Nell’arte attuale i creativi hanno la libertà, ma anche la tendenza, a rivisitare i percorsi scoperti e battuti nel secolo precedente, mescolandoli e personalizzandoli sulla base del proprio sentire e della propria inclinazione. Da questa attitudine nascono sperimentazioni stilistiche che non solo vanno a ridisegnare le linee guida dei movimenti a cui si ispirano, ma elaborano nuovi punti di vista sul modo di affrontare la pittura o la scultura, o in alcuni casi entrambi perché anche la fusione tra due discipline originariamente separate può diventare funzionale a dare sfogo all’originalità dell’esecutore dell’opera che così si distacca dalla sensazione del somigliare a qualcun altro, divenendo colui che ha reinterpretato. Il protagonista di oggi appartiene a questa categoria di creativi e attraverso il suo anticonformismo espressivo dà corpo alle proprie emozioni introducendo gli elementi che hanno composto la sua vita e il suo percorso formativo.
Quando intorno alla metà del Ventesimo secolo e dopo il rifiuto dell’emozione nella tecnica più innovativa della prima parte del secolo, quella dell’Astrattismo in tutte le sue forme, negli Stati Uniti un gruppo di artisti ritenuti rivoluzionari, decise di riappropriarsi della soggettività e del sentire dell’esecutore dell’opera ritenendole parte imprescindibile dell’atto creativo; l’Espressionismo Astratto, questo il nome del movimento fondato tra gli altri da Jackson Pollock che ne divenne l’esuberante ed eclettico attore principale, volle tra le sue linee guida esattamente quel mondo interiore escluso dal razionalismo del De Stijl, del Suprematismo, dell’Astrattismo Geometrico e dell’Arte Concettuale, perché di fatto le opere di queste correnti non riuscivano a coinvolgere il pubblico esattamente a causa della mancanza del pathos espressivo. Per esaltare questo soggettivismo Pollock e i suoi colleghi fondatori scelsero di non arginare la libertà stilistica degli appartenenti al movimento, accogliendo tra le sue fila esponenti del Color Field, del Tachisme, del Minimalismo, del segno grafico e, ovviamente, del Dripping. Parallelamente al movimento statunitense, anche in Europa e in Italia le nuove idee presero piede conquistando tutto quel gruppo di creativi che avevano bisogno di liberare la propria interiorità e che però, in special modo in Italia, avvertirono la necessità di darvi più consistenza introducendo nelle tele la materia, inaspettata, riutilizzata, rendendo così viscose e strutturate quelle emozioni lasciate fluire liberamente. Alberto Burri fu forse il maggior rappresentante italiano di un’Arte Informale che da un lato aveva recuperato l’istinto e la passionalità, dall’altro si era aperta all’interazione con le esperienze puramente Concettuali che avevano fatto dell’oggetto il protagonista assoluto di un’opera in cui la mente e il ragionamento dovevano prevalere sull’emozione. Poco dopo il Nouveau Réalisme francese introdusse l’idea di pittoscultura laddove gli oggetti erano materiali utilizzati e poi gettati nella spazzatura e che, grazie a quella che fu di fatto un’anticipazione dell’Arte del Riciclo, potevano diventare protagonisti di opere che tendessero verso il grande pubblico per la semplicità di comprensione e per l’ironia rappresentativa.
L’artista umbro Gabriele Bentivogli sceglie l’Espressionismo Astratto come manifestazione formale delle sue opere e anche per la libertà istintiva che il Dripping, da lui spesso scelto come tecnica esecutiva, infonde accordandosi a una natura vivace e vitale che solo attraverso il gesto creativo riesce a trovare appagamento; tuttavia non può non introdurre anche la materia, per lo stesso intento di Burri di dare consistenza e spessore alla narrazione interiore, associando al colore oggetti appartenuti al suo passato di studente di musica, oppure sperimentando l’interazione con elementi della natura, e in altri casi invece prodotti industriali, che divengono parte integrante dell’opera e soggetti esplicativi dei significati espressi con i titoli. Malgrado i molti anni di studio del pianoforte, Bentivogli ha sempre mostrato un’anima fortemente orientata all’arte figurativa al punto che fin dalle scuole dell’obbligo ha vinto concorsi regionali e un suo progetto è stato scelto per ristrutturare una delle piazze più centrali della sua città, Terni; dunque dopo aver preso atto della sua naturale attitudine sceglie proprio l’arte come percorso che lo vedrà misurarsi con diverse tecniche fino a giungere al suo stile attuale, un Espressionismo Astratto Materico dove proprio la materia diverrà la principale caratteristica.
