Ma lei ci crede al linguaggio delle stelle?
“Ci sono migliaia di anni di storia dell’astrologia che rispondono per me. L’immenso libro delle stelle è stato letto e riletto da sempre. Occhi di uomini preistorici, occhi egiziani, greci, di popolazioni africane misteriose come i Dogon. Chiedevano alle stelle tutto, anche il perché dell’esistenza. Prima del futuro, loro chiedevano il perché del passato. Poi la civiltà, il progresso apparente, ha annebbiato quegli occhi. C’è una foschia, una nuvolaglia di smog che quasi impedisce di leggere le stelle. Siamo rimasti in pochi astrologi. Molti ci guardano con sospetto, pensano che inventiamo il futuro con la nostra fantasia e basta. E invece leggiamo, come leggevano i Dogon”.
E il terzo millennio che cosa rappresenta?
“Un presente, un lungo oggi che scivola via. Per gli astrologi il futuro è già qui. Soltanto gli uomini, legati all’illusione dell’orologio, festeggiano il capodanno”.
Lei prevede tutti i giorni l’oroscopo per un quotidiano, lo fa credendoci?
“Scrivo quello che non fa male. Se dovessi scrivere tutto quello che leggo nelle stelle, segno per segno, metterei paura, sarei odiata da mezzo mondo. Purtroppo, nelle stelle sta scritto un destino sempre più difficile per l’uomo. Io lo leggo, intuisco, cerco di dimenticare”.
Ma il libero arbitrio? L’uomo del terzo millennio può cambiare il suo destino?
“L’uomo può cambiare ogni istante del suo destino. Basta che lo voglia. Ma è facile non pensare, lasciarsi andare al tempo che scivola via. E’ troppo faticoso il ragionamento esistenziale, non ti permette mai di rilassare i nervi dell’anima. Io la capisco la gente che non vuole pensare. Leggo nelle stelle la fatica di vivere, casa per casa, individuo per individuo”.
C’è gente che dice che voi volete sfidare Dio.
“Io leggo le stelle, altri leggono le mani, i piedi, e altri i tronchi degli alberi. Sta scritta dappertutto la nostra vita, il nostro futuro. Basta sfruttare quelle cellule del cervello e dell’anima che non sfruttiamo mai. Le lasciamo dormire. Abbiamo quasi paura di farle vibrare. E il progresso intorno a noi ci aiuta a non farle vivere. Quasi a farle morire. Le comodità fisiche, i televisori, i telefonini, tutto ci aiuta a recepire senza fatica. Tutto ci porta alla passività. Noi riceviamo, immagazziniamo le energie dall’esterno. Ma non sappiamo che dentro possediamo energia atomica. Siamo più forti delle onde magnetiche, più forti di qualsiasi reattore. Basta scomodare quelle cellule cerebrali e dell’anima. Loro aspettano soltanto un nostro respiro, per esplodere in una vitalità a noi sconosciuta”.
Sono esplose nella mente e nell’anima dei grandi profeti. Come Nostradamus.
“Può essere. Ma un giorno queste forze esploderanno anche nel più semplice degli uomini. Non occorre conoscere a memoria autori e opere d’arte, avere in tasca lauree o specializzazioni. Più l’uomo è umile e solo, più le stelle lo aiutano. Non aspettano altro gli astri, che mettersi in contatto con l’uomo primordiale. La tecnologia intorno, non è altro che un paravento, un’illusione di crescere, di salire fino a un Dio che sta oltre le nuvole. Le stelle sono più forti di noi. Ci condizionano fin dalla nascita. Veniamo al mondo sotto costellazioni misteriose. Influenze astrali, che battezzano il nostro piccolo cranio mentre esce dall’utero. L’uomo non sa quanto le stelle siano madri e padri. Ogni creatura è figlia di coppie astrali, di comete misteriose che la battezzano. Dobbiamo sempre ricordarlo: la più piccola foglia, del più piccolo albero, dipende direttamente da una stella lontana, introvabile dal nostro occhio”.
Ma questo lei non lo scrive sul suo giornale.
“Nessuno mi crederebbe. Oppure darei fastidio all’opinione pubblica. Mi prenderebbero per un’esaltata. Sospenderebbero sicuramente le mie rubriche”.
Quando finirà questo mondo?
“Siamo nel terzo millennio e tutti gli uomini si domandano questo. Vi rispondo che l’universo è come il corpo umano. Basta che una piccola vena del cervello impazzisca, e per l’uomo è finita. Nessuno scienziato al mondo può prevedere l’istante della follia della piccola vena. Così l’universo, da un istante all’altro l’ictus è in agguato. Forse un pastore, chissà su quale prato, può prevedere quella fine universale. Non certo lo scienziato”.
Arriverà mai la felicità per noi uomini?
“Un’ora di quiete sulla terra, equivale già al miracolo della felicità. Noi non ce ne accorgiamo, ma l’universp ci regala anni di possibile felicità. Che poi vuole dire poter respirare, immergere una mano nell’acqua di mare, osservare il volo di una rondine. La felicità è quella di poter parlare, come io faccio con te, e di poter ascoltare, come tu fai con me. Pensa che mentre noi dialoghiamo, nell’universo le stelle stanno esplodendo, le comete stanno viaggiando verso il gelo”.
Che cosa deve chiedere l’uomo a questo terzo millennio?
“Un istante, un solo istante di vero amore”.