Cultura

Intervista ad Alessandro Ventrice, sempre grato alla scrittura

Scrivere per lui è catartico. Lui il bravo e promettente scrittore Alessandro Ventrice si racconta in questa intervista che ci farà viaggiare a mille con la fantasia. A partire dalla lettura del suo bel libro fantasy Empath Miche e la Ricerca delle nove perle perdute.

Alessandro, come ti sei avvicinato al mondo della scrittura?

Devo dire che è stato il mondo della scrittura ad avvicinarsi a me. Mi è sempre piaciuto scrivere, davvero, scrivevo e annotavo i miei pensieri in quello che chiamavamo diario segreto quando eravamo piccoli. Ho sempre scritto storie, mi piaceva viaggiare con la fantasia. Poi mi sono allontanato, ricordo che durante il triennio delle superiori, quando dovevamo scrivere il tema in classe, avevo sempre l’ansia. Il mio professore Ermis Segatti, professore che ho imparato ad amare e per il quale nutro una stima profonda (tant’è che uno dei personaggi del libro si chiama proprio come lui!), era un professore esigente, ma di un’umanità e cultura immensa. Devo molto a lui, e anche ai suoi numerosi 5 e 5/6 come voti ai temi in classe.

Non andava mai bene il mio modo di scrivere, non tanto i contenuti quanto la forma. Ed è stata una bella palestra, ve lo assicuro. Diceva sempre “dovete credere in voi stessi e avete un grande potenziale. Dovete impegnarvi: 8 è il voto massimo per un tema, e lo darei a Manzoni, quindi datevi da fare!”.

Imparare a mettere le virgole al punto giusto, andare a capo quando era necessario, mettere gli avverbi con criterio. Quando si è adolescenti, in preda agli ormoni, in cerca del proprio posto nel mondo e in preda al delirio di onnipotenza, non si è proprio bravi nell’apprezzare certi consigli o accorgersi della fortuna che si ha ad incontrare insegnanti così nel proprio percorso. Ora, ne sono immensamente grato. Quei tre anni sono stati davvero utili, un allenamento che mi ha permesso di farmi trovare pronto quando per esigenze legate ai miei lavori teatrali, ho dovuto scrivere copioni per i miei allievi. Vedere in scena quello che prima era solo nella tua testa è emozionante, sentire le risate nel pubblico, la loro commozione, il senso di empatia che piano a piano contagia gli spettatori seduti in sala, riempie il cuore. Davvero.

Anni dopo è arrivata l’ispirazione per la prima stesura del romanzo fantasy, così, all’improvviso. Continuavo a incontrare la storia di Miche nei miei sogni, fin quando era diventata pressante, a tratti fastidiosa. Non ho potuto fare altrimenti che scriverla e dargli forma e mettermi a suo servizio. A servizio della scrittura, che bussava senza sosta. Ho iniziato a scrivere una prima versione nei miei vent’anni. Una versione acerba, istintuale, non matura.

Nei miei trent’anni, invece, su suggerimento di un editor, mi sono fatto coraggio, ho respirato profondamente e…ne ho scritta una versione completamente nuova. Dopo un lutto emotivo e artistico durato alcune settimane, mi sono fatto coraggio e mi sono lanciato. Ho imparato a guardare alla prima stesura di Empath come una sorta di ricerca per la nuova versione della storia di Miche e, alla fine, è nato Empath.

Una grande mano è arrivata da un lato dal lavoro fatto con la mia editor Angela, una coach di scrittura eccezionale e un angelo, oserei dire, di nome e di fatto. Dall’altro, dal lockdown forzato. In due mesi, come un fiume in piena, ho scritto senza sosta il mio romanzo urban fantasy. Due mesi di contatto diretto con l’ispirazione e a servizio di Miche. Iniziavo il 3 marzo 2020 e il 5 maggio 2020 scrivevo l’ultima parola. Poi da quel punto è cominciata la parte veramente difficile: scrivere un proposal accattivante, la sinossi, trovare una casa editrice, l’editing, le numerose riletture del testo e la promozione: un lavoro decisamente impegnativo.

Che cosa significa scrivere per te?

Scrivere è catartico, liberatorio. Viaggiare con la fantasia, spinto dalla creatività e dall’ispirazione, è come ritrovarsi in uno stato meditativo. Per di più, creare un mondo fantasy ti permette di avere una libertà senza freni. Devo ammettere che per me è stato davvero facile, è bastato mettermi in ascolto e lasciare andare. Vedere dove questa avventura mi avrebbe portato. Per non parlare di quanto sia stato divertente, è stato un modo per intrattenermi e, a ogni fine capitolo, non vedevo l’ora di scoprire cosa sarebbe capitato nel capitolo seguente, quasi come se fossi autore e lettore nello stesso momento.

Si dice che un bravo scrittore, sia in primis un sagace lettore. Tu quando e che cosa ami particolarmente leggere?

