Gazebo è stato uno degli eroi del magico periodo Anni’80 nel quale la dance italiana dominava le classifiche di tutto il mondo. Da ricordare su tutti un suo vero e proprio evergreen, “I like Chopin”, ma anche successi quali “Masterpiece” (suo primo singolo uscito nel 1982), “Lunatic”, “Telephone Mama” e tanti altri. Proprio a quella epoca irripetibile Gazebo ha reso omaggio nel suo ultimo lavoro discografico, “Italo by Numbers”, uscito nel 2018 ed accolto da un ottimo riscontro di critica e pubblico. Nel disco l’artista ha riproposto alcuni classici della Dance Made in Italy, senza stravolgerli, ma donando loro ulteriore bellezza ed eleganza. Trova spazio anche l’inedito “La Divina” nel quale Gazebo canta per la prima volta in italiano.
“Italo by Numbers” è un disco “ludico”, come lo stesso Gazebo lo definì in una intervista da noi precedentemente realizzata, ma anche decisamente riuscito perché focalizza l’attenzione su un periodo veramente unico per la nostra musica che giganteggiava nelle classifiche spesso e volentieri davanti a mostri sacri del panorama mondiale. Il disco contiene, fra le altre, “Self Control” di Raf, “Survivor” di Mike Francis, “People from Ibiza” di Sandy Marton, “Easy Lady” di Spagna, ma anche brani storici di Gazebo come “Masterpiece”, “Lunatic” e la celeberrima “I like Chopin”. Proprio “I like Chopin” è stata proposta nella trasmissione di grande successo “Arena Suzuki 70, 80, 90” condotta da Amadeus sulla Rai: l’esibizione all’Arena di Verona è stata accolta da applausi scroscianti del pubblico che ha cantato all’unisono il brano.
Abbiamo intervistato Gazebo prima di una sua applauditissima partecipazione ad una serata Anni’80 a Rivisondoli.
Come nasce il tuo ultimo lavoro discografico, “Italo by Numbers”?
“Nasce perché stavo giocando con i miei strumenti analogici, che ho tuttora a casa nel mio studio, sul giro di basso di “Tarzan Boy” e ho pensato che sarebbe stato simpatico fare un disco come questo riprendendo dei brani storici di quel periodo. All’epoca c’era il fatto che alcuni di questi erano stati cantati dagli arrangiatori, magari chi appariva non aveva realmente cantato il pezzo, ma fornito solo l’immagine e c’era sempre il problema della pronuncia. Ho voluto così riproporre queste canzoni con la pronuncia giusta, senza stravolgerle, senza cioè fare dei remix o degli arrangiamenti troppo diversi dagli originali. Avendo io, come detto, degli strumenti analogici che sono gli stessi usati all’epoca delle incisioni originali per me è stato un gioco da ragazzi realizzare il disco”.
Quale dei pezzi che hai cantato sull’album senti più tuo e perché?
“Sicuramente “Survivor” di Mike Francis perché Francesco era un mio carissimo amico e poi eravamo entrambi prodotti da Paolo Micioni per cui siamo nati insieme artisticamente. Credo che “Survivor” sia uscita pochi mesi dopo “ Masterpiece”. Lui aveva una caratteristica diversa dalla mia: io ero molto anglosassone, lui invece angloamericano, però era un po’ lo stesso filone. Ho voluto omaggiarlo”.
Che periodo era quello in cui la Dance italiana dominava le classifiche di tutto il mondo?
“Era un momento pionieristico nel quale la Dance Disco Music americana la faceva da padrona, però stava nascendo questo mondo nuovo della New Wave inglese con gli strumenti elettronici. Si poteva sperimentare ed è così che nacque “Masterpiece” che è stato poi il primo pezzo di Italo Disco: univa la New Wave con la melodia italiana, l’atmosfera romantica italiana con l’elettronica”.
I tuoi successi maggiori sono “Masterpiece”, “Lunatic”, “I like Chopin” e “Telephone Mama”. Come nacquero queste produzioni musicali che poi ti portarono nelle classifiche di tutto il mondo?
“ “Masterpiece” fu prodotto da Paolo Micioni, un deejay di Roma che fu determinante visto che inserì il fattore dance che prima non c’era, il brano era infatti un po’ New Wave. “Masterpiece” esplose in tutto il mondo ed io portai con me Pierluigi Giombini che è il coautore con il quale ho fatto gli altri brani senza Micioni. “Masterpiece” è stato un po’ un apripista per gli altri miei successi”.
Hai voluto riproporre “I like Chopin” in una nuova versione al tuo pubblico lo scorso anno, la “Live CoronaVersion”. Come mai questa idea?
“Tutto è nato con l’idea di ringraziare i medici e gli operatori sanitari, tutte quelle persone che erano in prima linea per lottare contro il virus nel primo lockdown. Ho voluto dire un grazie speciale a loro. Tutti suonavano con la chitarra dentro casa, io ho chiesto ai ragazzi della mia band se avessero avuto piacere a suonare da casa ed è venuta fuori questa versione di “I Like Chopin” che poi è la stessa che proponiamo sempre dal vivo”.
Gazebo oggi: quali sono i tuoi nuovi progetti musicali?
“Io lavoro sempre perché avendo lo studio dentro casa scrivo tantissimo. È chiaro il 90% delle cose non vengono utilizzate, ma penso di aver messo su un buon numero di canzoni interessanti che potrebbero far parte di un mio nuovo progetto. Non è un momento facile, ma mi piacere pubblicare presto un disco”.
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