I mezzi artistici contemporanei mostrano quanto si sia evoluta la sperimentazione di quei creativi che non riuscivano a restare all’interno di uno stile tradizionale e per i quali andare oltre e agganciarsi alle innovazioni costanti che appartengono all’attualità è parte stessa della loro essenza creativa. In virtù di questo approccio anche l’Arte Digitale è cresciuta notevolmente rispetto alle sue origini ed è divenuta oggi una vera e propria tecnica pittorica in cui il computer è una tela sulla quale esprimere sensazioni, emozioni e concetti con cui l’autore vive la propria essenza pittorica. La protagonista di oggi, pur appartenendo a questa tecnica esecutiva, di fatto si avvicina a movimenti pittorici fortemente legati alla figurazione eppure quasi distanti da essa per la decontestualizzazione realistica di tutto ciò che viene evocato attraverso le immagini.
Il periodo che ha seguito la fine della prima guerra mondiale ha segnato un allontanamento dell’arte da tutta quella serie di movimenti che avevano decretato il distacco totale non solo dalla realtà osservata ma anche da tutta quella dimensione umana e soggettiva che invece aveva bisogno di essere recuperata; inoltre la fine del conflitto indusse le persone a rivolgere l’attenzione verso il benessere personale, l’equilibrio, la ricerca della felicità anche attraverso l’appagamento personale o verso la crescita e il miglioramento della vita nelle città. Fu in questo periodo che sia negli Stati Uniti che in Europa nacquero correnti pittoriche di ritorno all’ordine in cui la soggettività dell’artista era emanatrice delle atmosfere poi percepibili sulla tela; ma l’attenzione era contestualmente rivolta anche alle ambientazioni urbane, alle campagne o alle città dove l’uomo era raffigurato in maniera solitaria rispetto alla moltitudine potenziale che poteva avere intorno, quasi a sottolinearne il sentire intimo osservabile dalla postura del corpo o da un solo gesto. In Italia questo tipo di approccio pittorico fu centrale nella produzione degli artisti del gruppo Novecento, soprattutto per quanto riguarda la suggestione delle geometricità delle costruzioni e delle sensazioni di quasi inquieta tranquillità rilevabile negli scorci di Mario Sironi, mentre gli Stati Uniti risposero con il Precisionismo prima e con il Realismo Americano poi, di cui Edward Hopper fu massimo interprete, entrambi movimenti che mostrarono sia la crescita economica e architettonica delle città e sia il sentire umano, la sensazione esistenziale di solitudine e insicurezza che emergeva nonostante tutto il benessere esterno. Ma forse il movimento che più di tutti si avvicinò anche alla psiche, al mistero appartenente alla mente umana, al suo passato e alle influenze delle energie circostanti, sottili quanto incisive proprio perché evidenti a chi possiede una forte sensibilità, fu la Metafisica dove il rigore delle ambientazioni, collegabili al Razionalismo architettonico, assumeva fascino in virtù degli elementi fuori contesto che inducevano l’osservatore a riflettere sul passato, sull’immobilità dello scorrere del tempo, sull’esiguità dell’essere umano rispetto alla storia e a tutto ciò che da egli stesso è stato creato. Ma la determinazione di Giorgio de Chirico a mantenere lo stile di cui fu padre fondatore distante dal Surrealismo di cui disdegnava gli estremismi, fu erosa dai belgi René Magritte e Paul Delvaux i quali rinunciarono alla geometricità assoluta ma rimasero all’interno della sfera riflessiva stimolata dai messaggi lasciati dagli autori all’interno delle opere, aggiungendo una connessione con le energie sottili e misteriose che circondano la realtà.
