I movimenti artistici che si sono susseguiti nel corso del secolo scorso, e che poi hanno subìto un’evoluzione e riattualizzazione nell’epoca contemporanea, hanno costituito per molti artisti uno spartiacque, una linea di confine tra ciò che era più affine alla propria personale inclinazione e ciò che al contrario si discostava troppo dalle corde creative e dunque non poteva far parte del loro percorso. Il protagonista di oggi, al contrario, ha sempre sentito, e continua a seguire, l’esigenza di evolvere e misurarsi con nuove tecniche così come con mezzi espressivi che in passato non esistevano.
Quel secolo dinamico e di cambiamenti con forte impatto nella società tanto quanto nell’arte che è stato il Novecento, ha evidenziato quanto un approccio creativo differente da quello accademico e più strettamente e classicamente estetico, potesse aprire le porte a inediti stili da cui poi se ne generavano altri; ma la caratteristica più incisiva, che può essere osservata solo a posteriori, fu una tendenza naturale e un’apertura alla costante evoluzione, a continue modificazioni di punti di vista, di intenzioni e di linee guida di movimenti e correnti che sembravano concatenarsi, completarsi per poi distanziarsi e dar vita a ulteriori originali percorsi. L’Arte Informale decretò il completo e assoluto distacco dalla figurazione, intesa come riproduzione della realtà oggettiva, per andare verso un’elevazione dell’arte, una ricerca della perfezione equilibrata generata dalla mente, dall’esplorazione del concetto, di un’idea che doveva completamente astrarsi, allontanarsi dalla forma e trovare nella materia il mezzo per comunicare sensazioni ed emozioni che gli artisti, a seguito delle devastazioni e distruzioni della Seconda Guerra Mondiale, sentivano di non essere più in grado di manifestare, non più solo attraverso la tela, non secondo le regole precedenti. Gli anni seguenti acuirono il bisogno di approfondire l’osservazione dell’interazione del colore con la materia, tra l’opera e l’ambiente in cui era collocata, tra l’oggetto e il distacco emotivo dell’autore delle opere il cui intento era quello di ridurre la realtà a semplici forme geometriche, o a composizioni monocrome, inseguendo l’ideale dell’arte per l’arte, eliminando il non essenziale così come la vanità dell’artista che non doveva far trapelare le sue sensazioni. Evoluzione naturale di questo tipo di approccio creativo, quello dunque più scientifico e logico nonché più sperimentale proprio alla ricerca della purezza assoluta dell’arte su tutto ciò che è contingente, non poteva non essere la Digital Art, nella quale la creazione di immagini è affidata a una macchina che ha al suo interno la possibilità di originare infinite combinazioni di colori e di linee, oltre alla capacità di modificare completamente fotografie che, grazie alla tecnica digitale, si trasformano in opere d’arte. Domenico Frisini, architetto ma artista praticamente da sempre, nel corso della sua lunga carriera ha sentito l’impulso di spostarsi attraverso tutti e tre questi stili principali, l’Informale, il Minimalismo e la Digital Art seguendo una natura eclettica, curiosa, e aperta ad accettare nuove sfide con cui misurarsi.
Laddove agli inizi della sua carriera artistica si è avvicinato, e ha trovato ispirazione nell’Arte Informale, per lunghi anni ha invece diretto la sua ricerca pittorica verso il Minimalismo, affine all’inclinazione verso una manifestazione razionale del suo pensiero, a uno studio di se stesso in relazione all’espressione pittorica misurata ed equilibrata, senza lasciarsi travolgere da emozioni che al contrario costituirebbero elemento di rottura della sua tendenza esplorativa nei confronti dell’arte. Nel periodo attuale invece, ciò che appaga di più il suo senso estetico, la sua curiosità mentale e la consapevolezza di poter introdurre in una macchina, il computer, la sua emozione intesa come gioia nel dare vita a immagini plasmate sulla base del messaggio estetico che desidera lasciare all’osservatore, è la Digital Art che non è un punto di arrivo bensì solo una fase di passaggio in attesa di ciò verso cui si dirigerà nel prossimo futuro.
Nell’opera Midnight cocktail Domenico Frisini si lascia affascinare dalla leggerezza dei colori, dalla sua infinita sfumatura e combinazione in grado di comunicare all’osservatore la leggerezza di una serata trascorsa tra bollicine e scintillio, tra sorrisi e allegria, nella spensieratezza del buon vivere su cui spesso ci si dimentica di soffermarsi perché troppo presi dal vortice dei problemi contingenti.
Poi in Stockholm e in Teatime fa il verso alla scomposizione in pixel, che costituiscono l’essenza della digital art e di tutte le attuali tecniche di riproduzione delle immagini, abbandonando le geometrie tondeggianti per suddividere la realtà nelle forme del quadrato e del rettangolo, come se volesse sottolineare quanto le persone siano in contatto e vicine l’una all’altra pur senza mai conoscersi davvero o, al contrario, quanto tendano a inseguire e a restare all’interno del proprio individualismo nonostante la vicinanza fisica.
I frattali sono tutto ciò di cui Domenico Frisini ha bisogno per dar vita alle sue opere che, in alcuni casi, appaiono come veri e propri studi, ricerche sul risultato che linee e forme completamente inesistenti nella realtà possano affascinare l’osservatore e indurre lo sguardo a cercare invece somiglianze e similitudini verso il conosciuto, come nel lavoro Asymmetrical, in cui la prima apparenza è quella di una serie di quadrati accostati tra loro e riempiti di linee, ma a un secondo sguardo la sensazione è quella di una superficie più fluida e quasi riflettente, come se nell’asimmetria del titolo l’artista volesse sottolineare la scivolosità di un’esistenza in cui spesso ciò che si vede all’esterno, quell’armatura luminosa, non corrisponde a ciò che invece si nasconde oltre.
Sixty four responses, anche questa in scala di grigi, resta forse l’opera più ermetica di Frisini, quella in cui le curve scelte e accostate per dare vita all’immagine definitiva, non possono essere accomunate a nulla, quasi come se l’artista volesse sottolineare quanto spesso l’uomo contemporaneo debba rassegnarsi a non averle le risposte evocate dal titolo, perché in fondo l’essenza stessa della vita rimane un affascinante mistero. Domenico Frisini ha alle spalle una lunghissima carriera artistica, tuttavia ha scelto di esporre poche volte e in luoghi selezionati, perché per la sua indole arte significa più sperimentare e continuare a evolvere che non mostrare, e mostrarsi, accordandosi così all’intenzione creativa del Minimalismo che voleva allontanare l’artista dalla sua vanità. Espone prevalentemente in gallerie d’arte di Firenze, Roma e Bari.
DOMENICO FRISINI-CONTATTI
Email: d-frs@libero.it
Sito web: www.premioceleste.it/domenico.frisini.86078
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