Nel suo Dripping non c’è l’irruenza tipica di Jackson Pollock, piuttosto una base ritmata e armonica, come fosse accompagnata dalle note che hanno contraddistinto parte del suo percorso formativo, su cui spesso a irrompere è la forza di strumenti musicali ben visibili al punto di divenire protagonisti principali delle sensazioni raccontate, altre invece emergono i rilievi di oggetti nascosti dalle tonalità cromatiche su cui subentrano per dare maggiore spessore ad alcuni dettagli. Il risultato è un impatto emozionale forte che va a interagire con lo spazio circostante, cercando un dialogo verso l’esterno per raggiungere con maggiore forza le corde interiori; dunque l’atto liberatorio di Bentivogli, che si compie con il gesto plastico della creazione, diviene canale comunicativo per sollecitare una reazione spontanea dell’osservatore che non può fare a meno di lasciarsi catturare dalla struttura della materia domandandosi il significato nascosto che l’artista ha voluto esprimere.
Non diventare schiavo degli schemi è un’opera intensa, emblematica dell’alternarsi tra ordine e caos, tra desiderio di scegliere un equilibrio conforme alle regole della società, e l’impulso di andare oltre ogni gabbia formale per decidere di essere ciò che la propria natura suggerisce, o a volte impone; il violino, bianco ed elegante, diviene il centro di quell’esplosione e rappresenta l’istinto creativo primordiale il quale spinge l’individuo a non lasciarsi intrappolare da ciò che altri decidono o scelgono bensì ad andare verso quella sovversione di regole apparentemente negativa eppure assolutamente liberatoria.
Il tema dell’opposizione, del contrasto, dell’alternanza tra bene e male, tra positivo e negativo, che appartiene alla natura umana, ritorna anche nella tela Eterno contrasto dove però la linea di demarcazione tra le due parti non è netta, nella parte bianca interagisce il nero e nella parte nera interagisce il bianco, evidenziato dalla presenza di piccoli sassi, perché in fondo, sembra suggerire Bentivogli, le cose non sono mai così definite come la società vorrebbe far credere, a volte il positivo entra o trasforma il negativo tanto quanto ciò che sembra essere pieno di ombre e di buio viene improvvisamente irrorato di luce. Questo concetto è esaltato dalla foglia materica, realizzata in silicone, che racchiude in sé entrambi gli estremi, come se l’uno non potesse sussistere senza l’altro proprio per il dualismo necessario all’universo e all’essere umano per progredire ed evolversi.
Il polittico Detonazione, composto da cinque tele di grandezza digradante, rappresenta quell’esplosione di sensazioni che fuoriescono inarginabili a seguito di un lungo periodo di silenzio, quando sono state tenute al margine di un’esistenza in cui molto spesso è richiesto di dare la precedenza alla razionalità, al pragmatismo, dimenticando ciò che rende l’individuo quello che è realmente, cioè l’interiorità, il mondo sommerso del groviglio emozionale che prima o poi preme, in maniera sempre più impellente, per uscire e manifestarsi. La materia utilizzata da Bentivogli in questa composizione di tele è costituita da un insieme di fiori secchi, sassi, vetro, legni, ritagli di tela tenuti insieme dallo stucco su cui successivamente interviene con il colore acrilico e infine con gli schizzi di dripping; tutto contribuisce a dare la sensazione della deflagrazione, dello scoppio di tutto ciò che si trovava all’interno del sé e che non poteva più fingere di non esistere.