Nella produzione dell’artista romana Sabrina Aureli confluiscono tutte queste esperienze pittoriche, come se il suo stile dovesse essere una somma espressiva attraverso la quale armonizzare l’esigenza di ordine, di rilassante geometricità e schematicità degli ambienti, all’enigma lievemente accennato che appartiene all’essere umano come a tutto ciò che concerne la sua vita; non solo, lo spazio chiaro e luminoso mette in evidenza l’emozione provata dai personaggi, sempre rappresentati molto piccoli rispetto alla maestosità e alla bellezza dello spazio circostante, inconsistenti nella grandezza dell’esistenza e dell’avvicendarsi dei tempi eppure incredibilmente espressivi, fortemente visibili grazie alla capacità dell’artista di metterne in evidenza il sentire che viene propagato a tutta l’immagine.
La singolarità di Sabrina Aureli è quella di utilizzare, per questi veri e propri dipinti emozionali, la tecnica dell’Arte Digitale, a cui però riesce magistralmente a infondere la morbidezza tipica dei dipinti a olio, a dimostrazione di quanto questo mezzo si sia trasformato rispetto alle sue origini, quella Computer Art che concedeva solo uno stile astrattista; qui invece tutto è figurazione, suggestione, evocazione di ricordi, di momenti vissuti nel passato più o meno recente, e soprattutto aspirazione e tendenza verso un’armonia che nell’esistenza attuale sembra sfuggire. Sabrina Aureli mostra il desiderio di fermare il tempo, di sospendere il susseguirsi dei momenti per imprimere sull’opera la piacevolezza percepita in un solo frangente, e di mettere in evidenza la pura bellezza della luce, di un chiarore che riflette il senso avvolgente di pace e di serenità riscontrabile anche nelle pose rilassate dei suoi protagonisti.
Ma l’opposto della luce è il buio, che diviene funzionale nel momento in cui l’atteggiamento dell’artista si fa più introspettivo, più orientato all’ascolto di quella connessione quasi magica con la natura e con l’armonia che scaturisce dalla poesia, dalla musica, dall’elevazione dell’animo umano verso un livello più etereo e alto; a questa serie appartengono opere intimiste, misteriose, molto vicine alle atmosfere di Paul Delvaux dove tutto può avere un senso più rassicurante, poiché a volte il buio è l’unica dimensione in cui ascoltare davvero il proprio sentire, o al contrario può nascondere un leggero pericolo a causa dell’incapacità di vedere cosa c’è intorno.
In Sabrina Aureli prevale tuttavia la prima interpretazione, quella della positività magica che avvolge l’individuo nel momento in cui riesce ad ascoltare la propria liricità interiore, ed è proprio questa sensazione di musicalità incantata a pervadere l’opera Nei giardini dei poeti dove le ninfee fanno da pavimento per la leggerezza della donna che sembra fluttuarvi sopra in virtù della sua delicatezza, della sua capacità di comprendere e accogliere ogni singola sfumatura di luce con cui squarciare il buio intorno a sé e di ascoltare i versi sensibili e carezzevoli dei poeti a cui fa riferimento il titolo. La nudità, segno distintivo delle esili figure protagoniste di ogni opera di Sabrina Aureli, appare qui come invito a lasciarsi andare alla spontaneità emozionale, a quell’immediatezza del sentire che esclude la ragione, l’apporto analitico con il quale verrebbe limitata la potenzialità energetica dei versi.
Ma sono le opere in cui il chiarore predomina a ricondurre l’osservatore verso una dimensione conosciuta e al contempo ignota, come se il sole confondesse la memoria trasformando in familiare qualcosa che potrebbe appartenere a qualsiasi tempo e a qualunque spazio, evocando frangenti estivi dove il riflesso del sole accompagna la staticità innaturale delle acque, spesso presenti nelle composizioni quasi fossero un elemento necessario alla purificazione di sé, all’abbandono delle barriere difensive costituite da convinzioni errate, da paure e insicurezze, per entrare in un mondo fatto di calma, di riflessione e introspezione compiuta, in questo caso, proprio in virtù della presenza della luce che tutto illumina e che spesso tutto nasconde.
