Il tocco dorato di Teresa Miccichè, tra Metafisica e Secessionismo Viennese per evidenziare la poliedricità emozionale della figura femminile contemporanea

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guidata dalla luna

Il mondo attuale sembra essere proiettato verso un approccio eccessivamente pragmatico rispetto all’esistenza, più concentrato sul possedere che sull’essere, dimenticando quell’essenza che invece ha bisogno di soffermarsi, prendere fiato e in qualche modo approfondire gli eventi ma soprattutto il sentire più profondo che fuoriesce nel momento in cui ci si pone in silenzio davanti allo specchio della propria consapevolezza. In questo tipo di analisi, di osservazione artistica, diviene necessario per alcuni creativi mantenere un forte legame con la figurazione proprio perché è esattamente quando lo sguardo viene attratto da un’immagine familiare e riconoscibile che poi può essere condotto verso la dimensione più intimista del percepire e soprattutto del comunicare ciò che non viene palesemente esplicitato. La protagonista di oggi affida all’universo femminile il compito di costituire quella terra di mezzo tra l’apparire e l’essere, tra il rimanere attaccata alla perfezione dell’immagine, metafora della forma, e la necessità di andare oltre il velo dell’apparenza per scoprire risvolti più complessi e intensi di quelli che emergono in superficie.

Intorno alla fine dell’Ottocento, sulla scia delle innovazioni promosse in Inghilterra dall’Arts and Crafts di cui fu teorico e maggiore esponente William Morris, si diffuse nell’intero continente europeo un movimento che adattò le sue linee guida al paese di provenienza degli artisti che vi aderirono ma che mantenne intatte in tutti i casi l’attitudine alla cooperazione tra forme artistiche di maggiore importanza e artigianato, la celebrazione della bellezza e dell’armonia estetica generata dalla riproduzione stilizzata della natura in dialogo con la figura femminile, e l’esaltazione di una gioia di vivere scaturita dal miglioramento dello stile di vita dovuto all’industrializzazione che aveva visto emergere una nuova borghesia così come dalle innovazioni tecnologiche che avevano modificato completamente l’esistenza delle persone. L’Arts and Crafts dunque si imponeva di proporre opere che non potevano essere riprodotte in maniera industriale, per la forte decoratività e per l’apporto umano che si avvaleva delle tecniche artigianali, ma al contempo si rivolgeva a un bacino di utenza costituito proprio a quella nuova borghesia arricchitasi grazie alle industrie; negli altri paesi lo stile venne denominato Art Nouveau in Francia e in Belgio, dove l’elemento predominante erano le linee curve che venivano applicate persino ai portoni e ai cancelli dei palazzi e alle vetrate colorate come nel caso di Victor Horta, Jugendstil in Germania, Stile Liberty in Italia e Secessione Viennese in Austria. Fu proprio quest’ultimo il paese in cui il movimento assunse caratteristiche sontuose e opulente in virtù dell’ampio utilizzo della foglia oro che non solo contraddistinse il periodo cosiddetto aureo del suo più deciso promotore nonché massimo esponente, Gustav Klimt, bensì anche il Palazzo della Secessione che ne è simbolo e dove gli artisti aderenti fondarono la loro scuola nel 1896 dopo la scissione dalla Wiener Künstlerhaus, l’associazione ufficiale degli artisti viennesi. Le donne di Klimt, diafane, avvolte da decorazioni floreali e immerse nelle atmosfere dorate, rappresentano il fasto dell’epoca ma anche la tendenza a considerare la bellezza nella sua forma più pura e affascinante, malgrado osservando le sue opere si riceva la sensazione che oltre quella perfezione esteriore si nasconda molto altro lasciato intravedere dagli sguardi e dalle espressioni delle protagoniste.