Ma Gabriele Bentivogli sperimenta anche il polistirolo che utilizza in alcune opere come in Autoritratto, titolo inconsueto per un’opera astratta eppure perfettamente calzante alla personalità dell’artista, eclettica e allergica a ogni regola o definizione precostituita; in quest’opera il legno costituisce la superficie materica, mentre il polistirolo, in alcuni casi bruciato per dare movimento e profondità, funge da base plastica su cui apporre il colore, da cui ricavare forme tondeggianti, il tutto incorniciato da un nastro rosa, quasi a voler sottolineare quanto movimento si crei all’interno di un aspetto o un atteggiamento formale e dunque ingannevole perché la vera sostanza si nasconde dentro i confini.
Gabriele Bentivogli ha partecipato a numerose mostre collettive nella sua città, attualmente lavora prevalentemente su commissione e ha una collaborazione continuativa con il Festival del Cinema di Spello i cui vincitori sono premiati con sue opere; ha partecipato come ospite all’edizione di maggio 2023 della mostra dell’Associazione Storica dei Cento Pittori di via Margutta e ad agosto una sua opera sarà esposta alla Galleria Steiner di Vienna.
GABRIELE BENTIVOGLI-CONTATTI
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In today’s art, creatives have the freedom, but also the tendency, to revisit the paths discovered and beaten in the previous century, mixing them up and personalising them on the basis of their own feeling and inclination. This attitude gives rise to stylistic experiments that not only redraw the guidelines of the movements they are inspired by, but also elaborate new points of view on how to approach painting or sculpture, or in some cases both, because even the fusion of two originally separate disciplines can become functional to give vent to the originality of the author of the artwork, who thus breaks away from the feeling of resembling someone else, becoming the one who has reinterpreted. Today’s protagonist belongs to this category of creatives and through his expressive nonconformity he gives substance to his emotions by introducing the elements that made up his life and his training.
When, around the middle of the 20th century and after the rejection of emotion in the most innovative technique of the first part of the century, that of Abstractionism in all its forms, in the United States a group of artists considered revolutionary, decided to re-appropriate the subjectivity and feeling of the executor of the artwork, considering them an indispensable part of the creative act; Abstract Expressionism, the name of the movement founded among others by Jackson Pollock who became its exuberant and eclectic main actor, wanted among its guidelines exactly that inner world excluded from the rationalism of De Stijl, Suprematism, Geometric Abstractionism and Conceptual Art, because in fact the works of these currents failed to involve the public due precisely to the lack of expressive pathos. In order to exalt this subjectivism, Pollock and his fellow founders chose not to curb the stylistic freedom of the movement’s members, welcoming into its ranks exponents of Colour Field, Tachism, Minimalism, Graphic Sign and, of course, Dripping. Parallel to the American movement, the new ideas also took hold in Europe and Italy, conquering the entire group of creatives who needed to free their inner selves and who, however, especially in Italy, felt the need to give it more consistency by introducing matter into their canvases, unexpectedly, reused, thus making those emotions left to flow freely viscous and structured. Alberto Burri was perhaps the greatest Italian representative of an Informal Art that on the one hand had recovered instinct and passion, and on the other had opened up to interaction with purely Conceptual experiences that had made the object the absolute protagonist of a work in which the mind and reasoning were to prevail over emotion. Shortly afterwards, the French Nouveau Réalisme introduced the idea of pictosculpture where objects were materials that had been used and then thrown in the rubbish and that, thanks to what was in fact an anticipation of the Art of Recycling, could become the protagonists of artworks that tended towards the general public for their simplicity of comprehension and irony of representation.