Nelle opere di Sabrina Aureli invece il giorno costituisce lo specchio interiore attraverso cui è possibile compiere il passaggio successivo, la presa di coscienza che il velo esterno può cadere per permettere all’individuo di assaporare il fascino di momenti puri, lievi nella loro intensità e soprattutto privi di quelle maschere dietro cui spesso tende a nascondersi. Le scenografie sono suggestive, enigmatiche, lo sguardo si spinge alla ricerca di riferimenti senza trovarli, proprio perché l’intento dell’autrice è di sospendere tutto sul filo sottile a metà tra ciò che è e ciò che potrebbe essere, tra ciò che è stato realmente vissuto e la sensazione di nostalgia verso invece qualcosa che si sarebbe voluto ma non è stato possibile raggiungere.
Così la terra di mezzo è quella del desiderio, dell’introspezione, dell’opzione diversa che avrebbe potuto donare una felicità differente, ecco il motivo della luminosità delle atmosfere, perché il meglio è nascosto nell’adesso, in una dimensione immaginaria che può cambiare tutto, ed è lì che si insinua la magia creativa dell’autrice. Sabrina Aureli, artista fin da bambina, è passata dalla pittura a olio all’attuale Arte Digitale e ha al suo attivo la partecipazione a innumerevoli mostre collettive nazionali e internazionali – Francia, Giappone, Polonia, Usa – ricevendo premi e riconoscimenti dalla critica.
SABRINA AURELI-CONTATTI
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Contemporary artistic media show how far has evolved the experimentation of those creatives who could not stay within a traditional style and for whom going beyond and engaging with the constant innovations that belong to the present day is part of their creative essence. By virtue of this approach, Digital Art has also grown considerably compared to its origins and has now become a true painting technique in which the computer is a canvas on which to express sensations, emotions and concepts with which the author lives his pictorial essence. Today’s protagonist, although belonging to this technique, in fact approaches pictorial movements that are strongly linked to figuration yet almost distant from it due to the realistic decontextualisation of everything evoked through images.
The period that followed the end of the First World War marked a distancing of art from that whole series of movements that had decreed the total detachment not only from observed reality but also from that entire human and subjective dimension that instead needed to be recovered; moreover, the end of the conflict induced people to turn their attention towards personal well-being, balance, the pursuit of happiness also through personal fulfilment or towards growth and improvement in city life. It was in this period that both in the United States and in Europe were born pictorial currents of a return to order in which the subjectivity of the artist was the emanator of the atmospheres that could then be perceived on canvas; but attention was also at the same time directed to urban settings, to the countryside or cities where man was depicted in a solitary manner with respect to the potential multitude around him, almost as if to emphasise the intimate feeling observable from the posture of the body or from a single gesture. In Italy, this type of pictorial approach was central to the production of the artists of the Novecento group, especially with regard to the suggestion of the geometricity of the buildings and the sensations of almost restless tranquillity detectable in the views of Mario Sironi, while the United States responded first with Precisionism and then American Realism, of which Edward Hopper was the greatest interpreter, both movements that showed the economic and architectural growth of the cities and the human feeling, the existential sensation of loneliness and insecurity that emerged despite all the external well-being. But perhaps the movement that most of all approached the psyche, the mystery belonging to the human mind, its past and the influences of surrounding energies, subtle as they are incisive precisely because they are evident to those with a strong sensitivity, was Metaphysical Art where the rigour of the settings, linkable to architectural Rationalism, took on fascination by virtue of the out-of-context elements that induced the observer to reflect on the past, on the immobility of the passing of time, on the exiguity of the human being with respect to history and all that he himself had created. But Giorgio de Chirico‘s determination to maintain the style of which he was a founding father far from the Surrealism whose extremism he disdained, was eroded by the Belgians René Magritte and Paul Delvaux who renounced absolute geometricity but remained within the reflective sphere stimulated by the messages left by the authors within their works, adding a connection with the subtle and mysterious energies that surround reality.
