L’osservazione profonda di tutto ciò che ruota intorno all’individuo è sempre stata oggetto di studio e di rappresentazione da parte degli artisti nel corso della storia dell’arte di ogni tempo e l’emozione tendeva a fuoriuscire malgrado la focalizzazione fosse sull’armonia cromatica, o sull’attinenza alla realtà delle opere. Il processo di interiorizzazione consapevole cominciò a fuoriuscire nei primissimi anni del Novecento fino a giungere alla modernità, dove ciascun artista sa di non dover appartenere a un movimento artistico o di attenersi alle linee guida di una corrente piuttosto tende a mescolare le tecniche e gli stili assecondando solo il proprio intento pittorico, ascoltando unicamente la propria voce interiore. La protagonista di oggi ha sviluppato nel corso del tempo un linguaggio suggestivo e personale in grado di avvolgere letteralmente l’osservatore conducendolo dentro i suoi panorami emozionali.
Già a partire dalla metà dell’Ottocento vi fu una tendenza da parte di un ristretto gruppo di artisti, quelli appartenenti al Romanticismo Inglese, a lasciare che i loro paesaggi spesso tempestosi e sublimi, come quelli dell’incredibile William Turner, fossero permeati dalle sensazioni, da quel rapimento, da quella fascinazione che esercitava la forza della natura sulla loro capacità di prendere atto dell’inconsistenza dell’essere umano davanti a tanta maestosità. Dopo la parentesi romantica il Realismo tornò a occuparsi delle scene quotidiane, delle riproduzioni dei nobili così come della vita della popolazione più povera, riproducendo la natura solo come contorno dell’esistenza dell’uomo e fu solo alla fine del Diciannovesimo secolo, con l’affermarsi di un nuovo modo di fare arte, che il rapporto tra natura e artisti cambiò ancora una volta; quel cambiamento ebbe inizio in Francia e prese il nome di Impressionismo, movimento che malgrado l’intenzione di partenza di riprodurre la bellezza, le luci e le ombre e i panorami nel loro volto più reale, tralasciando o mettendo in secondo piano l’emozione per concentrarsi sulla forma, non poté fare a meno di regalare opere in grado di toccare le corde interiori di un pubblico sempre più ammaliato dalla leggerezza e delicatezza delle tele di Claude Monet e di Alfred Sisley, i due che più concentrarono la loro produzione sulla natura. La loro intenzione era quella di riprodurre la realtà, il risultato è stato quello di ammaliare l’osservatore e trascinarlo in un mondo incantato in cui tutta l’interiorità era coinvolta attraverso la leggerezza di un tocco pittorico breve, frammentato eppure in grado di infondere il senso del tutto. Impréssion au soleil levant emoziona esattamente per l’immediatezza, la rarefazione dell’atmosfera e per evocare un’immagine cara ai francesi che quell’epoca l’hanno vissuta e al mondo che l’ha potuta conoscere e sognare grazie al fondatore dell’Impressionismo. L’artista di origini romagnole Loretta Pittarello si lega fortemente alla tradizione paesaggistica che tanto spazio ebbe prima di tutta la rivoluzione artistica che contraddistinse i primi anni del Novecento e che solo intorno alla metà del secolo si riavvicinò alla pura contemplazione visiva del paesaggio sia con la Scuola Romana che con il gruppo milanese del Novecento contraddistinti però da una figurazione più netta, volumetrica, essenziale.
