Si intitola “Leviathan. La prima legge” (Cignonero Edizioni), il primo volume di una saga distopica ambientata in Italia, scritto dalla giovanissima Margherita Geraci, che racconta un’avventurosa storia di amicizia, di amore e di coraggio. Di questo e di molto altro ancora ci ha parlato, in un’intervista a cuore aperto, molto intima e personale, la brava autrice.
Come e quando ti sei accostata alla scrittura?
Sono sempre stata una lettrice accanita e, verso gli undici anni, ho deciso di voler scrivere una storia che avrei tanto voluto leggere ma non mi sono fermata a una sola storia, ho continuato a scrivere, fino ad arrivare ai quindici anni, quando è nato Leviathan.
Tu hai debuttato però da pochissimo nel vasto mondo della Letteratura con un romanzo molto particolare… Vuoi presentarlo a chi non ha ancora avuto il piacere di leggerlo?
Leviathan parla di un’Italia distopica e di Alice, una ragazza che si ritrova sola al mondo all’età di quindici anni, sola col suo cuginetto da proteggere. La storia continua con un’Alice ormai ventenne che dovrà sopravvivere a una realtà che scoprirà essere ben diversa da quella che credeva, che la porterà a capire che il mondo non è diviso in “buoni e cattivi” o in “bianco e nero” ma in una infinita sfumatura di colori, a volte difficili da discriminare tra loro.
Tra l’altro so che fa parte di un progetto molto ambizioso, ovvero una trilogia… Hai già scritto i due prossimi libri? Come stanno procedendo le stesure?
Il secondo è già scritto, per il terzo ho già molte idee ben chiare in testa, ma sono solo spunti, perché in genere la storia si costruisce man mano che la scrivo, quasi prendesse vita da sola, oppure esistesse già e io mi limitassi a trascrivere qualcosa che i protagonisti stessi mi raccontano via via che la storia prende forma.
Quale credi che sarà il filo rosso che li legherà?
Leviathan – a mio avviso – è una storia comune con particolari singolari. È un distopico ambientato in Italia ma credo parli molto più di questo, parla di sopravvivenza alla vita, qualunque ostacolo essa metta davanti e credo sia proprio questo il filo che legherà i tre romanzi: la resilienza, la voglia di andare avanti e di non lasciarsi abbattere mai, qualunque cosa accada. La voglia di rialzarsi anche quando la vita ci ha spezzati in ogni modo immaginabile, anche quando proprio non ne abbiamo le forze. Ed è, ahimè, questo ciò che “il futuro” ha in serbo per la nostra Alice.
Ma veniamo alla Margherita lettrice… Che cosa ami particolarmente leggere?
Come dicevo sono proprio un topo di biblioteca, leggo di tutto e divoro centinaia di pagine al giorno da quando ero solo una bambina. Leggo classici, romanzi ottocenteschi, russi, inglesi, americani, italiani. Leggo romanzi contemporanei, fantasy, romanzi rosa, storici, d’avventura, ma anche saggistica. Leggo di tutto e credo che questo abbia fortemente contribuito alla costruzione della mia persona in quanto individuo.
Perché – a tuo avviso – oggigiorno è sovente non considerata una vera arte?
Personalmente credo che sempre meno persone si interessino all’arte e che l’arte “passiva”, passandomi il termine, sia più facile da identificare come arte. Molti guardano un quadro e sanno che è arte, magari non ne comprendono l’essenza o il messaggio dell’artista ma sono abituati, dal senso comune, a definirla “arte”. Per un libro il processo è diverso, perché il libro chiuso, la copertina o le pagine stesse non hanno niente a che vedere con ciò che è la storia, al di là del messaggio che vuole passare. Un libro è più facile che passi inosservato, perché c’è bisogno di un processo attivo anche solo per dare uno sguardo superficiale (leggerlo).
Quale è la tua idea di arte e che cosa significa oggi essere un artista? Uno scrittore lo è?
La mia idea di arte è molto vasta e allo stesso tempo limitata. Io credo che arte sia tutto ciò che riesce a trasmettere delle emozioni e sia in grado di raccogliere le emozioni di chi la produce, passare a chi lo riceve ed essere processato internamente e vissuto personalmente. Sia esso un libro, un quadro, un film, una fotografia, un brano musicale o una danza. Credo che un “pezzo d’arte” abbia tre vite: la prima quella che l’autore dà, la seconda quella che il ricevente (osservatore, ascoltatore, lettore…) recepisce e la terza quella che il ricevente assimila e reinventa internamente. È per questo, a mio avviso, che l’arte in sé è imperitura. Arte, in breve, è tutto ciò che appartiene a tutti e non può appartenere a nessuno. Essere un artista, per rispondere alla domanda, vuol dire percepire le cose con una sensibilità in più, portare queste percezioni in arte e condividerle con chi ha voglia di recepirle e farle proprie.
Margherita ieri, oggi e domani… Come è stata, come è oggi e come te la immagini domani?
Sono una ragazza nella media e credo di esserlo sempre stata. Ho sempre avuto curiosità di conoscere il mondo sin da bambina, passato, presente e un immaginario futuro, e questo mi ha avvicinato ai libri. Sono una persona con molta voglia di fare, di raccontare e di raccontarsi ma soprattutto ho un’infinità di passioni, da sempre. Una frase che dico spesso è “non mi basterebbero tre vite per fare tutto quello che voglio fare” ed è vero, mi è sempre piaciuto considerarmi una cellula staminale totipotente, in grado di diventare ciò che voglio. Chiaramente crescendo ho iniziato ad avere le idee più chiare e magari da totipotente sono passata a multipotente ma non credo diventerò una unipotente. Credo che le passioni vadano coltivate, seppur come passatempo, quando le si hanno a cuore ed è ciò che incoraggio vivamente a tutti di fare. Dunque se immagino una futura Margherita la immagino ancora immersa tra mille passioni, spero più sicura di sé e nel perseguire i suoi obiettivi ma non credo abbandonerà ciò che la fa essere quello che è.
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