Aveva perso il lavoro e cercava un’idea. Ma voleva anche divertirsi e avere più vita sociale a Manhattan. Tentativo dopo tentativo, Dennis Crowley ha progettato Foursquare, il social network della geolocalizzazione. Negli Usa ha già fatto da tempo boom.
Come si costruisce un’impresa che in tre anni raggiunge 20 milioni di utenti e più di 100 dipendenti? “Foursquare è nato perché non avevo un impiego e pensavo: ora cosa faccio?”. Così Dennis Crowley, nemmeno quarant’anni, ha fondato il social network di geolocalizzazione, che negi Usa ha già stretto partnership commerciali con Groupon e American Express. L’app, che consente di comunicare con i propri amici il luogo in cui ci si trova (ristorante, discoteca, negozio), è in pieno boom. Crescono il numero degli utenti e gli affari: la geolocalizzazione, non troppo conosciuta in Italia, è quel motore per il business del social network che altri stanno ancora cercando. Eppure il curriculum del suo fondatore è costellato da alti e bassi e su di lui pochi avrebbero scommesso.
Crowley, dopo essersi laureato in Comunicazione nel 1999 a Syracuse, 400 km a nord di New York, avrebbe voluto lavorare presso un’agenzia pubblicitaria della Grande Mela, ma s’accontenta di un’occupazione meno brillante in una società d’analisi tecnologiche. Poco male: l’unico desiderio è quello d’avere una vita più movimentata all’ombra della Statua della libertà. Come sapere dove si trovano gli amici in una metropoli d’oltre otto milioni d’abitanti, anziché nella sua Syracuse, popolata da meno di 150 mila persone? Le guide su locali e ristoranti, anche quelle online, non erano così aggiornate da segnalare feste e ritrovi. Così nei ritagli di tempo, Crowley lavora all’idea di un software che fornisca recensioni di feste e ristoranti in tempo reali. Dopo aver strutturato il progetto e averlo proposto ai suoi capi, che lo giudicano destinato al fallimento, Crowley si licenzia e va alla ricerca di un ambiente fertile per la sua creatura. Lo trova in Vindigo, una App per palmare. Sembra fatta, ma le turbolente vicissitudini aziendali gli fanno perdere il posto. E l’attentato dell’11 settembre segna uno stop a tutti i suoi piani.
Sfrattato da casa e senza una occupazione, a Crowley non resta altro che ripiegare sul primo lavoretto disponibile: un impiego come istruttore di snowboard poco lontano dal confine col Canada, un posto adatto a leccarsi le ferite, guadagnare qualche spicciolo e pensare al da farsi. Per tornare in pista impiega tre anni. Nel 2004 frequenta un master alla New York University, dove presenta una tesi su un sistema per trovare gli amici grazie al cellulare e conosce Alex Rainert, uno studente che condivide il suo sogno. Deluse le speranze di entrambi di trovare un lavoro grazie al master, Crowley e Robert decidono di unire le forze e mettere in piedi Dodgeball (“palla prigioniera”), un software gratuito di invio messaggi agli amici quando ci si trova in determinati luoghi. Come tentativo di due illustri sconosciuti non va poi così male nei suoi giorni migliori. Dodgeball conta 75mila utenti. “Ma non siamo mai riusciti a ottenere nemmeno un dollaro di finanziamento” ha affermato Crowley.
Nel 2007 c’è la svolta: il leader dei motori di ricerca Google, primo a riconoscere il valore, acquista il software per una cifra top secret e ingloba nel suo team aziendale i due creatori. Ancora una volta però i sogni di Crowley vanno in fumo: ala prova dei fatti, il colosso di Mountain View non vuole i suggerimenti proposti da Dodgeball. A quel punto Crowley preferisce licenziarsi e farsi assumere da una società di giochi interattivi. Ma le sue ambizioni restano accese. É in quel momento che il destino gli viene incontro: conosce Naveen Selvadurai, un cervellone di 26 anni nato in India con due lauree, una inglese e una americana. Selvadurai aveva già lavorato in aziende come Nokia e Sony e aveva lanciato una startup proprio nel campo della geolocalizzazione. A suo avviso, la possibilità di individuare un negozio o un servizio grazie a un cellulare era vitale: in passato aveva speso tantissimo tempo in ricerche affidategli dai suoi precedenti datori di lavoro mentre era in trasferta in Asia.
La chiusura di Dodgeball nel gennaio 2009 da parte di Google mette il turbo all’impegno dei due: bisogna proporsi al mercato al mercato prima che ci pensi qualcun altro. Il fatto di essere a New York anzichè nella Silicon Valley non intimidisce i due soci.
“A differenza di ciò che accade nella Walley, abbiamo avuto modo di testare l’idea con persone al di fuori del mondo hi-tech: musicisti, gente della finanza e del cinema, giornalisti” ha commentato Crowley.
A detta degli addetti ai lavori essere nella Grande Mela ha dato una marcia in più al social network.
“Ciò che gravita intorno New York è più ampio rispetto al mondo della Valley. Non a caso Crowley ha creato un prodotto che consente da subito la fonte di guadagno, a differenza di altri progetti nati sull’altra costa americana” commenta Enrico Aprico, cofondatore dell’associazione di angel investor Tmrw Venture Club.
In due mesi di lavoro matto e disperatissimo, a marzo 2009, i due mettono a punto la nuova creatura, battezzata Foursquare (“quattro cantoni”) in riferimento al gioco ifantile. “perché tutta questa fretta. Semplice: perché il momento è giusto è importantissimo per il lancio di un’azienda. E un imprenditore vero sviluppa una sorta di sensibilità che gli suggerisce quando muoversi. Inoltre, qui Creowley ha palesato tutta la sua forza intelettuale: ha continuato a credere nella sua idea, puntando tutto su un progetto che era appena stato scartato da Google” osserva Aprico. “In Foursquare Crowley ha aggiunto un elemento ludico: la possibilità di conquistare punti ogni volta che si passa in uno stesso luogo”.
Questa volta il vento è a favore: nel giro di tre mesi Foursquare riesce a conquistare un milione di euro di finanziamenti privati.
“Per questo siamo diventati un po’ una leggenda. Perché fino ad allora eravamo stati così concentrati sulla startup da non avere nemmeno aperto un conto in banca. Così, quando abbiamo incassato il denaro del finanziamento, siamo andati allo sportello bancario dietro l’angolo per aprirne uno.
“Un milione” è stata la nostra serissima risposta” ha ricordato Crowley. Poco dopo partono le collaborazioni con le caffetterie Starbucks, il canale Mtv e la multinazionale che produce la Pepsi. Oggi Foursquare coinvolge circa 750 mila esercizi commerciali. Tutti affari che hanno alimentato voci di finanziamenti di oltre 60 milioni di euro.
“Il network è ancor in fase iniziale. Ma rispetto agli altri ha una carta in più: può presentare alle aziende un bacino di utenti di cui si conoscono inclinazioni e abitudini” sottolinea Aprico.
Secondo il Wall Street Journal, la valutazione dell’azienda si aggira sui 500 milioni di euro. Al momento gli affari vanno alla grande: recentemente Foursquare ha raddoppiato gli utenti e sembra destinata a un futuro sempre più brillante.
“A un aspirante imprenditore consiglio di lasciar perdere quello che vorrebbe diventare e iniziare a fare cose concrete”.
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