Nelle opere della Pittarello invece emergono influenze impressioniste, mescolate alla sua necessità di sperimentare e di fondere materiali pittorici diversi come l’acquarello, l’acrilico, l’olio a volte utilizzati insieme, ma soprattutto di esprimere un mondo emotivo in grado di assorbire, come una spugna, sensazioni e fotogrammi di immagini che poi sono raccontati non nel loro dettaglio oggettivo bensì dal punto di vista emozionale, coinvolgente proprio in virtù di quell’essere sospesi in una dimensione più elevata rispetto a quella reale, eppure incredibilmente concreta, quasi tangibile nella sua empiricità. La gamma cromatica si armonizza con il mondo emotivo senza sconfinare nell’Espressionismo, perché in fondo pur appartenendo al sogno, all’anima e al mondo interiore le opere di Loretta Pittarello restano aggrappate alla realtà dell’istante in cui lo sguardo si è posato su quegli scenari poetici solleticando la fantasia dell’artista che ha reso l’atto pittorico un momento di profonda connessione con quelle ambientazioni, lasciandone trasparire gli aspetti più essenziali, più intimi, più connessi con le energie sottili che si percepiscono solo attraverso l’anima.
La delicatezza espressiva è quasi poetica, musicale nel narrare l’impalpabilità di atmosfere crepuscolari o notturne, quando però giunge la luna a rischiarare il buio, come se nel mondo di Loretta Pittarello l’oscurità esistesse solo come fase necessaria all’attesa del giorno e dunque senza la connotazione di cupezza bensì con quella consapevolezza di poter trovare sempre una luce, forse riferendosi alla propria luce, quella interiore in grado di guidare l’individuo anche nei momenti più difficili.
L’aspetto che dona alla notte è pertanto accogliente, rilassante, come nella tela Cielo e mare in cui predominano i toni dell’azzurro, dunque freddi, per narrare un’atmosfera morbida, accogliente, rassicurante nella sua calma; il mare non è agitato bensì fermo quasi a voler invitare l’osservatore a perdersi nella sua bellezza mozzafiato, nella sua capacità di donare quel senso di pace che spesso difficilmente si può trovare altrove, nella frenesia della vita contemporanea. Dunque la dimensione onirica emerge e sovrasta la necessità dell’uomo contemporaneo di restare attaccato al pragmatismo, spingendolo ad andare oltre, a lasciarsi trasportare nell’indefinito, nelle sensazioni troppo spesso lasciate in secondo piano rispetto a tutto ciò che costituisce la contingenza; alla maniera impressionista la Pittarello gioca con la luce, con i riflessi, con le impalpabilità delle immagini ammorbidendo i dettagli per lasciar prevalere la totalità dell’ambiente.
Nell’opera Paesaggio della mia mente l’artista enfatizza la sua attitudine a osservare ogni cosa attraverso lo sguardo interiore, quello con cui mescola il presente e il passato, il reale e l’immaginato per dar vita a un luogo incantato, che esiste ma potrebbe anche non esistere poiché somma di molti altri posti visitati o vissuti; i particolari appena accennati infatti sembrano appartenere a epoche diverse, a stagioni differenti, così come gli alberi a sinistra appartengono alla stagione fredda mentre la casa e il sole a destra sono collocati in estate, eppure entrambi i mondi sono raccontati dalla Pittarello come se fossero parti di un’unica realtà, quella appunto della sua memoria emotiva.
Gioca con i riflessi, prediligendo le atmosfere acquatiche proprio per la loro caratteristica di fluidità, di potenziale cambiamento, di pulizia delle emozioni più tristi o cupe per tendere verso una serenità apparentemente utopica ma in realtà molto più facilmente raggiungibile di quanto l’essere umano sia in grado di immaginare, perché attraverso il ritorno alla semplicità, la connessione con la propria interiorità, è possibile ritrovare la calma e l’equilibrio che spesso viene a mancare nell’esistenza moderna.
Nel dipinto No war Loretta Pittarello racconta del fumo che segue le esplosioni, di case e palazzi avvolti dalla devastazione di una guerra non voluta, non cercata, eppure subita poiché, come troppo spesso accade, le scelte sconsiderate di pochi ricadono sui molti che sono coloro i quali subiscono più perdite; il riferimento non è a un conflitto in particolare bensì è esteso a tutte le guerre del mondo, a tutti i luoghi dove sarebbe bastato poco per avere la pace mentre qualcuno ha preferito giungere e devastare tutto. L’atmosfera è cupa in questo caso, sembra quasi sentire il fragore delle bombe che fuoriescono dall’opera e lasciano quella scia di tristezza emotiva dovuta all’impotenza di poter fare qualcosa per cambiare il corso degli eventi ma inducendo anche la riflessione su quanto invece sia possibile fare, unendosi tra popoli, per evitare che altri eventi bellici si ripetano.
