L’arte a volte diviene un mezzo importante ed essenziale per compiere un cammino di approfondimento di un io interiore che diversamente non sarebbe in grado di affiorare verso la consapevolezza, trasformandosi perciò in linguaggio che l’artista sceglie per comunicare e liberare emozioni e sensazioni che necessitano di concretizzarsi sulla tela. Il protagonista di oggi approccia al suo impulso creativo proprio seguendo questa necessità di indagare nelle pieghe della propria anima.
Nicolas Blanquet, di origini coreane ma naturalizzato francese dall’età di cinque anni, sceglie fin da subito la pittura come manifestazione della propria indole artistica che lo ha spinto a effettuare una ricerca sugli stili legati al suo continente di origine, l’Asia, per mescolarli poi alle influenze più europee che hanno accompagnato la sua formazione accademica. Lo stile tende istintivamente verso l’Astrattismo, o per meglio dire verso quell’Espressionismo Astratto che tanta rilevanza ebbe intorno alla metà degli anni Cinquanta del secolo scorso. Il movimento fu talmente epocale che raggiunse persino la Cina, e in particolare Hong Kong, a quel tempo colonia inglese e dunque anello di congiunzione tra le due differenti culture, l’orientale e l’occidentale, dove intorno al 1948 vide la luce la corrente della New Ink Painting di cui fu massimo esponente Lui Shou-qwan, da cui nacque uno stile in cui i disegni a china tipici dell’arte cinese tradizionale in cui l’astrazione era da sempre funzionale a catturare l’essenza dei soggetti riprodotti, si associarono all’Espressionismo Astratto, in cui l’immagine informale viene arricchita e investita delle sensazioni più intime e intense dell’artista. L’impeto irruento di Jackson Pollock e di Joan Mitchell, per cui l’atto creativo era puro istino e la tela semplicemente la superficie sulla quale manifestare tutto ciò che non era misurato con l’equilibrio e con la ragione, o l’approccio più meditativo e filosofico di Adolph Gottlieb e Barnett Newman, più orientato a svelare il mistero del silenzio, della calma e dell’armonia mitigata dalla mente, furono uniti dal comune denominatore costituito dall’essenza della corrente stessa, e cioè la fondamentale esigenza di comunicare emozioni.
Il percorso artistico compiuto da Nicolas Blanquet lo ha portato a ricercare nelle proprie origini lontane un filo di congiunzione con le conoscenze acquisite in Francia, come se la sua pittura dovesse rappresentare il dialogo tra la sua parte più innata, quella appunto legata all’oriente, e quella invece con cui si è da sempre confrontato, quella dell’occidente; studiando e ricercando il fascino dell’Arte cinese si avvicina all’uso della china, a quei disegni astratti che affondano le loro origini talmente lontano nel tempo da costituire un’essenza imprescindibile del popolo al quale si rivolgevano, con cui dialogavano.
Tuttavia non può non restare fortemente legato anche al fascino dell’Espressionismo Astratto, quel mondo in cui la non forma viene stravolta dall’impetuosità delle emozioni che attraversano l’esistenza di ognuno fino a porre i protagonisti davanti al bivio, alla scelta inevitabile tra il resistere e rialzarsi o il soccombere lasciandosi trascinare dalla corrente. La scelta compiuta da Blanquet è sempre stata la prima, quella della resilienza, dell’oltrepassare l’ostacolo e uscirne rafforzato e più consapevole ed è questa l’esortazione, il messaggio, che attraverso le sue opere desidera far arrivare all’osservatore.
Non solo, sussurra anche la bellezza e il privilegio di essere diviso tra due nature diverse, quella di nascita e quella di crescita, che non possono che arricchire l’interiorità e la capacità di tendere verso l’integrazione culturale che non è pura globalizzazione bensì un amalgama di punti di vista, di approcci alla vita, di poliedricità di usi e costumi necessari a evolvere nel proprio percorso di crescita.
L’opera Éclats (Frammenti) racconta proprio del suo sentirsi diviso tra tasselli da scoprire, da costruire e da assemblare per dar vita a un’identità unica e forte proprio perché cosciente delle proprie debolezze che non vengono rifiutate bensì accettate e accolte come parte della propria completezza; e ancora in Fusion (Fusione) manifesta l’esigenza di raccontare quella sensazione che lo induce a sentirsi parte di quei due mondi apparentemente lontani eppure in lui tanto vicini da costituire un universo nuovo dentro il quale sentirsi se stesso pienamente, senza dover scegliere di appartenere all’uno o all’altro bensì riconoscendoli entrambi come parte della sua essenza. Nella tela Rouages (Ruote)
Blanquet sembra voler rappresentare l’ineluttabilità del destino, quella ruota di movimento che conduce le persone esattamente dove devono essere, a prescindere che si oppongano o meno, e si può solo apprendere a ballare al suo ritmo accettando ciò che si pone davanti e resistendo davanti alle prove a cui a volte si viene sottoposti. Si riferisce forse al suo cammino verso la scoperta delle sue origini che, però, in qualche modo gli sono sfuggite inducendolo a rassegnarsi e a comprendere che forse proprio quell’impossibilità ha costituito l’opzione migliore per il suo percorso.
Inizialmente affascinato dalla pittura acrilica, si è poi avvicinato alla tecnica mista dell’attuale produzione, tecnica in cui mescola inchiostro di china, acquarello, matite colorate, pennarello, forse proprio per assecondare la sua inclinazione verso il fascino del melting pot, il punto di incontro tra culture, così come tra materiali, che rappresentano la nuova frontiera, e la nuova sfida del vivere contemporaneo.
L’arte come messaggio, come scoperta di sé e della propria interiorità, della propria vera essenza, è questo che si manifesta nelle affascinanti opere di Nicolas Blanquet, artista sensibile ma forte che ha fatto della resilienza e della profondità delle proprie intime sensazioni la base fondante della sua esistenza e il messaggio fondamentale della sua produzione. Nell’estate del 2018 e nel 2020 è stato protagonista della Mostra internazionale sull’inchiostro di china Art Résilience di Saint-Frajou; nel 2019 ha preso parte con nove opere dedicate alla resilienza, al sesto Incontro Artistico che ha avuto luogo presso il Municipio 13 di Parigi. Nel 2017 e nel 2018 ha realizzato un progetto artistico per la creazione di inchiostri cinesi sul tema della resilienza, al 100 Istituzione Culturale Solidale.
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