Intervista a Jessica Bellina: alla scoperta dei suoi due romanzi

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jessica bellinaLa scrittrice Jessica Bellina è nata e vive a Gemona in Friuli. Dopo alcune esperienze lavorative di vario genere, oggi lavora come impiegata. Le piace passeggiare, fare foto soprattutto di paesaggi, mangiare e assaggiare, scrivere. È la responsabile del gruppo storico medievale del suo paese.

Tra le sue pubblicazioni: Il lato magico. Il rituale del benandante, Kimerik Edizioni, 2020; “Questione di mentalità” racconto inserito nella silloge Fantascientifico Vol. 1, Idrovolante Edizioni.

Il Suo secondo romanzo “Il tocco della notte. Il rito” (Giovane Holden Edizioni) è dedicato prima di tutto alla Sua famiglia. Tuttavia, Celeste – l’eroina protagonista del racconto che ha scritto – scopre che quella che lei considera famiglia le ha mentito e rimette tutto in discussione, fino a trovare supporto al di fuori di quelle persone (sua madre) che fino ad allora considerava fidate e vicine. In un mondo in cui il concetto di famiglia trova sempre maggior ampiezza di significato, che cos’è per Lei la famiglia?

Per me la famiglia è sostegno. Le persone elencate nella dedica sono i miei punti di riferimento e le persone che fanno parte della mia vita e sono parte di me, mi hanno aiutata in momenti che credevo di non farcela e mi sopportano in tutte le mie peculiarità (parecchie)!

Anche la famiglia di Celeste non è vasta, la famiglia di altri personaggi invece (per esempio Ginevra de “Il lato magico”) è più grande, per me il rapporto famigliare è sempre stato importante e l’ho sempre trattato, nei suoi momenti più belli e nelle sue discussioni, soprattutto parlandone da adolescente in quanto è un momento di cambiamento sia per chi cresce ma anche per la famiglia stessa.

La famiglia biologica non la scegli, non sempre i componenti la pensano alla stessa maniera, non sempre si va d’accordo e certe volte alcune cose possono farti restare male, ma, soprattutto crescendo ho capito per cosa vale la pena discutere e per cosa no, ciò non toglie che anche io ho le mie discussioni ma sono davvero grata della mia famiglia per i suoi “no” e per gli insegnamenti. Con il tempo, come da tutte le persone e da tutte le situazioni, prendi quello che c’è di buono e lo pianti per creare qualcosa di nuovo, una tua famiglia.

Un altro tema sicuramente prioritario nel Suo secondo libro è quello dell’amicizia. Amici che spesso diventano più vicini della famiglia, che guidano le scelte, che danno una mano davanti al pericolo. Qual è, secondo Lei, il valore dell’amicizia? E dove si trova – se c’è – la magia in questo legame – molto spesso dibattuto in letteratura?

L’amicizia ha un grande valore. Credo che gli amici siano una seconda famiglia che ti scegli, che riesce a riempire alcuni vuoti e che ti sorprende con gesti disinteressati e spontanei che ti riempiono il cuore. Ci sono amici che durano una vita, altri che incontri per un periodo limitato ma che ti segnano e ti aiutano a crescere ed ognuno di loro crea un pezzetto della persona che sei.

La cosa più bella è trovare amici che ti apprezzano per ciò che sei senza pretendere di cambiarti, sono persone che conti sulle dita delle mani ma sono quelle che contano davvero.

La magia avviene ogni momento che passi con una persona speciale che cerca di aiutarti, migliorare la tua giornata o comunque vuole dedicarti il suo tempo.

È interessante notare come il genere letterario da Lei previlegiato, l’urban-fantasy, raggiunga sempre nuovi lettori e lettrici. Perché, secondo lei, soprattutto i giovani hanno cominciato ad appassionarsi a questo nuovo genere letterario? Quali sono gli elementi che, maggiormente, conducono il lettore ad appassionarsi delle storie di questo tipo?

