“È un viaggio iniziatico, fortemente conflittuale, composto da scene bianche e nere, ambientate nel deserto e nell’acqua”
Dal 16 luglio è disponibile in rotazione radiofonica “Hey” (Maqueta Records), brano di Vasco Barbieri già presente su tutte le piattaforme di streaming. “Hey” è un pezzo pop rock nato come reazione a una fase di sconforto personale di Vasco Barbieri. Può essere, quindi, considerato un incitamento musicale a lasciarsi andare, a lanciarsi nell’imprevedibilità della vita tornando ad avere come centro se stessi nella propria improbabilità. È un grido alla ribalta, come in Highlander, alla carica, un invito a godersi il viaggio della vita a prescindere da dove ti porti. Parola d’ordine: libertà.
Vasco Barbieri ci ha gentilmente concesso un’intervista.
“Hey” è il tuo nuovo singolo, di che cosa si tratta?
Hey è la canzone che mi ha dato la grinta indispensabile per lanciarmi nel progetto dell’album. Ho deciso perciò di pubblicarla anche singolarmente lo stesso giorno del lancio dell’album per evidenziarne l’importanza: come una colonna portante. Questa canzone va considerata sia come un rimprovero che come un incitamento, mi è arriva una volta all’orecchio mentre stavo suonando altro e si è imposta avviando quel meccanismo che mi ha fatto credere in me stesso. Va interpretata come una richiesta dell’universo che ti dice “Hey, ma a questo punto con le tue abilità, che cosa vuoi fare, cosa aspetti”?
Cosa vuoi trasmettere con questo lavoro?
Questo lavoro vuole comunicare confidenza con se stessi, vuole ricordare che abbiamo già tutte le carte in regola per essere al meglio e che tutto il mondo non sta aspettando altro che ci manifestiamo nella nostra diversità. È una canzone che origina da dentro, da una pancia che ha costipato troppo a lungo, sino ad esplodere in un Rock dirompente che vuole far confluire tutte le energie in uno slancio verso altro, verso qualcosa di nuovo. È un urlo di rivalsa!
Il brano è estratto dall’album “The Turtle”, com’è stato accolto?
Il lancio di The Turtle è avvenuto il 20 settembre 2020 con un concerto a Roma, tra un lockdown e l’altro. Sinora è stato promosso solo attraverso i social ma, per essere veramente capito, necessita di concerti e di un ascolto live. Per fortuna ho avuto l’occasione di lavorare con professionisti che sono stati in grado di esaltare le intenzioni delle mie canzoni attraverso dei video emozionanti che mi hanno dato forza e coraggio per insistere. La risposta mi sembra positiva, un passo alla volta voglio contagiare tutti con la voglia di riscatto della mia tartaruga.
Come ti sei avvicinato al mondo della musica?
Da piccolo! La musica è stata il percorso che mi ha fatto diventare l’uomo che sono oggi. Quando a sette anni sono tornato da un coma profondo, trovai a casa un pianoforte e non sono più riuscito a farne a meno. Mi consentiva di capire il senso, di dare un motivo, di superare i miei limiti e, più importante di tutti, di calmarmi. Negli anni scoprire nuovi generi e nuovi modi per suonarlo è stato uno stimolo per continuare ad approfondire. La musica mi ha praticamente salvato la vita e, per questo, le sono debitore. Perciò da autodidatta ho iniziato ad approfondire la Musicoterapia, intrattenevo gli amici suonando alle feste durante il liceo, senza però mai trovare il coraggio di intraprendere un percorso conservatoriale, e di questo me ne pento. Voglio però credere che non sia mai troppo tardi, un passo per volta e si può arrivare dappertutto.