ROMA – Federico Caffè è stato uno dei più importanti economisti della seconda metà del Novecento. Un economista che non guardava solo ai numeri, ma aveva a cuore il benessere delle persone, un “riformista umanista” che ha sempre auspicato il prevalere delle idee sugli interessi e pensato una società nel segno dell’equità. È lui il protagonista del nuovo appuntamento con “Italiani”, introdotto da Paolo Mieli, in onda in prima visione stasera, 17 novembre, alle 22.10 su Rai Storia. Nato a Pescara nel 1914 si laurea a Roma e alla fine della guerra collabora con Meuccio Ruini, ministro per la Ricostruzione del governo Parri. Fondamentale per la sua formazione è il soggiorno alla London School of Economics nel 1947 durante il quale ha l’opportunità approfondire il pensiero keynesiano che, insieme all’economia del benessere, rimarrà sempre il suo orizzonte teorico. Dipendente per molti anni della Banca d’Italia la lascerà per dedicarsi esclusivamente all’insegnamento.
Docente di Politica economica e finanziaria dal 1959 al 1984 ha esercitato il suo incarico di professore con passione e abnegazione. È stato relatore di più di 1200 tesi e ha contribuito a formare molti economisti italiani di successo come Mario Draghi e Ignazio Visco. Federico Caffè intellettuale poliedrico dalla cultura enciclopedica, uomo sensibile che amava la musica e la letteratura, all’età di 73 anni, quando è ormai un uomo anziano e psicologicamente provato, decide di scomparire nel nulla allontanandosi volontariamente da casa senza lasciare alcuna traccia.
Di lui non si avranno più notizie. Nel 1998 il Tribunale di Roma ne ha dichiarato la morte presunta. Nell puntata, firmata da Keti Riccardi, intervengono la nipote Giovanna Leone, Giuseppe Amari, curatore di numerosi saggi su Caffè, Maurizio Franzini, Daniele Archibugi, Mario Tiberi e Giuseppe Ciccarone, economisti e allievi di Federico Caffè. Hanno contribuito anche l’Archivio storico della Banca d’Italia, Ediesse edizioni, il quotidiano “Il Manifesto”.