Foggia, lotta al terrorismo: indagato un egiziano

117

Foggia, lotta al terrorismo: indagato un egizianoFOGGIA – Nella prima mattinata odierna, Finanzieri del Nucleo di Polizia Economico-Finanziaria (G.I.C.O.) di Bari hanno eseguito un decreto di sequestro preventivo d’urgenza emesso dalla Direzione Distrettuale Antimafia di Bari nei confronti del cittadino egiziano di anni 59, residente a Foggia, nella sua qualità di responsabile dell’associazione culturale “Al Dawa”, vero e proprio centro di culto islamico nel capoluogo dauno, già indagato per i reati di associazione con finalità di terrorismo anche internazionale e istigazione a delinquere.

L’attività investigativa si inserisce nel più ampio contesto operativo che nel luglio 2017 ha portato all’esecuzione di un’ordinanza di custodia cautelare in carcere nei confronti di un militante ceceno dell’ISIS, anch’esso indagato per associazione a delinquere con finalità di terrorismo internazionale.

Le Fiamme Gialle hanno sottoposto a sequestro preventivo finalizzato alla successiva confisca l’intero immobile, sede dell’associazione culturale e tre rapporti finanziari, il tutto per un controvalore complessivo stimato in circa 370 mila euro.

L’odierno risultato è frutto del recente protocollo d’intesa, stipulato nell’ottobre 2017 tra la Guardia di Finanza e la Direzione Nazionale Antimafia e Antiterrorismo (DNAA), che ha innovato il sistema di prevenzione antiriciclaggio e di contrasto al finanziamento del terrorismo, attraverso un nuovo flusso di comunicazioni tendente a far convergere nei procedimenti penali, le operazioni finanziarie collegate a soggetti sospettati di legami con il terrorismo internazionale.

Tali mirati accertamenti svolti dalle Fiamme Gialle baresi, sono scaturiti da una segnalazione di operazioni sospette a carico del cittadino egiziano e della moglie di 79 anni che hanno consentito di rilevare in capo allo stesso una disponibilità economica sproporzionata rispetto ai redditi dichiarati, nel periodo dal 2011 al 2017. L’ipotesi è che l’Imam possa essersi procurato le disponibilità attraverso la cosiddetta “zakat” (una sorta di raccolta fondi), personalmente operata nell’ambiente dei soggetti di fede islamica frequentatori della moschea, gestendo il denaro accumulato in maniera poco trasparente.