In the production of Roman artist Sabrina Aureli, all these pictorial experiences come together, as if her style were to be an expressive sum through which to harmonise the need for order, of relaxing geometricity and schematic environments, to the slightly hinted enigma that belongs to the human being as to everything that concerns his life; not only that, the clear and luminous space highlights the emotion felt by the characters, always represented very small compared to the majesty and beauty of the surrounding space, insubstantial in the greatness of existence and the alternation of times and yet incredibly expressive, strongly visible thanks to the artist’s ability to highlight the feeling that is propagated throughout the image. The singularity of Sabrina Aureli is that she uses the technique of Digital Art for these true emotional paintings, to which however she masterfully succeeds in infusing the softness typical of oil paintings, demonstrating how much this medium has been transformed with respect to its origins, that Computer Art that only allowed an abstract style; here instead everything is figuration, suggestion, evocation of memories, of moments experienced in the more or less recent past, and above all aspiration and tendency towards a harmony that seems to escape in today’s existence. Sabrina Aureli shows a desire to stop time, to suspend the succession of moments in order to imprint on the artwork the pleasantness perceived at a single juncture, and to highlight the pure beauty of light, of a glow that reflects the enveloping sense of peace and serenity found even in the relaxed poses of its protagonists.
But the opposite of light is darkness, which becomes functional when the artist’s attitude becomes more introspective, more oriented towards listening to that almost magical connection with nature and with the harmony that springs from poetry, music, from the elevation of the human soul towards a more ethereal and higher level; to this series belong intimist, mysterious works, very close to the atmospheres of Paul Delvaux where everything can have a more reassuring sense, since sometimes darkness is the only dimension in which to really listen to one’s own feeling, or on the contrary it can hide a slight danger due to the inability to see what is around. In Sabrina Aureli, however, the first interpretation prevails, that of the magical positivity that envelops the individual when he is able to listen to his own inner lyricism, and it is precisely this sensation of enchanted musicality that pervades the artwork In the Poets’ Gardens, where water lilies act as a floor for the lightness of the woman who seems to float on it by virtue of her delicacy, of her ability to understand and welcome every single nuance of light with which to pierce the darkness around her and to listen to the sensitive and caressing verses of the poets referred to in the title.
Nakedness, the hallmark of the slender figures that are the protagonists of each of Sabrina Aureli‘s artwork, appears here as an invitation to let oneself go to emotional spontaneity, to that immediacy of feeling that excludes reason, the analytical input with which the energetic potential of verse would be limited. But are the works in which chiaroscuro predominates that lead the observer back to a dimension that is known and at the same time unknown, as if the sun were blurring the memory, transforming into the familiar something that could belong to any time and any space, evoking summer breakers where the reflection of the sun accompanies the unnatural stillness of the waters, often present in the compositions almost as if they were a necessary element for the purification of the self, for the abandonment of defensive barriers constituted by erroneous convictions, fears and insecurities, in order to enter a world made up of calm, reflection and introspection accomplished, in this case, precisely by virtue of the presence of light that illuminates everything and often conceals everything.
In Sabrina Aureli‘s works, on the other hand, the day constitutes the interior mirror through which the next step can be taken, the realisation that the outer veil can fall to allow the individual to savour the charm of pure moments, gentle in their intensity and above all free of those masks behind which he often tends to hide. The settings are evocative, enigmatic, the gaze goes in search of references without finding them, precisely because the author’s intention is to suspend everything on the thin thread halfway between what is and what could be, between what has really been experienced and the feeling of nostalgia towards something one would have liked but could not reach. So the middle ground is that of desire, of introspection, of the different option that could have given a different happiness, hence the reason for the brightness of the atmospheres, because the best is hidden in the now, in an imaginary dimension that can change everything, and it is there that the author’s creative magic creeps in. Sabrina Aureli, artist since childhood, has progressed from oil painting to today’s Digital Art and has participated in countless national and international group exhibitions – France, Japan, Poland, USA – receiving prizes and awards from critics.
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