“Un’autobiografia? Io? Tutt’al più quattro chiacchiere sul passato, sperando che a qualcuno interessi”, diceva con il suo humor Proietti che in ‘Tutto sommato’ (pp. 189, euro 8,90) ci restituisce quella voglia di mischiare le carte in tavola, intrecciando le gioie della vita a quelle del palco e lasciando sempre sullo sfondo la sua Roma, città eterna e fragile, tragica e ironica, cinica e innamorata.
“Ibsen, Shakespeare, Brecht…”. Quando gli insegnanti del Centro universitario teatrale gli sottoposero una lista di autori da portare in scena, il giovane Luigi Proietti per poco non svenne: non ne aveva mai sentito nominare nessuno. Come tanti ragazzi cresciuti nella periferia della capitale, all’ombra del boom economico, Proietti pensava soprattutto alla musica e guardava all’America. Per lui l’unico palco era quello dei night club, dove suonava e cantava insieme agli amici di sempre.
Si era iscritto per gioco a quel corso di recitazione, spinto dalla voglia di qualcosa di diverso: non poteva immaginare che quel “gioco” gli avrebbe cambiato la vita. Il “cantante dalla voce ritmico-melodica-moderna” dimostra subito una versatilità senza precedenti, un potenziale che esprimerà al meglio in ‘A me gli occhi, please’ e negli altri one-man show scritti con Roberto Lerici, dei tour de force nei quali salta dal dramma al varietà lasciando il pubblico a bocca aperta. In cinquant’anni di carriera Proietti ha conquistato generazioni di spettatori, contaminando la cultura “alta” e quella “bassa”, senza pregiudizi.
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