The Umbrian artist Gabriele Bentivogli chooses Abstract Expressionism as the formal manifestation of his works and also for the instinctive freedom that Dripping, which he often chooses as his technique of execution, infuses, tuning in to a lively and vital nature that can only find fulfilment through the creative gesture; however, he cannot fail to introduce matter as well, for Burri‘s same intention was to give consistency and depth to the inner narrative, associating colour with objects that belonged to his past as a music student, or experimenting with the interaction with elements of nature, and in other cases with industrial products, which become an integral part of the artwork and explanatory subjects of the meanings expressed with the titles. Despite his many years of studying the piano, Bentivogli has always shown a soul strongly oriented towards figurative art, to the point that he won regional competitions as early as his compulsory school years, and one of his projects was chosen to renovate one of the most central squares in his city, Terni. So, after realising his natural aptitude, he chose art as the path that would see him measure himself with different techniques until he reached his current style, an Materic Abstract Expressionism where matter became the main feature. In his Dripping there is not the typical impetuosity of Jackson Pollock, but rather a rhythmic and harmonic base, as if accompanied by the notes that marked part of his training, on which the force of musical instruments often burst out, clearly visible to the point of becoming the main protagonists of the sensations told, while at other times the reliefs of objects emerge, hidden by the chromatic tones on which they take over to give greater depth to certain details. The result is a strong emotional impact that interacts with the surrounding space, seeking a dialogue with the outside world in order to reach the inner chords with greater force. Bentivogli‘s liberating act, therefore, which is accomplished with the plastic gesture of creation, becomes a communicative channel to solicit a spontaneous reaction from the observer who cannot help but allow himself to be captured by the structure of the material, wondering about the hidden meaning that the artist wanted to express.
Do not become a slave to schemes is an intense work, emblematic of the alternation between order and chaos, between the desire to choose a balance that conforms to society’s rules, and the impulse to go beyond any formal cage to decide to be what one’s own nature suggests, or sometimes imposes; the violin, white and elegant, becomes the centre of that explosion and represents the primordial creative instinct that drives the individual not to let himself be trapped by what others decide or choose but to move towards that subversion of rules that is apparently negative yet absolutely liberating. The theme of opposition, of contrast, of the alternation between good and evil, between positive and negative, which belongs to human nature, also returns in the canvas Eternal Contrast where, however, the dividing line between the two parts is not clear-cut, in the white part black interacts and in the black part white interacts, highlighted by the presence of small stones, because in the end, Bentivogli seems to suggest, things are never as defined as society would have us believe, sometimes the positive enters or transforms the negative as much as what seems to be full of shadows and darkness is suddenly bathed in light. This concept is enhanced by the material leaf, made of silicone, which encompasses both extremes, as if one could not exist without the other precisely because of the dualism necessary for the universe and human beings to progress and evolve. The polyptych Detonation, made up of five canvases of degrading size, represents that explosion of sensations that come out inarginable after a long period of silence, when they have been kept at the margins of an existence in which very often priority is given to rationality, to pragmatism, forgetting what makes the individual what he really is, that is, interiority, the submerged world of emotional tangle that sooner or later presses, in an increasingly impelling manner, to come out and manifest itself.
The material used by Bentivogli in this composition of canvases is made up of a mixture of dried flowers, stones, glass, wood, scraps of canvas held together by putty on which he then intervenes with acrylic paint and finally with dripping splashes; everything contributes to the sensation of deflagration, of the bursting of everything inside the self that could no longer pretend not to exist. But Gabriele Bentivogli also experiments with polystyrene, which he uses in certain artworks such as in Selfportrait, an unusual title for an abstract work and yet one that fits perfectly with the artist’s personality, which is eclectic and allergic to any pre-established rule or definition; in this construction, wood constitutes the material surface, while polystyrene, in some cases burnt to give movement and depth, serves as a plastic base on which to affix colour, from which to obtain rounded shapes, all framed by a pink ribbon, as if to emphasise how much movement is created within a formal appearance or attitude, and therefore deceptive because the true substance is hidden within the boundaries. Gabriele Bentivogli has taken part in numerous group exhibitions in his city, currently works mainly on commission and has an ongoing collaboration with the Spello Film Festival whose winners are awarded with his artworks; he participated as a guest at the May 2023 edition of the exhibition of the Associazione Storica dei Cento Pittori di Via Margutta and in August one of his works will be exhibited at the Steiner Gallery in Vienna.
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