L’approccio positivo all’esistenza e alla vita che contraddistingue Loretta Pittarello non può fare a meno di emergere attraverso i suoi lavori che conquistano l’osservatore trascinandolo nei suoi panorami incantati, delicati, sognati e costituiti da natura, cielo, mare, e in cui l’uomo è solo vagamente coprotagonista, poiché la sua presenza è marginale in un approccio pittorico in cui le sensazioni devono essere il punto di vista principale; pertanto all’essere umano è richiesto di stare fuori dai luoghi descritti e osservarli, emozionandosi, con lo stesso sguardo dell’artista e divenendo così protagonista nel sentire. Loretta Pittarello, dopo aver vissuto a Treviso, Padova e Roma, attualmente vive e lavora a Ostia; pittrice da sempre ha studiato con i maggiori maestri d’arte romani e nel corso della sua carriera ha partecipato a numerose mostre collettive in Italia e a due in Cina, ed è spesso ospite delle mostre dell’Associazione Cento Pittori di via Margutta.
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The profound observation of everything that revolves around the individual has always been the object of study and representation by artists throughout the history of art of all times, and emotion tended to seep out despite the focus being on chromatic harmony, or on the relevance to reality of the artworks. The process of conscious internalisation began to spill over in the very early years of the 20th century into modernity, where each artist knows that he does not have to belong to an artistic movement or adhere to the guidelines of a current, but rather tends to mix techniques and styles, only going along with his own pictorial intent, listening solely to his inner voice. Today’s protagonis has developed over the course of time, an evocative and personal language capable of literally enveloping the observer, leading him into her emotional landscapes.
As early as the mid-nineteenth century, there was a tendency on the part of a small group of artists, those belonging to English Romanticism, to allow their often stormy and sublime landscapes, like those of the incredible William Turner, to be permeated by sensations, by that rapture, that fascination that the power of nature exerted on their ability to take note of the inconsistency of the human being in front of such majesty. After the Romantic interlude, Realism went back to deal with everyday scenes, reproductions of the nobility as well as the life of the poorer population, reproducing nature only as an outline of human existence, and it was only at the end of the 19th century, with the emergence of a new way of making art, that the relationship between nature and artists changed once again; that change began in France and took the name of Impressionism, a movement that, despite the initial intention to reproduce beauty, light and shadow and landscapes in their most real face, leaving out or relegating emotion to the background to concentrate on form, could not fail to produce artworks capable of touching the inner chords of a public increasingly captivated by the lightness and delicacy of the canvases of Claude Monet and Alfred Sisley, the two who most focused their production on nature. Their intention was to reproduce reality, and the result was to bewitch the observer and draw him into an enchanted world in which all interiority was involved through the lightness of a brief, fragmented pictorial touch, yet capable of instilling a sense of the whole. Impréssion au soleil levant excites precisely for its immediacy, the rarefied atmosphere and for evoking an image dear to the French who lived through that era and to the world that was able to know and dream of it thanks to the founder of Impressionism. The Romagna-born artist Loretta Pittarello is strongly linked to the landscape tradition that had so much space before the whole artistic revolution that characterised the early 20th century and that only around the middle of the century came closer to the pure visual contemplation of the landscape with both the Roman School and the Milanese Novecento group, which were, however, characterised by a sharper, volumetric, essential figuration. In Pittarello’s paintings, on the other hand, impressionist influences emerge, mixed with her need to experiment and to blend different pictorial materials such as watercolour, acrylic and oil sometimes used together, but above all to express an emotional world capable of absorbing, like a sponge, sensations and photograms of images that are then recounted not in their objective detail but from an emotional point of view, enthralling precisely by virtue of that being suspended in a dimension higher than the real one, yet incredibly concrete, almost tangible in its empiricality.
