Rispetto ai veicoli a benzina, quelli elettrici hanno una notevole qualità: non inquinano. Vennero realizzati parecchi anni prima rispetto ai mezzi di locomozione che avevano il motore a combustione interna.
Come abbiamo accennato nel primo articolo (Gli albori dell’automobilismo), lo scozzese Anderson apportò delle modifiche ad una carrozza, facendola diventare una carrozza-automobile con motore elettrico, era il 1839. Anderson aveva iniziato a lavorare, con lo scopo di ottenere una carrozza di tale tipo, nel 1832. Nel 1835 il professor Sibrandus Stratingh progettò un’auto elettrica, costruita dal collaboratore Cristopher Becker.
Grazie all’accumulatore elettrico al piombo, ideato dal fisico francese Gaston Planté, la progettazione e la realizzazione di veicoli elettrici ebbe un ottimo sviluppo. L’accumulatore, inventato nel 1859, è la più antica batteria ricaricabile, molto usata nelle automobili.
La pila Planté era formata da lastre in piombo messe nell’acido solforico diluito in acqua. L’isolante delle lastre era di gutta-percha, che si ricava da un albero. Camille Alphonse Faure apportò dei miglioramenti alla capacità dell’accumulatore al piombo, inventato da Planté. Grazie ad una miscela di solfati di piombo che aderivano alla lastra, la capacità della batteria aumentava.
Le auto elettriche si rivelarono assai performanti, il 29 aprile 1899 il belga Camille Jenatzy riuscì a raggiungere la considerevole velocità di 105,88 Km/h con la sua vettura “La Jamais Contente”.
La Baker Electric fu la ditta che si impose più velocemente a livello nazionale. La presentazione ufficiale avvenne al Salone dell’Automobile al Madison Square Garden nel 1900. La Baker Stanhope, così era stata denominata l’automobile, veniva pubblicizzata evidenziando la semplicità di funzionamento e le caratteristiche di estrema pulizia e poco rumore in confronto alle vetture con gas di scarico.
La più grande pubblicità per una macchina veniva offerta da una corsa vinta e da qualche record della velocità battuto. Walter C. Baker, il progettista e produttore delle vetture, lo sapeva bene e corse nel giugno 1902 sullo Staten Island Speedway. Raggiunse, durante le prove, addirittura i 122 Km/h, purtroppo andò a finire tra la folla e due spettatori rimasero uccisi.
Le prime auto elettriche avevano un’ autonomia di 32-84 Km/h e il loro costo era piuttosto elevato.
Va detto che le catene di montaggio introdotte da Ford abbassarono i costi, ma iniziarono a creare lo scontento tra gli operai.
La catena di montaggio venne introdotta il 1° dicembre 1913 nelle fabbriche Ford. La produzione fu senza dubbio efficiente, proprio secondo le teorie di Federick Taylor, che nell’ opera “I principi del management scientifico” espone il suo modo di concepire la suddivisione dei ruoli tra gli operai, a ogni persona va assegnato un preciso movimento, che si ripete nel tempo.
Questo metodo, che consente di ridurre i costi e il tempo di assemblaggio di un’autovettura, dilagherà negli Stati Uniti e in Europa, ma il lavoratore sarà sempre più alienato e stressato. I sindacati denunceranno il problema e anche alcuni registi lo faranno, vanno ricordati i film “Metropolis” (1927) di Fritz Lang e “Tempi moderni” (1936) di Charlie Chaplin.
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