La personalizzazione di correnti e movimenti del recente passato sembra essere la parola d’ordine dell’arte contemporanea, e questo sia in virtù delle conoscenze che dal secolo scorso sono arrivate a impregnare gli stili attuali, sia grazie alla tendenza all’attualizzazione e alla personalizzazione che contraddistinguono gli artisti che si muovono nell’eclettico e variegato panorama attuale. L’artista di cui vi racconterò oggi arricchisce della sua poetica uno stile che ha caratterizzato uno specifico filone creativo del Novecento.
L’approccio pittorico alla tecnica mista esplose intorno ai primi decenni del Ventesimo secolo a partire dall’Astratto Informale per poi propagarsi e mescolarsi con successive tendenze che vivacizzarono gli anni Cinquanta, in particolar modo quella Pop Art europea che vedeva modificate le tematiche originarie del manifesto statunitense per adattarle a una modalità espressiva meno popolare ma tuttavia altrettanto interessante e in grado di comunicare in maniera diretta con l’osservatore. In particolar modo Mimmo Rotella, che dall’idea Informale di partenza si distacca elaborando il suo particolare décollage, divenuto poi noto in tutto il mondo, attraverso cui la sua indole creativa trova il mezzo ideale per collocarsi all’interno di una modernità, di un movimento popolare che desidera attraverso immagini iconiche e conosciute, rendere l’arte fruibile al grande pubblico. Non solo, la sua tendenza a utilizzare oggetti di uso comune per trasformarli in parti delle sue opere, dai tappi di bottiglia, corde, pezzi di stoffa, erano necessari per comporre l’immagine frammentata che voleva dare della realtà, diede vita all’assemblage, comune in ogni caso a tutte le tecniche materiche che, affiancato al suo celeberrimo décollage, lo resero noto in tutto il mondo. Nel mondo artistico contemporaneo il denominatore comune è il desiderio di personalizzare gli stili del recente passato, adattandoli al sentire del singolo autore e dando un nuovo senso, un’inedita direzione a ciò che aveva delle linee nette e ben definite proprio nel periodo della nascita delle correnti d’avanguardia del Novecento. È in questo specifico contesto che si inserisce la produzione pittorica di Gessica La Pira, storica del teatro d’opera lirica, regista teatrale, direttrice di scena, scenografa ma, soprattutto artista; il suo stile è libero da ogni schema pur prendendo ciò che necessita da alcune linee guida dei maestri che l’hanno preceduta, stile grazie al quale riesce a far sentire in modo chiaro la propria voce creativa, la propria indole pittorica che non può rientrare all’interno di una linea guida che non sia quella generata dal suo personale punto di vista.
Fa dunque sua la tecnica del décollage utilizzando nelle sue tele parti di pagine di giornale che fissa con strati di colore, o che stratifica e sovrappone per lasciar svelare, suggerire, un pensiero, un qualcosa di non detto, che desidera induca l’osservatore a una riflessione su ciò che è oltre ciò che appare; tuttavia il suo pensiero resta ermetico, nascosto dall’enigma dell’Astrattismo, attraverso i cui segni la La Pira tende a far emergere l’importanza e la prevalenza del colore, di quelle tonalità vivaci, seppur sfumate e alleggerite dalle sovrapposizioni dei tessuti e della carta sottostanti, che sono incredibilmente esaltate dal bianco che le circonda, quella base neutra eppure luminosa che sembra essere una metafora del modo di guardare le cose e il mondo.
Racconta della natura filtrata dalle emozioni, dalle sensazioni di rilassatezza e pacatezza che da quel ritmo lento e tranquillo derivano, senza rumore intorno, senza l’accelerazione della velocità che tende a trascinare l’individuo in un vortice di eventi e di concatenamenti quotidiani che gli impediscono di soffermarsi sulla bellezza intorno a sé.
L’opera Case è sospesa nel tempo, come se Gessica La Pira volesse sottolineare l’importanza che ricopre il luogo in cui tornare e rifugiarsi per chiudere fuori il mondo, quel posto ideale dove tutto scorre a un ritmo differente rispetto all’esterno; ecco il motivo di quell’essere sospeso, di quell’aura sognante definita dal bianco ruvido che circonda gli edifici e che racconta di tutto ciò che si desidera lasciare fuori, e delle tonalità solari e allegre del giallo, simbolo della gioia del varcare la soglia della porta, accostate a quelle rilassanti e meditative dell’azzurro che rappresenta il momento di raccoglimento e di benessere che si vive all’interno del proprio nido.
Tanto rassicurante è il porto sicuro della quotidianità quanto rigenerante e accogliente è l’incontro con la natura, con i fiori, le piante che ne fanno parte e che invitano l’osservatore a entrare nella scena, come se si trattasse di un palcoscenico teatrale, e di perdersi nelle tonalità fresche e rigeneranti, come in Natura I e Natura II oppure vivaci e coinvolgenti, come nelle tele Le Camelie e Il Fucsia.
Ogni opera è pensata e meditata per mettere in evidenza il dettaglio che Gessica La Pira vuole enfatizzare, utilizzando i colori, il grattage e il décollage, come nel lavoro Margherita, dove la poesia delle trine e dei merletti si alternano al realismo dei ritagli di giornale, forse simbolo delle tante parole impiegate per sfogliare i petali del piccolo fiore di campagna ritenuto giocosamente l’oracolo del destino di un sentimento.
Mescola i decori con le linee la La Pira, come nel dipinto Fiori, in cui il bianco e nero sembra esaltare la delicatezza e impalpabilità dei fiori rispetto al rigore e al rigore delle righe che fungono da coprotagoniste, perché in fondo è anche dal cemento che la natura e la delicatezza possono trovare il modo di nascere, di emergere e di andare contro corrente. Gessica La Pira ha al suo attivo mostre collettive importanti, come quella alla Fondazione Accenture di Milano, ed espone le sue opere presso il suo atelier artistico di Montepulciano.
GESSICA LA PIRA-CONTATTI
Email: lapira.secondoatto@gmail.com
Sito web: www.gessicalapira.it
Facebook: https://www.facebook.com/gessica.lapira
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