intimità
1 Intimità – olio e foglia oro su tela, 30x30cm

L’artista siciliana Teresa Miccichè, formatasi come autodidatta, si lega indissolubilmente all’intento creativo del maestro del Secessionismo Viennese mostrando un ampio utilizzo della foglia oro per narrare i suoi volti femminili di cui è perfetta interprete della bellezza e dell’armonia ma anche delle sensazioni più profonde, dei dubbi e delle perplessità su cui la donna è in grado di interrogarsi restando però costantemente in bilico tra forma e sostanza, come se da un lato l’essenza dovesse emergere e al contempo nascondersi oltre un’immagine che necessita di essere impeccabile, non tanto per una richiesta della società, quanto per suo bisogno innato di apparire al meglio.

caos olio e foglia
2 Caos – olio e foglia oro su tela, 50x70cm

Teresa Miccichè sottolinea il punto di forza delle sue figure femminili che non si sentono vittime di un ambiente circostante che impone loro una bellezza irraggiungibile, piuttosto ne fa emergere le profondità, la forza e la capacità di mantenere un perfetto bilanciamento tra sentire interiore e cura del proprio aspetto per soddisfare se stesse, per sentirsi più sicure di poter attrarre in virtù del fascino ma poi condurre all’interno di considerazioni più profonde, più intime e al contempo rivelatrici delle sfaccettature di ciascuna protagonista.

guarda ancora
3 Guarda ancora – tecnica mista su tela, 60x60cm

Dunque in qualche modo la foglia oro va a cementare quell’attitudine al possedere e all’apparire che appartiene alla società contemporanea senza però mai mettere in secondo piano anche quella dimensione emozionale, percettiva e di sensazioni che infonde consistenza e spessore alle sue protagoniste; spesso la perfezione estetica si mescola a una decontestualizzazione Metafisica in cui ciò che viene rappresentato da Teresa Miccichè è quel dettaglio funzionale a esprimere il sentire legato al particolare e unico momento immortalato, come se in un certo senso dalla realtà contingente, per quanto piacevole, sia necessario astrarsi per tendere verso una dimensione più spirituale.

sky
4 Sky – acrilico e foglia oro su tela, 30x40cm

Questo è il senso dell’opera Sky dove il volto della donna è raccontato a metà perché ciò che conta è lasciarsi condurre all’interno del suo pensiero, quello che la spingerebbe a volare, ad abbandonare il luogo in cui si trova per fuggire lontano a scoprire altro, qualcosa di diverso da cui è attratta; i gabbiani posizionati dall’artista sulla sua guancia sembrano suggerire un bisogno di volare, di spingersi verso panorami sconosciuti e proprio per questo affascinanti, come se quello della donna non fosse un desiderio di fuga, al contrario una spinta a esplorare e conoscere per poi tornare indietro arricchita da quella conoscenza. Qui la foglia oro è leggera, sembra accompagnare il desiderio di elevarsi portandosi però dietro la preziosità di ciò che già appartiene al bagaglio culturale, emozionale e anche materiale della protagonista del sentire.

la luce dietro il velo
5 La luce dietro il velo – olio e foglia oro su tela, 70x70cm

In La luce dietro il velo si rivela tutta la spinta intimista di Teresa Miccichè, quel desiderio di mettere in evidenza quanto vi possa essere oltre una forma impeccabile che a volte fa fatica persino a riconoscersi al di là dell’apparire; eppure prima o poi giungerà un momento in cui scendere più in profondità sarà necessario perché le circostanze che si susseguono sono funzionali all’evoluzione dell’individuo, ad accrescere la sua coscienza e a indurlo a raggiungere un grado di elevazione superiore rispetto al livello precedente. La luce di cui l’artista accenna nel titolo è quella interiore, quella luminosità spesso sepolta sotto la contingenza che però prima o poi necessita di essere lasciata fuoriuscire, di essere compresa nella sua complessità e accettata nella sua forma più superiore e spirituale in grado di amplificare la bellezza esteriore; questo è il motivo per cui la parte visibile della donna è rappresentata in bianco e nero, per sottolineare quanto la coscienza possa emergere alla luce dell’oro, che in questo caso dunque non rappresenta il legame materiale bensì quello con la spiritualità, solo dopo uno sforzo di elevazione dalle credenze autolimitanti.

