“Geisha”, il tuo nuovo singolo di Tigri: l’intervista

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“Ho scelto di truccarmi da geisha per trattare il tema della mascolinità tossica. Le canzone parla del rapporto una geisha e il samurai, che sono emblema dello stereotipo dei ruoli di genere: l’uomo virile e guerriero, la donna docile e sottomessa”

tigriÈ uscito mercoledì 31 marzo 2021 Geisha, il nuovo singolo di Tigri, progetto indie-pop di Milano. Un nuovo capitolo che segue il precedente singolo Damasco, e ci avvicina alla pubblicazione di un album di debutto. Un’introduzione ad un mondo dove convivono folk, soul e R’n’B, flussi di coscienza e ritornelli melodici diretti, ingredienti diversi, a volte in contrasto, come in una relazione. La Geisha è infatti è una figura salvifica in grado di assorbire la depressione del Samurai e tollerare quello che il Samurai non riesce. Il brano esplora così, con un dualismo di generi e ruoli, il tema del supporto reciproco che si stabilisce nelle relazioni, dove a volte siamo Samurai, altre volte Geishe.

Tigri ci ha gentilmente concesso un’intervista.

“Geisha” è il tuo nuovo singolo, di che cosa si tratta?

Ciao! Geisha è una canzone che ho scritto per descrivere quello che significa per me vivere in una relazione di vero amore. Significa potersi mettere a nudo, non nascondere nulla di sé perché non si ha paura che l’altro giudichi, anzi si è consapevoli di trovare il supporto necessario di fronte a problemi gravi quali possono essere la depressione e la solitudine. È poi è anche un invito a non cadere negli stereotipi dell’uomo forte e della donna debole, impersonificati dal samurai e dalla geisha che rappresentano in maniera significativa questi due stereotipi.

Cosa vuoi trasmettere con questo brano?

Ho cercato, sia musicalmente che a livello di scrittura del testo, di offrire sensazioni diverse all’ascoltatore: da una parte sicuramente c’è una certa tristezza, quasi malinconica ma anche “maledetta” se vuoi, e dall’altra la tranquillità e la speranza, la decompressione che si sente quando si è in pace dopo una lunga lotta con se stessi. Il significato ultimo è che non esiste solo malessere nella vita, c’è anche serenità e si trova nei rapporti virtuosi con le persone.

Insieme al singolo Damasco questo lavoro ci avvicina alla pubblicazione di un album di debutto. Ci puoi dare qualche anticipazione?

Sarà un album molto eterogeneo, perché ci sto inserendo tante influenze diverse che fanno da riassunto di quello che ho ascoltato negli anni e che mi è piaciuto di più. Il tema attorno al quale gireranno attorno tutti i testi è proprio l’amore nelle sue forme più disparate: puro, salvifico, ma anche immaginato o idealizzato, fino a quello distruttivo e violento. Ho già scritto e registrato tutte le canzoni, ma ci sto ancora lavorando per essere sicuro che ogni suo dettaglio mi rappresenti appieno.

Come ti sei avvicinato al mondo della musica?

Tramite la mia famiglia. A casa si è sempre ascoltato musica e più o meno tutti hanno sempre suonato uno strumento, chi con più continuità chi meno. La cosa principale che mi è stata trasmessa è il significato della musica: non è solo un’attività ludica, è un’espressione di sé, chiunque suoni ha qualcosa da dire, qualsiasi sia la sua preparazione e qualsiasi sia il livello di raffinatezza del concetto che vuole esprimere. Io personalmente mi sono approcciato alla chitarra grazie alla classica che usava mia madre, che ho ancora in casa seppure sia distrutta (un giorno la porterò a riparare!).