Affrontare le caratteristiche del vivere contemporaneo è una manifestazione espressiva che assume differenti sfumature in base alla visione e al modo di affrontare e guardare alla vita di ogni artista; i timori e le inquietudini oppure le ipotesi future, gli impatti emotivi e psicologici o la tendenza verso un domani ideale sono diversi lati della medesima medaglia, osservati da punti di vista differenti e molteplici. L’artista protagonista di oggi approccia la realtà con uno sguardo positivo e fiducioso, pur senza tralasciare la capacità di analisi nei confronti di un mondo in continuo cambiamento.
La prima metà del Ventesimo secolo è stata molto vivace dal punto di vista artistico per assecondare la velocità e l’accelerazione che i progressi medici, tecnologici e scientifici stavano compiendo rispetto al passato; i movimenti dei primi decenni del Novecento sono nati e si sono sviluppati per segnare un distacco dalla pittura più tradizionale e adeguarsi alle evoluzioni e modificazioni che la società dell’epoca stava vivendo. In particolare il Futurismo e il Cubismo furono le prime correnti a ipotizzare un distacco dall’immagine effettiva per generare una scomposizione geometrica delle forme reali, per esprimere concetti che attraverso un approccio più classico non sarebbe stato possibile esprimere. La velocità e la dinamicità tanto care a Tommaso Marinetti e a Giacomo Balla, raccontate attraverso le ripetizioni della geometria delle immagini riprodotte così come l’annullamento della terza dimensione, quella della prospettiva, tipica di Pablo Picasso e di Georges Braque, hanno segnato la base di partenza della successiva estremizzazione del senso della realtà fino a ricondurlo a pure linee e figure matematiche teorizzate dall’Astrattismo Geometrico. Nel suo manifesto questa corrente si imponeva di annullare la terza dimensione, di distaccarsi dall’emotività e di esprimersi attraverso i colori, preferibilmente i primari e cioè rosso, giallo e blu.
Antonello Spadafora, artista di origini calabresi, si confronta con l’Astrattismo Geometrico, che però in lui è assolutamente reinterpretato e attualizzato sulla base di un superamento dottrinale tipico del Ventunesimo secolo, in parallelo ad altri percorsi che lo spingono a misurarsi con la pittura più figurativa e vicina allo stile impressionista, ma anche con quella materica grazie alla quale mescola sapientemente immagini e materiali differenti.
Il tema della scomposizione delle immagini lo induce ad approcciare l’opera tralasciando la figurazione per scegliere la geometria come mezzo per esprimere il suo pensiero filosofico su temi sociali derivanti dalla globalizzazione e da tutto ciò che questa comporta. Sceglie la forma esagonale per le sue opere Spadafora, quasi a ricordare gli alveari in cui la vita confluisce e si genera, dando il senso di connessione e di aggregazione allegoricamente rappresentanti la vita delle città con i suoi palazzi pieni di luce all’interno dei quali ognuno si racchiude nel proprio alveolo, nel proprio guscio dentro cui sviluppare e coltivare la sua individualità.
Fuoriesce il punto di vista positivo dell’artista in questo concetto, la consapevolezza del bisogno di socialità e di vicinanza, insito nella natura dell’uomo, che diviene un arricchimento, uno spunto di confronto e di sinergia che può generare un’evoluzione positiva; ecco perché gli esagoni sono adiacenti, comunicanti tra loro, proprio per infondere nell’osservatore il senso di prossimità, di contiguità che in qualche modo rassicura pur inducendo l’individuo a mettersi in discussione e in interrelazione.
Eppure Spadafora non tralascia di sottolineare e celebrare la diversità attraverso i colori, tonalità non primarie o nette come da linee guida dell’Astrattismo Geometrico, bensì utilizzando una gamma più ampia e arricchita dall’utilizzo di materiali differenti come tessuti e stoffe su cui interviene con la pittura, l’inchiostro, il fuoco, e necessari per dare il senso di moltitudine, dell’approccio cosmopolita che la società del Ventunesimo secolo non può fare a meno di avere.
È la libertà di essere quella che auspica Antonello Spadafora, quella di trovarsi in un mondo in cui le difformità saranno strumento per dar vita a un tessuto sociale più accogliente, più aperto, più in comunicazione di quanto non lo sia attualmente pur mantenendo una singolarità necessaria a sentirsi bene dentro il proprio abito, quello dell’essenza personale che deve essere mantenuta ben salda esattamente in virtù dell’apertura verso l’altro.
Ciò che costruisce le singole personalità con ogni piccola sfaccettatura, fa parte del bagaglio emotivo che ciascuno porta con sé, in particolar modo quelle ferite a cui Spadafora dedica un’intera serie, Injury, in cui l’elemento materico della tecnica mista sembra fuoriuscire dall’esagono per narrare le cicatrici che ne compongono la sostanza attuale e che vuole mostrarsi senza maschere, senza necessità di nascondersi perché, sembra suggerire l’artista, è attraverso la trasparenza nel modo di essere che si possono costruire rapporti autentici, reali, non filtrati da barriere che in qualche modo fermano e impediscono la conoscenza profonda.
I collegamenti, le connessioni con l’altro, le interazioni di cui parla Spadafora sono il fondamento di un vivere contemporaneo che, sotto il suo sguardo positivo, tralascia la monotonia e la velocità accelerata della società, così come le sue accezioni più negative, ed evidenzia invece le infinite risorse, il rafforzamento del singolo proprio nel momento in cui interagisce con tutto ciò che è esterno a lui e che ne completa la necessità di relazionare, scoprire, apprendere se stesso come l’altro, che non è più inteso come antagonista o diverso, bensì semplicemente come qualcuno con cui entrare in contatto. Antonello Spadafora ha al suo attivo numerose mostre collettive e personali su tutto il territorio nazionale e ha vinto diversi premi; le sue opere sono inserite in molte pubblicazioni tra cui, il più importante, il Catalogo dell’Arte Moderna di Giorgio Mondadori.
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