“Le attività della ristorazione e della ricettività, parte importantissima del Pil nazionale, sono entrate in sofferenza prima di tutti gli altri e rischiano di pagare più a lungo le conseguenze di questa situazione – prosegue – E se da un lato è doveroso programmare ogni passo garantendo la sicurezza sanitaria dei cittadini, dall’altro è impensabile che a pagare il prezzo delle restrizioni siano gli esercenti. Tra riaprire e non riaprire il tema fondamentale è ‘come’ riaprire. Immaginare riaperture a ranghi fortemente ridotti e a costi invariati in termini di personale, imposte e tariffe, e oneri aggiuntivi in termini di adeguamento e sanificazione, significa nel migliore dei casi costringere le attività a restare chiuse per evitare il fallimento, nel peggiore, soprattutto in alcune aree del Paese, consegnarle alla criminalità”.
E ancora: “Il grido di dolore degli esercenti deve essere ascoltato e recepito, coinvolgendoli nelle scelte e compiendo ogni sforzo possibile per evitare una catastrofe. Ogni risorsa mobilitata oggi è un investimento sul futuro, anche per preservare spazi fondamentali di socialità e impedire che il distanziamento diventi alienazione. Rendiamocene conto – conclude Quagliariello – prima che sia troppo tardi”.
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