polynesian
6 Polynesian – olio e tecniche miste su tela, 50x50cm

La tela Polynesian invece è più estetica, più legata ai temi tradizionali del Secessionismo e dell’Art Nouveau a cui però Teresa Miccichè aggiunge il tocco moderno della spatola per la stesura dello sfondo e della parte in primo piano sulla sinistra, quasi a voler dissolvere l’atmosfera per concentrare lo sguardo sull’espressione timida e riservata della donna di cui viene evidenziata l’attenzione alla decorazione dell’abito e dell’acconciatura appartenente a mondi lontani da quello occidentale, a una cultura più attenta alla connessione con la natura e con l’anima che esiste in tutte le forme viventi eppure legata alla cura dell’aspetto esteriore che diventa arricchimento e abbellimento di tutto ciò che appartiene all’interiorità. È dunque possibile, sembra suggerire l’artista, mantenere in equilibrio entrambe le parti dell’essere donna, quella più frivola e quella più intensa, proprio perché è attraverso la consapevolezza della propria debolezza e della propria forza che è possibile mantenere una stabilità all’interno dell’essenza più reale senza rinunciare ad alcuna delle due parti.

madame
7 Madame – olio e materico su tela, 50x70cm

Teresa Miccichè inizia il suo percorso espositivo nel 2015 e da allora le sue opere hanno preso parte a mostre collettive in Italia e all’estero – Malaga, New York, Copenaghen, Atene, Parigi, Washington, Miami, Los Angeles – ricevendo consensi dal pubblico e dalla critica.

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Teresa Miccichè’s golden touch, between Metaphysics and Viennese Secessionism to highlight the emotional versatility of the contemporary female figure

Today’s world seems to be projected towards an excessively pragmatic approach to existence, more focused on possessing than on being, forgetting that essence that instead needs to pause, take a breath and in some way deepen events, but above all the deeper feeling that emerges the moment one stands in silence before the mirror of one’s own awareness. In this type of analysis, of artistic observation, it becomes necessary for some creatives to maintain a strong link with figuration precisely because it is exactely when the gaze is attracted by a familiar and recognisable image that it can then be led towards the more intimate dimension of perceiving and above all of communicating that which is not overtly made explicit. Today’s protagonist entrusts the female universe with the task of constituting that middle ground between appearing and being, between remaining attached to the perfection of the image, a metaphor for form, and the need to go beyond the veil of appearance to discover more complex and intense implications than those that emerge on the surface.

Around the end of the 19th century, in the wake of the innovations promoted in England by the Arts and Crafts of which William Morris was the theoretician and leading exponent, a movement spread across the entire European continent that adapted its guidelines to the country of origin of the artists who adhered to it, but in all cases maintained intact the attitude of cooperation between artistic forms of major importance and craftsmanship, the celebration of the beauty and aesthetic harmony generated by the stylised reproduction of nature in dialogue with the female figure, and the exaltation of a joie de vivre that arose from the improved lifestyle due to industrialisation that had seen the emergence of a new middle class as well as the technological innovations that had completely changed people’s existence. Arts and Crafts therefore had to propose works that could not be reproduced industrially, due to the strong decorativeness and the human contribution that made use of artisanal techniques, but at the same time it appealed to a catchment area made up precisely of that new bourgeoisie that had become rich thanks to industry; in other countries the style was called Art Nouveau in France and Belgium, where the predominant element was the curved lines that were even applied to the doors and gates of buildings and stained glass windows as in the case of Victor Horta, Jugendstil in Germany, Stile Liberty in Italy and the Viennese Secession in Austria. The latter was the country where the movement took on sumptuous and opulent characteristics by virtue of the extensive use of gold leaf, which not only characterised the so-called golden age of its most determined promoter and greatest exponent, Gustav Klimt, but also the Secession building that is its symbol and where the participating artists founded their school in 1896 after splitting from the Wiener Künstlerhaus, the official association of Viennese artists. Klimt‘s women, diaphanous, wrapped in floral decorations and immersed in golden atmospheres, represent the splendour of the era but also the tendency to consider beauty in its purest and most fascinating form, even though observing his artworks one gets the feeling that beyond that exterior perfection lies much more, let us glimpse it in the gazes and expressions of the protagonists.

