Sociale

Giorno della Memoria, l’importanza del ricordo

Cosa ci deve insegnare il 27 gennaio, Giornata Internazionale della Commemorazione in memoria delle vittime dell’Olocausto

Il 27 gennaio in Italia e nel resto del mondo si celebra il Giorno della memoria. Ma cosa si intende per “memoria”? E, soprattutto, cosa si deve ricordare?

Il 27 gennaio 1945 è il giorno in cui le truppe sovietiche della 60ª Armata del “1º Fronte ucraino” del maresciallo Ivan Konev arrivarono presso la città polacca di Oświęcim (in tedesco Auschwitz), scoprendo il vicino campo di concentramento e liberandone i superstiti. Già intorno alla metà di gennaio, sapendo dell’avvicinamento dell’Armata rossa, i Nazisti avevano cominciato a evacuare il complesso, portando con loro i prigionieri sani, molti dei quali, però, morirono durante la marcia perché non riuscivano a reggerne il ritmo. Inoltre avevano cercato di eliminare quante più prove possibile dei crimini commessi, facendo esplodere diverse strutture, alcune delle quali contenevano i forni crematori industriali, dove venivano bruciati i cadaveri delle persone uccise. Quando la 60esima armata dell’esercito sovietico giunse al campo principale di Auschwitz si trovò davanti uno scenario desolante. La giornata del 27 gennaio ha assunto pertanto un significato simbolico: quello della fine della persecuzione del popolo ebraico.

Nel 2005 l’Assemblea Generale delle Nazioni Unite, riunitasi il 1° novembre, ha proclamato ufficialmente il 27 gennaio Giornata Internazionale della Commemorazione in memoria delle vittime dell’Olocausto.

Cinque anni prima, il 20 luglio del 2000, in Italia era stata approvata la legge numero 211, che “riconosce il giorno 27 gennaio, data dell’abbattimento dei cancelli di Auschwitz, “Giorno della Memoria”, al fine di ricordare la Shoah (sterminio del popolo ebraico), le leggi razziali, la persecuzione italiana dei cittadini ebrei, gli italiani che hanno subìto la deportazione, la prigionia, la morte, nonché coloro che, anche in campi e schieramenti diversi, si sono opposti al progetto di sterminio, ed a rischio della propria vita hanno salvato altre vite e protetto i perseguitati.

In occasione del “Giorno della Memoria” di cui all’articolo 1, sono organizzati cerimonie, iniziative, incontri e momenti comuni di narrazione dei fatti e di riflessione, in modo particolare nelle scuole di ogni ordine e grado, su quanto è accaduto al popolo ebraico e ai deportati militari e politici italiani nei campi nazisti in modo da conservare nel futuro dell’Italia la memoria di un tragico ed oscuro periodo della storia nel nostro Paese e in Europa, e affinché simili eventi non possano mai più accadere”. Perchè, come disse il grande Charlie ChaplinÈ successo in Germania; ma le stesse cellule malate si trovano nel corpo di ogni nazione, pronte a entrare in attività”.

Pavel Friedman, prima di rimanere vittima del campo di concentramento di Auschwitz scriveva che “le farfalle (da intendersi come speranza e libertà) non vivono nel ghetto”. Primo Levi in “Se questo è un uomo” rievoca il momento in cui all’interno del campo di concentramento lui stesso, malato di scarlattina, e altri deportati attendevano con ansia l’arrivo dell’Armata Rossa. John Boyne in “Il bambino col pigiama a righe“, negli ultimi anni adattati al grande schermo, narra la amicizia tra un piccolo deportato e il figlio di un ufficiale nazista, che porta entrambi a morire all’interno di una camera a gas. Il film “La vita è bella”, diretto e interpretato da Roberto Benigni nonchè vincitore di tre Premi Oscar, tratta con delicatezza e ironia la tragedia della deportazione, attraverso il personaggio principale Guido Orefice, un cittadino ebreo italiano che prova a nascondere al figlio gli orrori della guerra e dei campi di concentramento con una fantasia impareggiabile. “Train de vie” (“Un treno per vivere”), girato nel 1998 da Radu Mihaileanu, tratta in maniera ironica la Shoah.

I tragici fatti dell’Olocausto sono stati ripresi dalla letteratura e dal cinema proprio perché il ricordo di quanto successo sia ben presente in noi tutti e nelle generazioni future. Perché conoscere significa avere a disposizione qualche mezzo in più per fare in modo che alcuni errori non siano più commessi e che certi orrori non si ripetano mai più.

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Pubblicato da
Marina Denegri

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