Scrivere è per me immortalare “pensieri ed intuizioni” che se non fossero impressi su un foglio si volatilizzerebbero per sempre, persi in un vuoto inafferrabile.
Giovanni De Rosa ha già all’attivo diverse opere ma pare inarrestabile nella sua continua produzione letteraria. Ama particolarmente tenere costantemente “allenata” la sua scrittura, e nel farlo il suo tratto distintivo inconfondibile è quello di dare voce a numerosi personaggi e fare in modo che una storia sia vissuta da diverse prospettive, come possiamo ben vedere nella sua ultima opera da poco data alle stampe, intitolata Aucun, uno splendido noir, genere nel quale si sta specializzando questo eccellente autore. Vediamo che cosa ci ha raccontato in questa splendida chiacchierata a cuore aperto.
Giovanni, scrittore di svariate opere, ma la prima era di tutt’altro genere, chi o che cosa ti ha spinto a darti al noir?
E’ un genere che mi è sempre molto piaciuto. Lega il mistero di vicende alle quali non riusciamo a dare chiarezza, e di cui spesso non conosceremo mai la verità, all’imprevedibilità dei pensieri più intimi e scabrosi dell’animo umano, che può portare a comportamenti sorprendenti, a volte al limite della follia. Fantasia che si mischia alla realtà, in un connubio dove sarà difficile separare l’una dall’altra.
Aucun, la tua ultima opera, sembra attraversare anch’essa le problematiche dovute alla pandemia che il mondo sta ancora affrontando, credi che la storia avrebbe avuto lo stesso svolgimento se fosse stata ambientata in una periodo ove la pandemia non fosse stata presente?
La pandemia è la scena, il teatro su cui si crea la storia, e determina alcune azioni dei protagonisti. Ma ci tengo a dire che non è un libro su questo tema, anche se stimola alcune riflessioni legate ai pensieri dei protagonisti. L’azione criminale e poi investigativa è inserita in questo contesto storico, per cui è imprescindibile da esso, e l’evoluzione della trama non può non essere condizionata dalla modalità comportamentale e dalle nuove abitudini ed adattamenti che abbiamo adottato in questo periodo.
Come mai credi che un genere come il thriller o comunque una storia che in qualche maniera, anche se di più o di meno, si presenta – per parafrasare il titolo di un vecchio serial televisivo – “nel segno del giallo”, riesca sempre ad attrarre una cospicua fetta di pubblico di lettori?
Non so se il genere thriller sia quello che attrae di più in questo momento, la maggioranza del pubblico dei lettori, anche perché la concorrenza con il fantasy e il dispotico mi sembra notevole, soprattutto da parte dei più giovani. Certo è quello che personalmente sento più affine al mio stile espressivo e che mi da maggiore possibilità di mettere in gioco attraverso i miei racconti le più disparate personalità del genere umano.
Quale potresti definire una sorta di “filo rosso” che lega le tue opere finora edite?
Le opere sono molto diverse le une dalle altre. Quello che le lega è la caratteristica del mio scrivere: una storia inusuale ed avvincente, con personaggi che parlano in prima persona mettendosi a nudo, senza falsità o ipocrisia, che creano una forte immedesimazione nel lettore, in un susseguirsi di scene incalzanti che disegnano immagini come in un’opera cinematografica, una trama avvolta dal mistero e chiaramente un finale a sorpresa.
E per finire, che cosa ti auguri per il futuro più imminente come scrittore e come persona?
Scrivere è per me immortalare “pensieri ed intuizioni” che se non fossero impressi su un foglio si volatilizzerebbero per sempre, persi in un vuoto inafferrabile. Il mio auspicio è quello di raggiungere il maggior numero di lettori per poter condividere con una platea diversificata le emozioni e le sensazioni che mi sento di esprimere attraverso questo mezzo meraviglioso rappresentato dai libri. Perché non c’è niente di più bello che camminare mano nella mano col lettore, “sulle ali della fantasia”.