The Sicilian artist Teresa Miccichè, trained as a self-taught artist, is inextricably linked to the creative intent of the master of Viennese Secessionism, making extensive use of gold leaf to narrate her female faces, of which she is the perfect interpreter of beauty and harmony but also of the deepest feelings, of the doubts and perplexities that a woman is able to question herself about, while remaining constantly poised between form and substance, as if on the one hand had to emerge the essence and at the same time hide beyond an image that needs to be impeccable, not so much because of a societal demand, but because of her innate need to look her best. Teresa Miccichè emphasises the strength of her female figures who do not feel like victims of an environment that imposes an unattainable beauty on them, rather she brings out their depths, their strength and their ability to maintain a perfect balance between inner feeling and care for their appearance in order to satisfy themselves, to feel more confident that they can attract by virtue of their charm but then lead into deeper, more intimate considerations that are at the same time revealing the facets of each protagonist.

So in some way the gold leaf goes to cement that attitude of possessing and appearing that belongs to contemporary society without, however, ever overshadowing that emotional, perceptive and sensational dimension that imbues her protagonists with consistency and depth; aesthetic perfection is often mixed with a metaphysical decontextualisation in which what is represented by Teresa Miccichè is that detail functional to express the feeling linked to the particular and unique moment immortalised, as if in a certain sense from the contingent reality, however pleasant, it is necessary to abstract oneself in order to tend towards a more spiritual dimension. This is the sense of the artwork Sky where the woman’s face is half-told because what matters is to let oneself be led inside her thought, that which would push her to fly, to leave the place where she is to escape far away to discover something else, something different to which she is attracted; the seagulls placed by the artist on her cheek seem to suggest a need to fly, to propel oneself towards unknown panoramas and precisely for this reason fascinating, as if the woman’s was not a desire to escape, but on the contrary a drive to explore and get to know and then return enriched by that knowledge. Here the gold leaf is light, it seems to accompany the desire to elevate oneself while carrying with it the preciousness of what already belongs to the cultural, emotional and even material baggage of the protagonist of the feeling. In La luce dietro il velo (The Light Behind the Veil) is revealed all of Teresa Miccichè‘s intimist impulse, that desire to highlight how much there can be beyond an impeccable form that at times is difficult even to recognise beyond its appearance; yet sooner or later there will come a time when going deeper will be necessary because the circumstances that follow one another are functional to the evolution of the individual, to increasing his consciousness and inducing him to reach a higher degree of elevation than the previous level. The light to which the artist alludes in the title is the inner light, that luminosity often buried under contingency that sooner or later needs to be let out, to be understood in its complexity and accepted in its most superior and spiritual form capable of amplifying the outer beauty; this is why the visible part of the woman is depicted in black and white, to emphasise how consciousness can emerge in the light of gold, which in this case therefore does not represent the material link but that with spirituality, only after an effort of elevation from self-limiting beliefs.

The canvas Polynesian, on the other hand, is more aesthetic, more linked to the traditional themes of Secessionism and Art Nouveau to which, however, Teresa Miccichè adds the modern touch of the spatula for the painting of the background and foreground on the left, almost as if to dissolve the atmosphere in order to focus the gaze on the shy and reserved expression of the woman whose attention to the decoration of her dress and hairstyle belonging to worlds far removed from the western one, to a culture more attentive to the connection with nature and with the soul that exists in all living forms and yet linked to the care of the exterior aspect that becomes enrichment and embellishment of all that belongs to the interiority. It is therefore possible, the artist seems to suggest, to maintain a balance between both parts of being a woman, the more frivolous and the more intense, precisely because it is through the awareness of one’s own weakness and strength that it is possible to maintain a stability within the more real essence without renouncing either part. Teresa Miccichè began her exhibition career in 2015 and since then her artworks have taken part in group exhibitions in Italy and abroad – Malaga, New York, Copenhagen, Athens, Paris, Washington, Miami, Los Angeles – receiving acclaim from the public and the critics.