Diversi i sintomi citati: insonnia, difficoltà a dormire o risvegli notturni (19% media europea, 20% Italia); mancanza di energia o debolezza (16% media europea, 14% Italia); tristezza o voglia di piangere (15% media europea, 18% in Italia); paure e timori eccessivi (14% media europea, 17% Italia), mancanza di interesse o piacere nel fare le cose (14% media europea, 13% Italia); panico e attacchi di ansia (10 % media europea, 10% Italia 10%). La maggioranza dei cittadini europei riferisce di aver avuto almeno due di questi sintomi (61%); in Italia il 67%; il 50% del campione italiano afferma di aver avuto questi sintomi per la prima volta (media europea 46%), mentre il 33% asserisce di aver avuto un peggioramento di sintomi già preesistenti (media europea 39%).
Come le persone hanno affrontato questa epidemia parallela di disturbi psicologici? Per la maggioranza condividendo le preoccupazioni con il partner, i familiari e gli amici più vicini (54% media europea, 51% in Italia), mentre solo una minoranza è ricorsa ad una figura professionale di aiuto: medico di medicina generale (media europea 18%, Italia 17%), psicologo (media europea 11%, Italia 11%), psichiatra (9% media europea, Italia 6%). Il coinvolgimento limitato a figure professionali può anche dipendere dalle misure restrittive in vigore all’epoca del lockdown.
Un risultato inatteso della ricerca riguarda il comportamento delle persone rispetto all’informazione. Sebbene i disturbi psicologici fossero molto diffusi, tuttavia solo 1 persona su 4 ha cercato informazioni sul tema della salute mentale collegata al COVID 19 (26% media europea) – con l’eccezione dell’Italia (35%) e della Spagna (38%) dove le percentuali sono più alte. Le persone hanno cercato informazioni soprattutto su internet (65% media europea di chi si è attivato nella ricerca di informazioni, Italia 64%) seguita dalla televisione (18% media europea, Italia 15%) e dal medico di medicina generale (18% media europea, Italia 18%). Vale sempre l’osservazione che questi numeri sono riferiti a una situazione di emergenza in cui l’accesso al medico di base e ad altri professionisti della cura era fortemente limitato.
“Questi dati confermano come il lockdown sia stata un’esperienza che ha inciso notevolmente sulla salute mentale delle persone. Soprattutto in alcuni paesi come l’Italia – ha commentato Agnese Cattaneo, Global Chief Medical Officer di Angelini Pharma. “Le persone non possono essere lasciate sole; vanno favorite le condizioni – ancora troppo limitate non solo nel lockdown – per il ricorso alle figure professionali, dal medico di medicina generale allo psicologo e allo psichiatra. La Giornata Mondiale della Salute Mentale è proprio l’occasione per fare informazione sull’argomento e per combattere l’alone di pregiudizi che ancora circonda questi disturbi”.
Infine, le percezioni delle persone riguardo ai disturbi mentali. Facendo un confronto con altre malattie, dalle interviste emerge come il cancro sia la patologia più temuta (66% media europea, Italia 68%) dalla maggioranza delle persone. Ma per quanto riguarda l’impatto, i tumori sono percepiti come poco più gravi dei disturbi psicologici (46% contro 37% media europea; Italia 46%, 35%). L’impatto più temuto è sulla qualità di vita (74% media europea). L’impatto più temuto dalla vasta maggioranza del campione è sulla qualità di vita (74% media europea) e in modo particolare sulla vita di coppia (71% media europea).
Le persone hanno sviluppato – forse anche in conseguenza della pandemia – un’alta consapevolezza del rischio dei disturbi mentali: il 76% (media europea, Italia 71%) ammette che tutti inclusi se stessi potrebbero avere questo tipo di malessere. Di conseguenza, emerge con forza la richiesta che lo Stato si impegni maggiormente per dare supporto ai cittadini (76% media europea, Italia 77%). E più della metà del campione riconosce (64% media europea; 64% Italia) che i disturbi mentali sono fonte di discriminazione ed emarginazione. Più variegata in Europa il parere sull’affermazione che i disturbi mentali siano causa di vergogna e di imbarazzo: a livello europeo vi si riconosce ancora la maggioranza (51% media europea, 57% Italia), mentre solo un terzo in Gran Bretagna (34%) e Polonia (33%). Segno che negli altri paesi, compresa l’Italia, c’è ancora molto da fare per combattere lo stigma che contraddistingue i problemi mentali.
La ricerca è stata realizzata nel mese di settembre su un campione rappresentativo della popolazione di 6 paesi (Francia, Germania, Gran Bretagna, Italia, Spagna, Polonia), con interviste online con il metodo CAWI (Computer Assisted Web Interviewing). Per ogni paese è stato intervistato un campione di 1.000 soggetti. Il campione è rappresentativo dal punto di vista del genere, area geografica, ed età (19-70 anni).
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