RIMINI – Rientro dalle vacanze estive. Sono tanti gli italiani che stanno facendo i conti, o li faranno nei prossimi giorni, con problemi di tipo gastroenterologico. Al Rimini Meeting Salute 2017 si è parlato di picco di disturbi intestinali provocati dai viaggi e dalla sregolatezze che spesso ci si concede nei momenti di pausa dal lavoro. Infatti il mese di agosto è quello dove si registra il maggior numero di disturbi gastro-intestinali che si manifestano con la diarrea. Conseguenze che si possono incontrare anche nei mesi invernali ma in quel caso prevalentemente legati all’influenza.
La diarrea del viaggiatore colpisce soprattutto chi è stato in viaggio, specialmente in aree subtropicali, e che magari non ha prestato adeguata attenzione a ciò che ha mangiato e bevuto. Sebbene la donna abbia una frequenza di colon irritabile superiore a quella dell’uomo, è una malattia che non guarda in faccia nessuno, né sesso, né genere né età.
“Un’alimentazione disordinata e non adeguata per chi non è in vacanza è la causa principale di questo disturbo – spiega il dott. Fernando Rizzello, Segretario Nazionale dell’IG-IBD (Italian Group for the study of Inflammatory Bowel Disease) – E’ quindi fondamentale avere un adeguato apporto di fibre e di acqua. Per chi è in viaggio, invece, la non adesione alle norme di pulizia degli alimenti e l’assunzione di acque non salubri sono la prima causa”. Una buona alimentazione, mediterranea, a base di pesce e di fibre, invece potrebbe allontanare il rischio di simili disturbi. Ma c’è un altro comportamento molto rischioso: il cattivo uso, o l’abuso, di antibiotici. “Il problema della resistenza agli antibiotici è un problema mondiale, e va a braccetto anche con il cambiamento della microflora intestinale – dichiara il Dott. Rizzello – La cura antibiotica è importante, ma va fatta bene, con i tempi e con i dosaggi giusti, altrimenti potrebbe diventare un’arma molto pericolosa”.
Non occorre preoccuparsi dopo un singolo episodio di diarrea, ma occorre consultare il personale sanitario se il sintomo persiste. Si consiglia, innanzitutto, a causa dell’insorgenza di molteplici forme di diarree infettive, di effettuare un esame culturale e parassitologico delle feci, in modo da capire se vi fosse qualcosa di diverso o patologico. In seguito è sufficiente, una volta compreso il problema, un qualsiasi antibiotico mirato o un antisettico intestinale e a seguire anche un ciclo di probiotici, ossia fermenti lattici.
Se alla diarrea è anche legata la febbre, allora potrebbe trattarsi di infezioni sistemiche, che vanno trattate con una terapie antibiotica adeguata. Bisogna comunque riuscire a bere molto, preferibilmente non in una sola soluzione, ma frazionando, lungo la giornata, circa 2,5/3 litri, con alimentazione leggera e adeguato riposo.
Per chi soffre abitualmente di questi disturbi, si consiglia di partire con fermenti lattici, in modo da regolamentare la microflora intestinale al cambiamento provocato dal viaggio, dalla temperatura, dalle abitudini.
“É fondamentale riconoscere la genesi del disturbo – prosegue il dott. Fernando Rizzello – Se questi dovessero risultare negativi e la diarrea dovesse persistere, è doveroso fare un esame più complessivo, perché una diarrea cronica potrebbe essere causata da malattie infiammatorie croniche intestinali, con buona visita del paziente, esami di laboratorio, ecografia intestinale e altri accertamenti. Molto spesso un episodio gastroenteritico fa infatti da apripista a una malattia che non si è ancora manifestata. É importante quindi analizzare l’aggiunta di sintomi sistemici, quali presenza di sangue nelle feci, febbre, dolori articolari. E poi passare eventualmente all’esame endoscopico”.
Un discorso a parte lo meritano i bambini, che possono andare incontro molto più facilmente alla disidratazione. É fondamentale per i genitori, quindi, che portino con sé delle soluzioni reidratanti orali in modo da poter iniziare immediatamente una assunzione per bocca in caso di diarrea, mentre, in caso di vomito, assumerlo con moderazione. Questo perché il bambino nel proprio corpo ha un quantitativo di acqua che è superiore a quello dell’adulto, quindi più facilmente, perdendo peso, disperde acqua.
“Per quanto riguarda invece la terapia antibiotica – dichiara la dott.ssa Patrizia Alvisi, medico di Pediatria Ausl di Bologna – l’antibiotico non viene quasi mai utilizzato nel bambino, fanno eccezione solamente quei casi in cui è messa in discussione la situazione generale o per batteri specifici che vanno identificati con l’analisi delle feci. Occorre ricordare che la diarrea acuta e la disidratazione in età infantile sono le principali cause di morte in alcune aree del mondo, sebbene in Italia i decessi siano praticamente scomparsi. I sintomi di rischio sono facilmente riconoscibili: il bambino risulta particolarmente stanco, non ha voglia di giocare, è abbandonato in braccio. Questi sintomi, soprattutto al di sotto dei 3 anni, devono indurre un genitore a ricorrere immediatamente al proprio pediatra se non addirittura al pronto soccorso”.
“Laddove c’è cultura e interdisciplinarietà la chirurgia non è l’estrema ratio, anzi in alcuni casi è addirittura il primo degli elementi della cascata terapeutica, come quei casi in cui la malattia è localizzata nell’ultimo tratto dell’intestino tenue e la situazione è già parzialmente compromessa – conclude il Prof.Gilberto Poggioli, Professore ordinario di chirurgia generale all’Università di Bologna e direttore dell’Unità Operativa di Chirurgia Generale all’Ospedale Sant’Orsola – Va considerata uno strumento terapeutico come gli altri e non è detto che sia l’ultimo. Oggi poi con la chirurgia laparoscopica mini-invasiva, ove possibile, l’operazione può essere il primo passo seguito poi da una terapia medica.
Nella chirurgia delle malattie infiammatorie croniche intestinali, il primo obiettivo è quello di migliorare la qualità della vita. Qui facciamo riferimento a malattie che non sono fatali. Colite ulcerosa e malattia di Crohn sono due malattie diverse. La colite ulcerosa è una malattia localizzata nel colon che una volta tolto il colon, l’organo bersaglio, il malato può dirsi “guarito”.
Nel Crohn questo non succede perché può colpire ogni distretto, dalla bocca in giù. In secondo luogo, nella colite ulcerosa, in quanto tale, gli effetti (diarrea, sanguinamento, ecc.) rendono la vita impossibile. Nella malattia di Crohn ci sono vari livelli di condizione: quando questi si fanno più acuti e complicati, l’operazione diventa inevitabile, essendo a rischio la vita del paziente.
Ad essere colpiti da queste malattie sono soprattutto i giovani tra i 20 e i 30 anni, ma c’è anche un secondo picco che riguarda i soggetti tra i 60 e i 70 anni. L’approccio tecnicamente è uguale, ma mentre nei giovani i risultati sono di un certo tipo, con l’invecchiamento i risultati funzionali sono inferiori, come tutte le malattie”.
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