Subito il loro incontro è pieno di tenerezza essendo entrambi esiliati e scartati, quindi senza più affetto da parte di nessuno. Il robot spiega il suo amore per l’arte e la sua conoscenza di molti libri di pittura, scultura presi dalla ricca biblioteca del suo padrone. La bambola, che si muove con gesti morbidi e con molta eleganza, racconta la sua passione per il ballo che l’ha aiutata a resistere in questo mondo di solitudine.
Si avvicina al mucchio di stracci e aziona un vecchio grammofono che produce una musica saltellante. Così lei si esibisce con grandi giravolte davanti al robot che vorrebbe esprimersi anche lui con alcuni movimenti di danza, ma il suo meccanismo ha degli scatti accelerati così da produrre gesti bruschi e violenti fino a quando si tufa nel mucchio di panni e finalmente riesce a bloccarsi.
La bambola si piega per aiutarlo a rimettersi in piedi. Il robot, con un gesto affettuoso, sfila dall’occhiello il suo fiore di plastica per offrirlo alla bambola ma il braccio destro si blocca verso l’alto, tenendo il fiore vicino al soffitto.
“Scusami, ma ogni tanto i miei movimenti non sono indipendenti. Forse è per questo che mi hanno messo in disparte”. La bambola con affetto e premura abbassa quel bracco disubbidiente e prende il fiore.
Il robot se ne va quasi subito a vedere dove può sistemarsi. Trova un vecchio armadio proprio accanto all’abbaino. La bambola lo raggiunge poco dopo per regalargli uno specchio rotondo.
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