Dalla logistica (58%), ai servizi finanziari (45%) all’automotive (36%): per un manager su 2 (51%) l’intelligenza artificiale può creare business e portare vantaggi in diversi ambiti. Tuttavia il 59% dei soggetti monitorati riscontra, nelle aziende e nei lavoratori, una certa impreparazione nell’affrontare le sfide dovute all’avvento delle nuove tecnologie.
Le prime si trovano a fare i conti con la riorganizzazione strutturale e la formazione delle risorse. Due principali conseguenze dell’introduzione e utilizzo dell’intelligenza artificiale. I lavoratori invece hanno davanti l’opportunità di evolvere competenze e abilità, e di imparare a lavorare insieme alla tecnologia. In questo quadro, secondo i manager, un ruolo focale deve svolgerlo anche il Legislatore. Esso ha il compito di stabilire regole eque senza frenare la spinta a innovare.
Questo è quanto emerge da uno studio promosso dal K&L Gates Legal Observatory in occasione del convegno “Le nuove tecnologie al servizio dell’impresa”. Condotto con metodologia WOA (Web Opinion Analysis) su circa 3.000 manager in Italia. L’obiettivo è quello di analizzare il rapporto tra aziende, lavoro e intelligenza artificiale.
Per il 51% dei manager, se integrate all’interno di una strategia aziendale funzionale e di lungo periodo, possono portare senza dubbio business e vantaggi competitivi sul mercato. Il 19% dei soggetti ritiene che siano un treno imperdibile per non restare indietro e avere maggiori chance future. Il 15% poi ritiene che possano contribuire a migliorare un servizio o un prodotto nell’interesse del consumatore finale. Ovvero rispondere in maniera adeguata alle esigenze del mercato fidelizzandolo. Solo il 12% le reputa un rischio sia per il business che per il lavoro.
Per il 57% è la logistica l’ambito che più può beneficiarne, soprattutto nell’ottica di rendere più efficiente la gestione dei magazzini e collateralmente le operazioni di trasporto. A seguire troviamo i servizi finanziari (45%), nella misura in cui l’intelligenza artificiale può dare un contributo in termini di sicurezza, semplificazione e contrasto alle frodi. Il 36% indica il settore dell’automotive, specie per tutto ciò che è legato allo sviluppo di una mobilità futura senza conducenti. Un quarto dei soggetti monitorati (26%) ritiene che l’intelligenza artificiale possa aiutare il comparto manifatturiero nei processi produttivi come ad esempio l’assemblaggio di precisione. E infine, il 18% indica la sanità il territorio in cui grazie alle nuove tecnologie, si possa velocizzare il lavoro dei medici. Anche a vantaggio della salute dei pazienti.
Al primo posto troviamo la prospettiva di una forte riorganizzazione strutturale (34%) quale conseguenza dell’introduzione e dell’utilizzo dell’intelligenza artificiale all’interno del contesto lavorativo. Emerge di conseguenza anche il bisogno di formare i dipendenti alla piena integrazione con la macchina (29%). Attività educativa che, per certi versi, può anche essere vista come propedeutica alla riqualificazione del lavoro (21%). Infine il 15% ritiene che le aziende saranno sempre più chiamate a rispettare i contesti regolatori in ambiti come la tutela della privacy.
Il 32% dei manager ritiene che quella più impegnativa sia l’apprezzamento dell’opportunità di vedere evolvere le loro competenze e abilità. Implicito a ciò segue la sfida della disponibilità a imparare a lavorare con le nuove tecnologie (26%) e a iniziare a ragionare in termini di maggiore flessibilità (21%). Infine il 19% pensa che la difficoltà principale che i lavoratori dovranno affrontare sarà il dover pensare oltre lo schema della mansione prestabilita, ovvero andare oltre lo storica concezione del ruolo.
La prospettiva sembra essere negativa per il 59% dei manager indagati. Il 24% ritiene infatti che esista una diffuso scetticismo soprattutto verso la gestione della transizione. Mentre il 35% nota un atteggiamento poco proattivo nell’aprirsi al cambiamento. Il 21% si mostra moderatamente ottimista per via degli investimenti in innovazione e formazione che le aziende stanno iniziando a prevedere. Appena il 18%, invece, non è preoccupato di tutto ciò, perché ha verificato direttamente o indirettamente che è già ben consolidato un approccio strategico di aziende e risorse all’utilizzo delle nuove tecnologie.
Per il 37% dei manager l’attore pubblico è fondamentale nello stabilire regole che diano equità senza però mettere un freno all’innovazione. Il 23% invece ritiene che debba farsi garante di un compito che dia coordinamento e omogeneità. Il 20% pensa che il Legislatore debba essere in grado di identificare proattivamente i lavori che più saranno coinvolti grazie all’avvento dell’intelligenza artificiale e, in conseguenza di ciò, assicurare programmi di riqualificazione dei lavoratori (19%).
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