Indubbiamente Federico Fellini è stato ed è tuttora, a distanza di quasi 28 anni dalla sua scomparsa, il regista italiano più famoso e amato di sempre. La sua è stata una produzione cinematografica molto vasta e per nulla definibile in maniera netta, chiara ed esaustiva, sebbene, a buona ragione, si possa dire che la sua primissima parte abbia profondamente risentito dell’influenza neorealista.
Ma poi lui ha amato sperimentare e proseguire su varie strade a livello di filmologia, osservando la realtà e -nel contempo- reinventandola. Un artista e un poeta visionario, che ha più volte dichiarato “di fare film perché gli piaceva raccontare bugie e inventare fiabe, oltre che dire le cose che ha visto e le persone che ha incontrato”.
O ancora un uomo dotato di una profonda umiltà nonostante il talento e il successo che amava definirsi “un artigiano che non ha niente da dire ma che sa come dirlo”.
E nel contempo un professionista che è orgoglioso e felice di fare il suo mestiere poiché – a suo dire – “Il mestiere di regista è un modo di fare concorrenza al Padreterno. Nessun altro mestiere consente di creare un mondo che assomiglia così da vicino a quello che conosci, ma anche agli altri sconosciuti, paralleli, concentrici”.
Di questo e di molto altro ancora ci parla Federico Fellini – A Cinema Greatmaster di Gordiano Lupi, pubblicato da Il Foglio Letterario Edizioni, nelle sue trecento pagine. Un testo da leggere con estrema attenzione per conoscere nei dettagli la grandezza di un immenso maestro, che ha saputo fare con eccellente abilità, del conflitto – bugia – realtà uno dei punti di forza del suo cinema, che rimarrà unico per sempre nel suo non genere.