Secondo me il bello del genere urban fantasy è il fatto di potere guardare posti reali o conosciuti con altri occhi, uscire dall’ordinario, unire e far rivivere leggenda e realtà. Quanto è bello andare in un posto e pensare “ehi, ma lì ci è passato quel personaggio! E io ci sto passando anche io!”, come per esempio andando a Volterra e pensando ai vampiri di Twilight, oppure andando a Londra e vedendo le vie in cui potrebbe avere camminato Harry Potter con i suoi amici, ti fa sentire parte di qualcosa di magico. Credo che il bello siano anche i personaggi particolari (streghe, vampiri, mannari…), a volte singolari in una realtà dove solitamente sono celati o soli e riescano a trovare loro stessi o la loro umanità, a superare le differenze, a rafforzarsi e farsi apprezzare per ciò che sono. Perché tutti possono raggiungere il loro sogno o obiettivo.

“Il tocco della notte. Il rito” è il suo secondo romanzo, ma sappiamo che Lei, in realtà, ha già diversi libri in fase di lavorazione. Ciò che subito salta all’occhio è che tutte le sue storie (anche “Il lato magico. Il rituale del Benendante” per esempio) hanno in comune un lato magico. Che cos’è dunque, per Lei, la magia? Perché decide di servirsene? Quale significato ha nella Sua quotidianità?

Il lato magico è un modo diverso di guardare la realtà. Mi spiego: il bello del mondo è guardarlo ogni giorno con occhi nuovi e con lo stupore dei bambini o che si ha quando si vede qualcosa di nuovo ed incredibilmente bello. Sembra banale ma ci sono delle cose meravigliose che sono delle magie di cui non ci accorgiamo: un tramonto invernale, un cielo stellato, lo sbocciare dei fiori, il cambio di stagione, la luce del sole che si riflette su ciò che abbiamo intorno… ci ho messo diverso tempo a capirlo. Ed è così che il mondo acquista una nuova visione.

I personaggi dei libri hanno diversi potenziali dove antica religione, antichi saperi, leggenda e fantasia si incontrano e a volta la linea è sottile. Un solo dettaglio potrebbe innestare diverse cose: curiosità, ricerca, altre letture, fantasia, discussione, scoperta… forse è una magia anche questa!

Gemona del Friuli è un luogo speciale che Lei racconta in modo minuzioso – anche attraverso le leggende sulle sue origini. Rispetto al suo approccio creativo mi domando se è nato prima il desiderio di raccontare il suo paese natale e in seguito ha proceduto alla costruzione dell’intreccio, o viceversa – oppure ancora, se i due elementi si sono fusi naturalmente.

Gemona del Friuli è il mio paese di origine in provincia di Udine, è stato davvero spontaneo ambientare i libri qui, ma non c’è stato nulla di calcolato o premeditato, come per tutta la mia scrittura. Le passeggiate mi hanno portata a guardare scorci e vie che si incastrano perfettamente con i romanzi. Effettivamente conoscere bene le zone che sono andata a descrivere è stato un aiuto, ma trovo comunque che il Friuli nel suo sia una terra magica: è ricca di leggende che vengono ancora tramandate, soprattutto nei paesi di montagna dove sono mantenute vive le tradizioni, è stato un punto di incontro per diverse genti, di passaggio per diversi popoli ed ancora oggi le tradizioni e la cultura si mescolano a volte con i paesi con noi confinanti, ma senza togliere la nostra unicità. Mi piace condividere questo con tutti, nonostante i primi libri che ho scritto (quelli pubblicati) non riportino tutte le conoscenze che ho ora credo possano suscitare la giusta curiosità.

All’interno delle Sue note biografiche si legge che Lei è la responsabile del gruppo storico medievale del Suo paese (Gemona): è presto spiegata la sua profonda conoscenza del luogo in cui ambienta i suoi romanzi e delle leggende che lo alimentano. Quale persona più adatta di Lei, allora, per raccontarci brevemente il mito legato dietro al Castello di Gemona?

