Il regista, che ha vissuto in prima persona l’esperienza di essere uno straniero in un Paese sconosciuto, con questo film ha scelto di affrontare il delicato tema dell’immigrazione superando i confini del realismo. Lo fa raccontando le assurdità dell’adattamento culturale, di chi vive questa condizione, attraverso il registro dell’ironia. Mostrare, come fa la protagonista, umorismo in situazioni cupe non sminuisce la serietà o la profondità di questa narrazione, che convince ed emoziona lo spettatore fino alla fine.
Il film racconta la storia di Donya (Anaita Wali Zada), bella e problematica ragazza afgana espatriata nella cittadina californiana di Fremont, dopo il ritorno dei talebani nel suo Paese. Ex traduttrice per l’esercito americano in Afghanistan, lavora a San Francisco in un piccolo laboratorio cinese che produce i “biscotti della fortuna”, dove a volte scrive i messaggi stampati sui foglietti in essi contenuti. Vive da sola in un edificio con altri immigrati afghani e spesso cena da sola in un ristorante locale guardando soap opera. Ha problemi di insonnia che la portano a iniziare una terapia con uno psicologo appassionato di “Zanna Bianca”, che può permettersi solo grazie ad un piccolo stratagemma.
Silenziosamente Donya lotta per rimettere in ordine la sua vita dopo un passato difficile e soffre della solitudine che la sua condizione di esule comporta. In un momento di disperato romanticismo decide di inviare verso l’ignoto un messaggio speciale in un biscotto a caso, come un sos in bottiglia lanciato in mezzo al mare. In qualche modo questo gesto cambierà la sua vita.
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