PORTOFINO – In circa 2 ore da Camogli, dopo aver superato l’abitato di San Rocco, per antiche mulattiere si raggiunge punta Chiapp’a, uno scoglio di puddinga che si protende in mare dividendo il Golfo Paradiso, verso Genova, da quella del Tigullio dal lato di Portofino.
Una via ferrata a Portofino? Nell’angolo più selvaggio del promontorio, a picco sulle rocce di Cala dell’Oro, gli escursionisti che seguono la Via dei Tubi devono affrontare dei passaggi che ricordano le Dolomiti. Cenge strette, scivolose ed esposte, scalette ancorate alla roccia, passaggi protetti da corde metalliche o catene. Cinque tunnel simili a quelli del Lagazuoi e del Paterno costringono a procedere a quattro zampe, e a utilizzare per brevi tratti una torcia.
Nel promontorio di Portofino, però, le gallerie non sono state aperte durante la Grande Guerra. Il sentiero della Via dei Tubi è un’opera di archeologia industriale. Un acquedotto, scavato per 5 chilometri nella roccia all’inizio del Novecento per condurre a Camogli l’acqua della sorgente Caselle. Oggi l’acquedotto è in buona parte abbandonato e il solo tratto ancora percorso dall’acqua è quello che rifornisce l’Abbazia di San Fruttuoso. Accanto al sentiero, per lunghi tratti, corre ancora un vecchio tubo arrugginito.
Tra gli escursionisti liguri la Via dei Tubi è un mito. Generazioni di soci del CAI e di boy-scout, per decenni, si sono aperte la strada tra lecci, mirto, rosmarino e ginepri verso il tunnel e i passaggi esposti dal sentiero. Forestali, guardaparco e uomini del Soccorso Alpino, per altrettanto tempo, sono dovuti intervenire per recuperare famiglie con bambini spaventati, villeggianti con infradito, camminatori partiti in ritardo e sorpresi dal buio. Qualcuno è scivolato e si è fatto male.
Il Parco di Portofino, qualche anno fa, ha preso l’unica decisione possibile: proibire la Via dei Tubi ai “cani sciolti”, riservando l’itinerario più impegnativo ai gruppi accompagnati dalle guide del Laboratorio Territoriale del Parco. Il divieto riguarda anche altri sentieri della zona, come quello per la caserma abbandonata di Monte Campana. E quello che sale alla Torre Saracena, costruita nel ‘500 contro le scorrerie barbaresche, su un crinale a picco su San Fruttuoso.
I SENTIERI ALLA PORTATA DI TUTTI
Sula Via dei Tubi e dintorni, non di rado, escursionisti che sfidano il divieto vengono allontanati e multati dai guardaparco. Per non aiutare i potenziali trasgressori il sentiero non è indicato da cartelli e segnavia. Una soluzione che a volte crea ulteriori pasticci, quando gruppi alla ricerca dell’itinerario vietato si perdono tra rocce a picco e impenetrabile macchia.
Chi ha in mente la Portofino degli aperitivi del mare protetto e dei fondali, ha qualche difficoltà a capire come il promontorio sia una palestra di escursionismo celebre in Italia. Al contrario delle Cinque Terre, dove il Sentiero Azzurro è accessibile a tutti, molti sentieri di Portofino si svolgono in ambiente selvaggio e su terreno ripido, e richiedono piede sicuro.
Il consiglio è di scegliere bene. Esistono mappe aggiornate, guide sui sentieri. Nei giorni festivi a San Rocco, dove iniziano i sentieri, funziona anche un punto informazioni del Parco.Chi si affida alle guide non lo fa solo per seguire la Via dei Tubi senza multe. Affidandosi a questi professionisti si possono scoprire piante, sorgenti inghiottite dal verde e antichi sentieri scomparsi, o scoprire nella macchia il volo della sterpazzolina e dell’occhiocotto. Chi cerca emozioni inconsuete può iscriversi a camminate notturne, o a passeggiate di villaggio in villaggio in compagnia di un cantastorie che racconta la storia del promontorio e delle sue genti. Accanto alla fatica di chi cammina, per un momento, ricompare il sudore di tante generazioni di contadini.
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