Per il passato e il presente c’è stato un Damiano in continua evoluzione
Si definisce una persona istintiva Damiano Leone. Uomo di Scienza e scrittore accorto e profondo, ha abituato i suoi lettori a testi mai banali ai quali si è dedicato con acuta attenzione. Ha pubblicato di recente “L’inizio della notte”, definibile come un romanzo distopico e “utopico” che narra di scenari apocalittici futuri, che vedono l’umanità ridotta a una minoranza, nonché sostanzialmente decimata dai cambiamenti climatici, dalle calamità naturali, dalle scarsità di risorse e dalle ondate di pandemie. Della sua arte, del suo modo di essere e di vedere il mondo, ci ha parlato a ruota libera l’autore.
Damiano, lei ha studi prettamente scientifici, chi o che cosa l’ha avvicinata alla scrittura e alla narrativa?
La causa diretta risale a un paio di domande che mi posi una ventina di anni fa. La prima verteva sull’eventuale esistenza di una caratteristica mentale che fosse comune e condivisibile non soltanto per qualsiasi individuo sul nostro mondo, ma che fosse universale nel significato più ampio del termine. Inoltre mi chiesi se, nonostante una particolare inclinazione per l’egoismo, che in fin dei conti è la causa principale di ogni problematica sociale, compresa la guerra, l’umanità sarebbe riuscita a sopravvivere a se stessa.
Alla fine, quando credetti di aver trovato risposte plausibili a questi interrogativi, mi resi conto che sembravano abbastanza affascinanti e sorprendenti da essere degne di costruirci attorno un romanzo di grande respiro. Così, dopo aver abbozzato la trama principale e lavorato saltuariamente per alcuni anni, nacque “ Lo spettatore” . In realtà, poi lo pubblicai solo nel 2015 con le Edizioni Leucotea, e solo dopo che con lo stesso editore uscì “Enkidu” un romanzo storico ispirato all’epopea di Gilgamesch.
Scrivere un romanzo può suscitare- secondo alcuni autori- una sorta di esplosione dentro, che ti induce di continuo a pensare alla trama e a testo. E’ così anche per lei?
Beh, che io abbia mai corso il rischio di esplodere per l’impellenza di scrivere, direi di no… Tuttavia, sicuramente faccio parte di quella schiera di autori che, quando lavora, si dedica interamente a quello che fa senza tener conto di orari o esigenze varie. Da qui ne consegue che la mia compagna deve sfoderare capacità di sopportazione, degne di essere presentate a un processo di beatificazione.
In che situazione ama dedicarsi alla scrittura?
Quando credo di avere trovato qualcosa da narrare di veramente originale, e tale da suscitare un vivo interesse nei lettori.
Quando scrive ama farlo di getto o meditarci sopra?
Con la sola eccezione cui ho accennato all’inizio a riguardo a “Lo spettatore”: una volta iniziato a scrivere lo faccio di getto, senza pause rilevanti finché non ho terminato il lavoro.
A proposito di meditazione, per via anche della sua professione, è un aspetto importante della sua vita?
Lo confesso: nei rapporti personali e, nonostante che di anni non ne abbia pochi, per natura sono piuttosto impulsivo. Però trovo stimolante pormi domande e meditare a lungo sulle risposte.
La scrittura, come il suo lavoro, hanno inciso- in qualche maniera- sulla sua visione della vita in generale?
Dal momento che per molti anni mi sono dedicato allo studio della Storia, sicuramente sì. D’altra parte credo sia inevitabile quando, prima di iniziare a scrivere un qualsiasi romanzo, si apprendono e approfondiscono temi di grande importanza storica, sociale ed etica.
Oggi con quali parole la descriverebbe?
La descriverei come la singolare e rara occasione di una limitata creatura organica che, senza alcuna presunzione e riconoscendo l’effettiva impossibilità di riuscirci veramente, tenta di comprendere l’incredibile varietà e complessità della natura umana e dell’universo in cui vive.
E il mondo in generale?
Uscito ai primi di ottobre di quest’anno, il mio ultimissimo lavoro “L’inizio della notte” che in qualche modo rappresenta la continuazione e il completamento de “Lo spettatore” si basa proprio su alcune considerazioni sul mondo e la nostra civiltà in generale. Si tratta di un romanzo sull’immediato futuro che però valuta anche passato e presente della nostra storia. Senza precludere una possibile evoluzione positiva, almeno per la nostra stirpe le conclusioni non sono però troppo ottimistiche: perché se continueremo a considerare il nostro mondo, e anche le altre persone, come una riserva illimitata da saccheggiare, e non ci renderemo finalmente conto di quanto sia necessaria la responsabilità individuale e la collaborazione, di strada non ne faremo ancora molta.
Damiano oggi, ieri e domani, come è, come è stato e come sarà?
Per il passato e il presente c’è stato un Damiano in continua evoluzione. Se così non fosse, allora vorrebbe dire che sarei rimasto refrattario a tutte le numerose esperienze di vita, che non avrebbero mutato nulla del mio pensiero e del mio modo di agire. Per il futuro, spero davvero di continuare così.