Nell’epoca contemporanea molti artisti tendono a manifestare, e portare alla luce, le inquietudini, i dubbi che contraddistinguono la propria interiorità così come le complessità di una società moderna che ha spesso perduto punti di riferimento e la capacità interiorizzare e riflettere su se stessa e sugli eventi; seguendo questa linea espressiva le loro opere sono impetuose, forti, incisive, oppure cupe, tumultuose, volte a svelare il mistero, a cercare concitatamente un’essenza che tenta di non emergere. Per la protagonista di oggi invece dipingere equivale a effettuare un percorso di meditazione, assecondando la necessità di entrare in contatto con se stessa, con il suo io più profondo, attraverso la contemplazione della natura.
Il Romanticismo fu il movimento artistico che, nei primi anni dell’Ottocento, introdusse il paesaggio come soggetto predominante, legato agli stati d’animo degli artisti che lo rappresentavano e che intendevano sottolineare la potenza e la grandezza della natura davanti a cui l’essere umano poteva sentirsi atterrito o, al contrario, rassicurato. L’espressività paesaggistica più intensa e incisiva del movimento artistico che, di fatto proprio in virtù di quella ricerca di emozione e di interiorizzazione, anticipò l’arte moderna, fu quella degli inglesi William Turner e John Constable, entrambi capaci di suscitare emozioni travolgenti nell’osservatore. Il primo con le sue immagini di mari in burrasca, cieli tempestosi, che sottolineavano l’inconsistenza dell’uomo davanti alla forza impetuosa dell’ambiente circostante, il secondo con gli scorci dell’anima, quei luoghi della campagna inglese che appartenevano allo scrigno emotivo della sua memoria e in cui il suo sguardo nostalgico non poteva che continuare a perdersi. Successivamente, con l’Impressionismo e i Macchiaioli, il paesaggio trovò una nuova dimensione, più estetica, meno orientata a esprimere sentimenti e moti interiori e più incline a cercare l’equilibrio perfetto tra realtà e riproduzione, dove il fulcro della ricerca era la luce sui luoghi raffigurati affinché la bellezza che l’occhio vedeva fosse impressa sulla tela senza interferenze di un’emozione che ne avrebbe inquinato la purezza estetica. Tuttavia il risultato spesso andava oltre l’intenzione dell’artista stesso, come testimoniano le coinvolgenti opere di Pierre-Auguste Renoir e di Claude Monet; i luoghi rarefatti, pieni di luce ma anche di atmosfera, esprimono di fatto il sentire dei due maestri impressionisti, sentire che esce dall’opera e arriva inevitabilmente a far vibrare le corde emotive dell’osservatore.
L’artista austriaca Christine Schinner, giunta all’espressione artistica dopo un percorso di vita completamente diverso, predilige proprio il paesaggio per narrare emozioni e sensazioni intime, personali, piene di stati d’animo che non hanno bisogno di fuoriuscire ad alta voce, tutt’altro, il suo approccio pittorico è lento, meditato, suggestivo proprio per la calma riflessiva che infonde in chi guarda le sue opere.
Ogni luogo, ogni scorcio o evento naturale descritto dalla Schinner sembra essere avvolto dal silenzio, da quella calma appartenente a chi è in grado di osservare la realtà, e gli eventi della vita, con serenità e rapita contemplazione, quasi come se ciò che lo sguardo coglie fosse spunto di riflessione interiore, come se il sentire si accordasse all’immagine per riuscire ad andare più a fondo nell’universo intimo che necessita la protezione esterna del mondo della natura per essere in grado di manifestarsi e raggiungere la consapevolezza.
I colori tendono più all’Espressionismo che non al Realismo, nonostante lo stile pittorico sia invece fedele alla realtà osservata, ma quelle tonalità intense e vivaci si accordano molto di più all’emotività dell’artista che non a quelli che naturalmente dovrebbero avere, ampliando così la connessione fondamentale per la Schinner tra l’equilibrio esterno e quello interiore.
Nella tela Am Flusslauf (Al fiume) è evidente la tendenza a lasciarsi trasportare dal lento scorrere dell’acqua che si lega al concetto del pantha rei eracliteo, quella necessità di lasciare che tutto oltrepassi il momento contingente e che vada oltre per lasciare spazio al nuovo che deve arrivare; ed è proprio attraverso quel fluire che Christine Schinner trova la propria dimensione introspettiva narrando il fiume avvolto da un’aura silenziosa, come se il rumore delle sue acque lente fosse solo una sottile e lontana eco appena percepita dalla mente cosciente.
In Entwurzelt (Sradicato), la sensazione percepita dall’osservatore è di partecipazione empatica nei confronti dell’albero che è metafora dell’uomo contemporaneo, le cui radici spesso vengono estirpate in nome di un progresso e di un progressismo che tende, d’altro canto, a far perdere certezze e tradizioni indispensabili per infondere un senso di appartenenza, di sicurezza che solo ciò che è acquisito nel tempo può generare. O, da un altro punto di vista, quelle radici estratte ma ancora legate al tronco, nonostante tutto, sono a volte tutto ciò che resta quando l’esigenza di compiere un percorso differente da quello previsto o ipotizzato, conduce l’individuo in luoghi lontani per realizzare se stesso e concretizzare il proprio futuro.
Anche nelle tele Lebensfreude (Gioia di vivere) e Lebensfreude 2 (Gioia di vivere 2), sebbene le tonalità siano solari, vivaci, calde e allegre proprio per sottolineare una sensazione di benessere e di appagamento, Christine Schinner non alza mai la voce, non si discosta mai dalla sua pacata attenzione verso stati d’animo intensi, idealmente racchiusi in preziose sfere trasparenti, ma al contempo vissuti nella serenità e nell’equilibrio, una dimensione che si può raggiungere solo attraverso una profonda conoscenza delle proprie profondità emozionali.
L’opera Utopia, è emblematica dell’essenza dell’artista, nella quale la sostanza si specchia nell’apparenza e viceversa, come due facce della stessa medaglia che solo quando sono in perfetta armonia riescono a infondere un magico senso di pace e donare la possibilità di sognare un luogo ideale verso cui tendere, quell’utopia evocata dal titolo. Dal momento in cui ha terminato i suoi studi accademici con la maestra d’arte Roswitha Eisenbok la carriera artistica di Christine Schinner ha cominciato a occupare una parte sempre più importante nella sua vita; dal 2006 a oggi ha esposto in molte mostre collettive in Austria a Vienna, Graz, Stokerau, Korneuburg, in Germania a Brema, e recentemente anche in Italia riscuotendo riconoscimenti e apprezzamento dal pubblico e dagli appassionati d’arte. A novembre esporrà in Svizzera.
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