Quella del castello di Gemona è una delle diverse leggende del paese, però è quella che ha una particolarità: ad ora non abbiamo ancora un eroe. Si narra che nel castello di Gemona dimori una bestia che è a guardia di una cassa che contiene un tesoro e porti nella bocca la chiave per aprirla. Molto tempo fa un ambulante di nome Costantino di passaggio a Gemona, non avendo soldi, si fermò a dormire sulle panche del Palazzo del Comune. A mezzanotte venne svegliato da dei rumori e sentì la voce di un’anima dirgli che se ne avesse avuto il coraggio la notte seguente avrebbe dovuto presentarsi a mezzanotte nello stesso posto e avrebbe ricevuto una fortuna. Questo lo fece, l’anima ritornò e gli disse di seguirlo nella torre del castello dove avrebbe trovato una bestia a cavallo di un forziere con una chiave in bocca, entro l’una di notte l’uomo avrebbe dovuto cercare di prenderla anche con più tentativi. L’uomo andò, non senza paura, provò più volte ad afferrare la chiave ma quando suonò l’una non era ancora riuscito a prenderla e la bestia scompare fra le fiamme insieme alla cassa. L’anima, sommessa, gli dice: “Speravo di essere liberata, ma deve ancora nascere l’albero con cui verrà costruita la culla dell’uomo che mi salverà”. Che l’eroe ora sia fra noi?

Come si legge in alcune Sue interviste conserva nel cassetto numerosi romanzi già scritti in attesa di pubblicazione. Quando trova il tempo per scriverli? E che cosa significa per Lei, la scrittura? C’è qualche rito che Lei segue, collegato alla fase creativa?

Il tempo per scrivere, soprattutto nel momento in cui la fase creativa è maggiore, sembra sempre essere poco fra vari impegni, lavoro, casa… ma una cosa che ho imparato è che il tempo per sé stessi ci deve essere (senza dirmi: devo farlo dalle… alle… o quel giorno, perché diventa un obbligo e non un piacere. La creatività non ha orari e la fantasia non ha un interruttore). Ovviamente i miei momenti sono al di fuori del lavoro, quindi solitamente la sera o le giornate di pioggia (sono una grande amante delle giornate uggiose, le trovo davvero ispiratrici!), ciò non toglie che se mi viene un’idea, una frase o un dettaglio mentre sono da qualche parte non me la appunto per poi lavorarci quando prendo in mano il computer. Non ho un rituale legato alla fase creativa, la scrittura per me è libertà: non ha schemi, non ha regole, non ha confini. La scrittura è il mio spazio è come un’enorme tela bianca senza perimetro o un cielo terso che non ha fine, ed è questo quello che mi piace. Tutta la vita ha delle regole, personalmente mi piacciono le regole e mi piace sapere fino a dove arrivare perché programmo diverse cose, però questa cosa è l’unica che non ne ha. Il bello della scrittura, per me, è che ha un inizio ma non so dove va a finire e lo scopro assieme ai personaggi, come se fossi lì insieme a loro e non fuori.

“Il tocco della notte. Il Rito”, come si evince dalla quarta di copertina, è il primo volume di una saga. Può dirci qualcosa di più rispetto ai libri che ancora non sono stati pubblicati? Tratterà di qualche tematica in particolare?

“Il tocco della notte. Il rito” è l’inizio per nuovi personaggi e nuove storie, perché, a differenza del libro “Il lato magico” oltre alle streghe tratto anche altre creature (fate, vampiri, mannari e cacciatori) prendendo in considerazione anche nuovi luoghi (l’Istituto dei cacciatori, il Castello di Gemona, il quartiere dei notturni a Udine…). In merito ai prossimi libri di questa saga posso dire alcuni dettagli (attenzione, da qui allerta spoiler per chi non ha letto “Il tocco della notte. Il rito”): Celeste, in seguito alla sua scelta, è diventata una cacciatrice di notturni e fa parte del Dipartimento di Gemona a cui i normali si rivolgono quando i casi non possono essere risolti dai corpi di polizia dei normali. Cercherà di scoprire cosa è successo alla madre insieme al fratello Angelo, avrà ancora qualche problema di cuore da risolvere soprattutto per un incontro che la sconvolgerà, conoscerà meglio sé stessa e troverà un equilibrio grazie a una persona inaspettata. Che dite, vi ho incuriositi?