The chromatic range harmonises with the emotional world without trespassing into Expressionism, because in the end, although they belong to the dream, to the soul and to the inner world, Loretta Pittarello’s artworks cling to the reality of the instant in which her gaze rests on those poetic scenarios, tickling the imagination of the artist who has made the act of painting a moment of profound connection with those settings, allowing the most essential, most intimate aspects to transpire, more connected with the subtle energies that can only be perceived through the soul. The expressive delicacy is almost poetic, musical in narrating the impalpability of crepuscular or nocturnal atmospheres, when, however, the moon arrives to illuminate the darkness, as if in Loretta Pittarello’s world darkness existed only as a necessary phase in waiting for the day, and therefore without the connotation of gloom but rather with the awareness that one can always find light, perhaps referring to one’s own light, the inner light capable of guiding the individual even in the most difficult moments. The aspect she gives to the night is therefore welcoming, relaxing, as in the canvas Sky and Sea in which the predominant tones are blue, therefore cold, to narrate a soft, welcoming atmosphere, reassuring in its calm; the sea is not agitated but rather still as if to invite the observer to lose himself in its breathtaking beauty, in its ability to give that sense of peace that is often difficult to find elsewhere, in the frenzy of contemporary life. So the dreamlike dimension emerges and overpowers contemporary man’s need to remain attached to pragmatism, pushing him to go beyond, to let himself be transported into the indefinite, into sensations too often left in the background compared to all that constitutes contingency; in the Impressionist manner Pittarello plays with light, with reflections, with the impalpability of images, softening the details to let the totality of the environment prevail.
In the painting Landscape of My Mind, the artist emphasises her attitude of observing everything through her inner gaze, the one with which she mixes the present and the past, the real and the imagined to give life to an enchanted place, which exists but may also not exist because it is the sum of many other places visited or experienced; the details barely mentioned in fact seem to belong to different eras, to different seasons, just as the trees on the left belong to the cold season while the house and the sun on the right are located in summer, yet both worlds are recounted by Pittarello as if they were parts of a single reality, that of her emotional memory. She plays with reflections, preferring aquatic atmospheres precisely because of their characteristic fluidity, potential change, cleansing of the saddest or darkest emotions to tend towards an apparently utopian serenity but in reality much more easily attainable than human beings are capable of imagining, because through a return to simplicity, a connection with one’s own interiority, it is possible to find the calm and balance that is often lacking in modern existence. In the painting No war, Loretta Pittarello tells of the smoke that follows the explosions, of houses and buildings shrouded in the devastation of a war that was not wanted, not sought after, and yet endured because, as all too often happens, the ill-considered choices of the few fall on the many who suffer the most losses; the reference is not to one conflict in particular but is extended to all the wars in the world, to all the places where it would have sufficed to have peace while someone preferred to arrive and devastate everything.
The atmosphere is gloomy here, it almost seems as if one can hear the roar of the bombs that come out of the artwork and leave a trail of emotional sadness due to the powerlessness of being able to do something to change the course of events, but also inducing reflection on how much instead can be done, by uniting peoples, to prevent other war events from happening again. The positive approach to existence and life that distinguishes Loretta Pittarello cannot help but emerge through her paintings, which captivate the observer by drawing him into her enchanted, delicate, dreamlike panoramas made up of nature, sky and sea, and in which man is only vaguely a co-protagonist, since his presence is marginal in a pictorial approach in which sensations must be the main point of view; therefore, the human being is asked to stand outside the described places and observe them, becoming emotional, with the same gaze as the artist and thus becoming the protagonist in feeling. Loretta Pittarello, after having lived in Treviso, Padua and Rome, currently lives and works in Ostia; she has always been a painter and has studied with the major Roman masters of art. During her career she has participated in numerous collective exhibitions in Italy and in two in China, and is often guest at the exhibitions of the Cento Pittori di via Margutta Association.
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