Genitori e figli, con il dott. Stefano Rossi la comprensione di alcuni tra i più diffusi labirinti dell’anima adolescente

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stefano rossi

Lo abbiamo incontrato per conoscere meglio il suo metodo e scoprire i suoi consigli

Stefano Rossi è uno psicopedagogista tra i più noti in Italia e tra i massimi esperti di educazione emotiva, vera e propria istituzione in campo scolastico con il suo “Metodo Rossi” che promuove nuove modalità di cooperazione ed è diventato il testo più adottato nelle scuole.

Suo ultimo libro è “Lezioni d’amore per un figlio”nel quale, attraverso metafore illuminanti, guida i lettori in 16 lezioni d’amore per insegnare ai ragazzi e ragazze l’arte del volersi bene, quella cioè più importante della loro esistenza. Ogni lezione conduce alla comprensione dei 16 labirinti più diffusi dell’anima adolescente, tra cui il non accettare il proprio corpo, l’autodenigrazione, il perfezionismo, la solitudine digitale e tanto altro. Stefano Rossi sta girando l’Italia in tour con uno spettacolo che prende il nome proprio dal libro. Fra le prossime date segnaliamo quelle dell’8 aprile al Teatro Asioli di Correggio. Sarà ospite a Falconara nella prossima edizione di FalComics che si svolgerà a maggio. Questa la nostra intervista a Stefano Rossi.

“Lezioni d’amore per un figlio” è il suo ultimo libro: di cosa tratta?

“Il libro nasce per aiutare genitori e insegnanti a prendersi cura dei nuovi adolescenti: li chiamo così perché abbiamo oggi una generazione diversa dal passato. Mentre gli adolescenti di ieri vivevano in un “mondo verticale” caratterizzato dal senso di colpa (i genitori volevano infatti un bravo bambino), oggi in un “mondo orizzontale”, basato cioè sul principio di prestazione (i genitori desiderano, in buona fede, un bambino prestazionale, perfetto). Nei nuovi adolescenti si manifesta, in modi diversi, un nuovo senso di inadeguatezza, cioè la paura di non essere abbastanza. “Lezioni d’amore per un figlio” nasce dunque con l’obiettivo di aiutare i genitori a comprendere i ragazzi affinché questi ultimi possano riuscire in una cosa più difficile: imparare a volersi bene”.

Lei ha portato il libro nei teatri … Che cosa si deve aspettare chi la viene a vedere?

“Le lezioni d’amore all’interno del libro e dello spettacolo sono fondamentalmente delle piccole storie che però contengono delle metafore, cioè immagini che aiutano soprattutto i ragazzi a comprendere come affrontare le sfide dell’adolescenza. Si deve immaginare “Lezioni d’amore per u figlio” come un viaggio su quattro isole dove ciascuna di queste è un’isola della crescita. Su ognuna ci sono dei labirinti. Ad esempio su quella del “sé” i ragazzi devono affrontare il labirinto del sentirsi brutti, non all’altezza, della demotivazione e così via. In quella dell’amicizia ci sono labirinti legati al cyberbullismo, al conformismo negativo. Le altre due isole sono quella dell’amore, oggi molto discusso anche sui giornali con il tema degli amori tossici, e quella del desiderio intesa come realizzazione. Nello spettacolo come nel libro io non racconto tanto storie di adolescenti, ma storie empatiche che aiutino i ragazzi a gestire le loro emozioni e come affrontarle su queste quattro isole”.

Lei è sempre stato molto attento al bullismo e cyberbullismo: com’è la situazione oggi fra i ragazzi?

“La situazione dei ragazzi riflette quella del mondo adulto. Molte ricerche ci dicono che assistiamo oggi ad una complessiva corrosione dell’empatia. L’empatia è la capacità di sentire il sentire dell’altro. I social sono anti empatici perché nel selfie c’è un esibizione dell’io ed un’evaporazione del tu. Sui ragazzi osservo una minor sensibilità relazionale nel rendersi conto che anche parole e gesti possono ferire gli altri. Bullismo e cyberbullismo sono più che mai attuali purtroppo: tramite lo schermo io non vedo il tuo sguardo, cioè non vedo come le parole in tempo reale feriscano i tuoi occhi e quindi per certi versi siamo tutti come un sociopatico che non vede le emozioni altrui”.

Molto attuale è anche il tema delle baby gang: se ne sente parlare tantissimo. A suo giudizio come si potrebbe arginare il problema?

