistic approach; the magic of this pictosculpture emerges thanks to the light and luminous, impalpable tones, emphasising the enchanting purity and sumptuousness of a place without space and without time in which the artist has paused to imagine a poetic scenario. The small wooden panels constitute an idealisation of the houses in the narrated village, the fabrics evoke the presence of elegant women wandering through the narrow streets, and the shadows cast on the canvas below become themselves part of the composition. But fabrics are not the only material with which Gessica La Pira measures herself, in fact in some canvases she uses paper, newspaper cuttings that are skilfully folded and modelled to become something else, sometimes a functional frame to highlight the centre of the composition, exactly as if they were a proscenium at the centre of which the essence of the work opens up, as in Quadro nel quadro, Dama II; at other times, instead, they appear draped, instilling in the observer the visual illusion of being in front of an evocation of the sea, with its slow and regular undulations, as in Drappeggi, Dama V. Gessica La Pira‘s expressiveness is entirely directed towards the female world, almost as if she wanted to give voice to an interiority that is often left silent for fear that its fragility, its weaknesses that must be protected from the outside world will emerge too clearly; on the contrary, the artist fearlessly shows all that poetry, that interpretative delicacy of a sensitivity that cannot be separated from a feminine universe thanks to which everything takes on a different aspect, every landscape, every observed detail is dressed in expressive musicality by virtue of the soft gaze on any aspect of existence and on any manifestation of nature. Newspaper cuttings are also part of a third nuance in Gessica La Pira‘s production, one that in some ways comes close to Mimmo Rotella‘s Nouveau Réalisme in her use of overlapping pages with stretches that can be read with other parts of fabric, in this case perfectly laid out, without showing wrinkles or undulations, where the totally neutral colour seems to be a silent companion, a desire to let those incisive pages, protagonists of the artwork The Human Society, Dame I. Gessica La Pira, opera theatre historian, stage manager, set designer, as well as visual artist, has to her credit the participation in important group exhibitions such as the one at the Cavallerizza Reale in Turin during the Turin Art Week, and many others throughout Italy, in addition to her exhibition space in Montepulciano, province of Siena. In October 2023, she will be present at the Paratissima fair in Turin and will be included in the Atlante dell’Arte Contemporanea 2024, the volume of which will be published in May at the Metropolitan Museum of Art in New York.
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