Giovanni Sollima parla della raccolta “Quinto libello di pezzi tesotici”

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copertina quinto libello di pezzi tesoticiEra nell’aria. E adesso il Quinto libello di Giovanni Sollima c’è, al di sopra di ogni chiusura dei tempi, distanziamento sociale e clausura degli animi, pronto a offrirsi al confronto e al dialogo con la percezione sensibile del lettore. È come se le cose e i fenomeni si presentassero con un loro linguaggio dei sensi e una lingua estetica, di cui il poeta è cercatore partecipe nel solco evolutivo di un’ancestrale naturalezza e risonanza espressiva. Un dialogo interno sulla linea dei significati aggancia il tempo e ne prende coscienza, dando continuità, ricercate forme e diversificate traiettorie agli spazi dell’essere e dell’esserci.

Giovanni Sollima ci ha gentilmente concesso un’intervista.

“Quinto libello di pezzi tesotici” è la sua nuova raccolta, di che cosa si tratta?

È la mia nuova raccolta di poesie liriche, di “pezzi tesotici”, come le ho originalmente chiamate io, giacché derivano dalla collezione cronologica madre del mio agire poetico, che è “Tesos”, mia denominazione composta, di risonanza classica, derivante dall’unione delle abbreviazioni “tes. os.”, tessuto osseo. Il “Primo libello” è del 1994”. Il “Quarto libello” è stato pubblicato nel 2011. Essendo passato quasi un decennio dall’ultima proposta editoriale, il “Quinto libello” è contemporaneamente una ripresa progettuale e nuovo debutto.

L’idea della copertina del libro richiama il pensiero, perché?

Elementi ispirativi e determinanti della mia azione poetica, insiti nella multifocalità tematica naturale di una raccolta personale di liriche, sono il tempo, gli affetti, i sentimenti, la natura, gli stati d’animo, l’introspezione e il pensiero su tutto. La mia primissima lirica, nel lontano 1980, durante i miei studi classici, è dedicata al pensiero, immaginato come ente divino, soave ed errante. Nasco come poeta introspettivo, ma poi la poesia mi rapisce con tutte e in tutte le sue possibilità espressive.

Il momento che stiamo vivendo ci costringe alla chiusura, secondo lei quali sono gli aspetti positivi e negativi di questa situazione?

Il “Quinto libello” è venuto fuori in un momento storico particolare, inimmaginabile, critico e difficile per tutti. Mi piace dire che il libro c’è al di sopra di ogni chiusura dei tempi, distanziamento sociale e clausura degli animi, pronto ad offrirsi al dialogo. E il dialogo in tutto questo periodo non è stato mai messo alla corda. Sono state trovate e valorizzate altre vie comunicative. Il coraggio relazionale dell’uomo è insopprimibile e travalica ogni distanziamento e dolorosa congiuntura. Se questo tempo condiviso ci ha ulteriormente suggerito qualcosa da tenere fortissimamente in conto, ciò è il valore della solidarietà, la cura dell’ambiente, il rispetto della natura.

Come si è avvicinato alla poesia?

La poesia mi è deflagrata dentro in un battito di ciglia, quasi all’improvviso. Era il tempo degli studi classici. Ma amo ricordare mia madre, che sin da piccolo mi leggeva i suoi autori preferiti, Leopardi soprattutto.