BOLOGNA – Per afferrare un sogno basta poco, è uno spazio infinitesimale incastonato nell’universo di possibilità e opportunità che il fato crea. Disegna, senza alcun senso logico, mostrando scorci di paesaggi invisibili costellati da note musicali. Potenti e distinte, come un fascio di luce che, in una notte di mezza estate, colora i volti di migliaia di persone, perse nel bisogno univoco di staccare.
Staccare dai bisogni non urgenti, dal mutuo da pagare, dal proprietario antipatico che ogni mese viene a chiedere l’affitto di una casa spoglia e buia. Per scappare da quelle quattro mura che inghiottono, come fossero prigioni dorate. Per afferrare un sogno basta un palloncino rosso, per emarginarsi dalla dislocata realtà del terzo millennio c’è un concerto di Vasco Rossi. Sai che arriva e sai che, nel preciso istante in cui comincia, già ti mancherà. E ti accorgi di mille cose in quello spazio temporale enorme ma ristretto: ti accorgi che ci sarà tempo per chiedere scusa e perdonare, per piangere ogni volta sulle note di “Ogni Volta”, sai già che non c’è solo un treno ma mille stazioni del destino da percorrere contromano.
Sai che Vasco è lì a cantare la vita, quella vissuta sulla pelle con le cicatrici di esperienze folli. Sai che il palloncino rosso è vicino, pronto per essere afferrato come un vero pallone, al novantesimo, in area di rigore. E Vasco è ancora lì che guarda tutti con i suoi occhi chiarissimi, gridano come se domani arrivasse già oggi, come se una galassia implodesse all’unisono sulle note di Albachiara. C’è uno spazio immenso popolato da anime ribelli e vere, dominate da angusti problemi che per una sera, o forse per una vita, potranno rinchiudersi nell’armadio del “Ci penso domani”. Come la dieta, si dai la inizio lunedì.
Un anno passa in fretta ma un giorno non sembra passare mai, tre ore di Vasco volano. Come il tempo andato, come la nota più alta e i fuochi d’artificio ripresi da un cellulare di ultima generazione, come la canzone che dedicheresti sempre a lei, come guardarsi indietro e pensare alle decisioni prese e a quelle non prese. Riflettere su ciò che è stato e avere paura di quello che sarà. Ma lì c’è ancora Vasco che canta e allora tutto, e tutti, possono aspettare.