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Il MAXXI inaugura la mostra per il centenario della nascita di Maria Lai

ROMA – Verrà inaugurata al MAXXI mercoledì 19 giugno la mostra “Tenendo per mano il sole” dedicata alla grande artista Maria Lai a cento anni dalla nascita. Il museo nazionale delle arti del XXI secolo rende omaggio ad una delle voci più intense ed originali dell’arte italiana contemporanea attraverso l’esposizione di quasi cento opere, alcune delle quali inedite: libri cuciti, sculture, opere pubbliche, e i suoi telai.

La mostra, a cura di Bartolomeo Pietromarchi e Luigia Lonardelli, e realizzata in collaborazione con l’Archivio Maria Lai e la Fondazione Stazione dell’Arte, si sviluppa in cinque sezioni.

Il percorso artistico di Maria Lai, nata ad Ulassai (Nuoro) e scomparsa nel 2013, abbraccia numerosi tipi di sperimentazione.

“Tenendo per mano il sole”: il titolo della mostra è quello della prima “fiaba cucita” realizzata dall’artista sarda. La poesia verbo-visiva di Maria Lai, che si esprime nelle fiabe cucite, è uno degli esiti più innovativi ed estremi della sua ricerca artistica. La materializzazione della scrittura realizzata attraverso di esse vede congiungersi il logos, che nell’ordine simbolico patriarcale è percepito come ‘maschile’, con la cultura ‘bassa’ dell’artigianato tessile, tradizionalmente codificata come ‘femminile’.

In quanto donna, all’inizio Maria Lai incontrò diffidenza e pregiudizio: per esporre le sue opere alcune gallerie le chiesero di utilizzare pseudonimi maschili. Lei in questi casi rifiutava, così come quando le veniva chiesto di duplicare un’opera molto richiesta: fortemente critica nei confronti dell’approccio commerciale all’arte, sosteneva che uno dei problemi attuali è che la gratificazione dell’artista sembra sempre più dover coincidere con la fortuna economica delle sue opere, mentre il vero fine dell’arte è quello di dare una risposta alle inquietudini umane.

La fiaba, espressione letteraria dalle profonde valenze simboliche, è fortemente presente nell’opera di Maria Lai, ed è all’origine anche di quello che è stato il primo esempio di arte relazionale in Italia: realizzato dall’artista l’8 settembre 1981, si intitola “Legarsi alla montagna”. Quando il sindaco di Ulassai, suo paese natale, le chiese di realizzare un monumento ai Caduti, Lai propose invece un monumento per i vivi: nasce così una “scultura sociale”, una performance corale che trae spunto da una fiaba locale la cui protagonista è una bambina che va a portare del pane ai pastori salendo su una montagna in cui c’è il forte rischio di frane.

La bambina si salverà seguendo un nastro colorato che vola, il quale è una metafora dell’arte, che salva gli esseri umani nel momento in cui il mondo intero è minacciato da frane. La performance fu creata facendo passare un nastro lungo quasi ventisette chilometri attorno alle case di Ulassai e ancorando le case alla montagna sovrastante, il picco di Tisiddu, attraverso lo stesso nastro. Come affermò in un’intervista, Maria Lai voleva creare qualcosa che “non avesse un autore” e che fosse realizzato senza un finanziamento. Il concetto di relazione, in cui la centralità dell’arte si sposta dall’opera finale ad un processo che coinvolge anche il fruitore, fa dell’opera un luogo di dialogo.

Nelle cinque sezioni in cui si articola il percorso espositivo vengono descritte le differenti modalità della ricerca artistica di Maria Lai. È presente nella mostra anche una sezione dedicata alle opere di arte ambientale realizzate nel territorio dell’Ogliastra.
Martedì 18 giugno (con replica mercoledì 19 giugno) la fondazione Stazione dell’Arte e la Fondazione Sardegna presentano un’anteprima della performance Cuore Mio di Marcello Maloberti.

La mostra resterà aperta al pubblico fino a domenica 12 gennaio 2020.

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Pubblicato da
Barbara Miladinovic
Argomenti: mostraRoma

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