“Fondamentalmente il problema ha due ragioni e due soluzioni. La prima riguarda il deficit creativo e generativo cioè l’adolescente diventa anti sociale quando sente di non avere dentro di sé una bellezza, una creatività, quindi il concetto diventa “distruggo dunque sono”: non sono in grado di essere creativo, fondo la mia autostima sulla distruttività. Non è un caso che in molte situazioni, anche se ci sono eccezioni, spesso con le baby gang abbiamo a che fare con ragazzini in abbandono scolastico, alla deriva che non riescono ad avere una direzione vita costruttiva. La prima forma di prevenzione è lavorare sull’abbandono scolastico, sul capire che in realtà i ragazzi difficili non chiedono di essere gestiti, ma di essere amati, cercano cioè qualcuno che creda in loro. Il secondo tema è l’assenza di spazi sociali per i giovani: questo fa sì che loro diventino distruttori di un sociale che, a conti fatti, non offre loro nulla”.

Nella società di oggi il rapporto genitori-figli è sempre più complicato. Che consigli darebbe ad un genitore per relazionarsi al meglio con un figlio e ad un figlio per avere un buon rapporto con un genitore?

“Credo che dovremmo riscoprire il valore della parola “empatia” che però si collega ad un’etimologia particolare di rispetto. “Rispetto” si rifà a “respicere” che vuol dire “vedere in profondità” . Nel rapporto genitori-figli, i genitori devono imparare a vedere davvero i figli spostando la loro comunicazione dal “cosa” (cosa hai fatto, cosa dovevi fare, cosa non devi fare) a quella del “come” (imparare a leggere gli occhi dei figli che custodiscono tristezza, dispiacere, gioia). Per i figli, lo stesso movimento: insegnare anche ai ragazzi ad allenare il radar dell’empatia che è quello con cui impariamo a vedere davvero cosa custodisce lo sguardo dell’altro. Un genitore può essere triste o anche stanco. Credo che l’empatia sia la cura del nostro tempo: il radar dell’empatia è una di queste lezioni d’amore, cioè l’immagine è una metafora semplice, ma come diceva un poeta “le metafore ci aiutano a vedere i fili invisibili che tengono insieme le cose”. Spesso i ragazzi che fanno fatica a scuola viaggiano a fari spenti nella notte, cioè non vedono l’altro e quindi sono goffi, aggressivi”.

Un altro tema, purtroppo anche questo molto attuale, è il femminicidio: cosa ci può dire a riguardo?

“Nel libro, in una delle quattro isole, quella dell’amore, spiego ai ragazzi, sempre con le metafore, il tema della gelosia. Ci sono due tipi di gelosia: “killer” e “custode”. È importante l’educazione sentimentale: se tu non capisci il funzionamento dei sentimenti, ne vieni travolto. La “gelosia custode” è quella che tutto proviamo e bussa al nostro cuore perché sentiamo una leggera disconnessione dell’altro: è un piccolo alert che però ci stimola al dialogo con l’altro, alla cura dell’altro. “La gelosia killer” invece è un buco nero paranoico che fondamentalmente considera l’altro una sua proprietà: il buco nero ha per natura la capacità di mangiare la luce. Bisogna insegnare ai ragazzi a riconoscere in sé se è una “gelosia killer” o una “gelosia custode”: nel caso sia la prima devono imparare a chiedere aiuto, gli amici devono vedere che la gelosia è più di una gelosia, i genitori pure. Dal punto di vista delle ragazze devono riconoscere le “red flag” (le “bandiere rosse”) per cui il loro fidanzato che non le fa uscire, le controlla, rompe le cose è un buco nero e questo non si può curare. L’unica cosa che si può fare con il buco nero è allontanarsi. La potenza preventiva dell’educazione emotiva è insegnare ai ragazzi a riconoscere”.

Chi è oggi uno psicopedagogista a suo giudizio?

“Oggi uno psicopedagogista deve creare ponti. Nel mio caso un ponte fondamentale è ricucire il filo spezzato fra scuola e famiglia che parlano linguaggi differenti e invece possono essere riunite da una grammatica comune dell’educazione emotiva. Sono attualmente due mondi abbastanza distanti perché, per certi versi, la scuola, quando un ragazzo o un bambino ha difficoltà, ragiona in termini “verticali”, sono preoccupati della sua crescita, il genitore va in ansia in chiave prestazionale. Se tu mi convochi, mio figlio ha un problema: se lo ha non ce la farà nel mondo e questa angoscia del genitore rende il figlio aggressivo in molti casi, poco collaborativo”.

Quali sono i suoi progetti futuri?

“Sto scrivendo una collana di libri per la Feltrinelli: ne uscirà uno all’anno sul tema dell’educazione emotiva. Il primo è stato “Mio figlio è un casino”, il secondo “Lezioni d’amore per un figlio” e ne seguiranno molti altri. Uscirà a fine marzo per la Feltrinelli Kids un libro sul coraggio che si chiama “Se non credi in te chi lo farà?” ”.