Non ho un genere preferito. Io leggo molti fantasy e romanzi distopici. La mia autrice preferita è Margaret Atwood, lei è fantastica e adoro anche Chuck Palahniuk. Ma leggo anche altri generi, non sono di gusti difficili, ecco. Gli ultimi libri che ho letto appartengono a generi totalmente diversi l’uno dall’altro e raccontano storie diverse, con modalità e stili altrettanto differenti. Mi piace cambiare. Forse è perché la routine mi annoia. Passo da La mia vita con i gatti di Morishita Noriko alla Sovrana Lettrice di Alan Bennett, o da Se tu fossi Vero di Paola Mastrocola a Nome non ha di Loredana Lipperini con le suggestive ed esoteriche illustrazioni di Elisa Seitzinger. Ho appena concluso Morgana-L’uomo ricco sono io di Michela Murgia e Chiara Tagliaferri e sono alle prese con La sconosciuta della Senna di Guillaume Musso. Come potete notare libri diversi fra loro, decisamente. Sul quando….leggo appena mi è possibile. Non ho un momento preferito, ultimamente evito la sera perché mi si chiudono gli occhi…sarà l’età!

Oggi si dice che i giovani leggono poco, qual’é la tua opinione al riguardo?

Non sono d’accordo. Forse è vero che in generale l’Italia è più un paese di scrittori che di lettori, ma non credo che in assoluto i giovani leggano di meno. Poi, non ho dati oggettivi o scientifici, ma posso parlare del mondo che mi circonda e dei profili che seguo sui canali social. Ci sono davvero molti giovani lettori appassionati e divoratori di libri. Spesso mi faccio guidare dalle loro segnalazioni sulla scelta del prossimo libro da leggere. E conosco tanti giovani appassionati che qui a Torino e dintorni aderiscono alle iniziative delle librerie di zona e di quartiere. Non so, non ho la sensazione che la lettura sia solo per vecchi. Forse dovremmo abituare i bambini a leggere di più, spingerli ad toccare i libri, tenerli in mano più spesso forse di quanto fanno con i vari device tecnologici. Quando vivevo a Londra, per esempio, ero rimasto piacevolmente colpito dal numero di librerie dedicate esclusivamente ai bimbi, già in fascia prescolare, e di quanti libri venissero acquistati dalle famiglie.

Ma tu come li vedi i giovani e ancora di più gli adolescenti odierni?

Oh mamma, una di quelle domande semplici. Anche su questo argomento non ho dati scientifici e non pretendo di dare una risposta dal pulpito della conoscenza e della verità assoluta. Grazie alla mia formazione in Scienze dell’Educazione e grazie ai miei anni di lavoro come insegnante di recitazione nelle scuole dell’obbligo, private e dell’infanzia, posso dire di essere entrato in contatto con molti giovani e adolescenti. Di sicuro in un ambito privilegiato, durante attività scelte e predisposte all’ascolto e allo scambio, ma devo dire che non ho un’opinione così negativa. Anzi, ho molta speranza. Parlando degli adolescenti, penso che non siano poi così diversi da quando mi trovavo io nei loro panni. Il desiderio di libertà, il bisogno di definirsi come individui, il distacco dalle figure genitoriali, l’esigenza di essere ascoltati, la confusione dovuta ad un corpo che cambia e al bombardamento ormonale, la capisco bene. Per di più, vivere tutto questo in un mondo iperveloce, con molti stimoli, saturo di informazioni, e negli ultimi anni limitato da una pandemia mondiale…Insomma, non deve essere poi così facile.

Nel mio libro parlo di un adolescente, appunto, che cerca di trovare il suo posto nel mondo, in un periodo nuovo e complesso della sua vita, resa già difficile dall’avere una madre in coma da anni. Miche deve imparare a controllare e gestire le sue emozioni nel pieno dell’adolescenza, nonché imparare a gestire i poteri magici appena acquisiti. Ho scelto l’empatia come potere magico, nella speranza possa ispirare i lettori e possa essere un seme che una volta piantato nelle teste di chi legge Empath, possa crescere anche nei loro cuori. L’empatia è magica, ma non di una magia lontana da noi, è ben raggiungibile ed è in ognuno di noi. Credo che essere empatici possa essere la chiave per essere umani nella società di oggi, per avere quel potere di entrare in relazione con gli altri e capire cosa prova, come vive e di cosa ha bisogno chi condivide con noi lo spazio che viviamo su questa Terra. L’empatia non va considerata come una debolezza, solo perché non si prevarica l’altro o perché si fa un passo indietro per restare in ascolto. Ho voluto, invece, legarla ad un super potere, forse il più forte di tutti, per poter salvare il mondo che riconosciamo essere di tutti e, appunto, di ciascuno di noi.

Quanti Miche ci sono secondo te?

Bella domanda, ma non posso spoilerare troppo. La bellezza di Miche è essere unico. Unico come lo è ognuno di noi, risultato del proprio passato biologico, magico e vissuto personale. Miche è un empatico, per metà strega e metà umano, un essere magico raro. Ma è anche tutti noi. Tutti siamo stati adolescenti, tutti ci siamo trovati, almeno in un momento della vita, in difficoltà. Non sapevamo quale sarebbe stato il nostro posto nel mondo, quale il nostro talento, ci siamo trovati così pieni di rabbia da farci esplodere o in preda alle lacrime da sentirci bloccati. Tutti ci siamo sentiti meravigliati davanti a qualcosa di nuovo o inaspettato e, presto o tardi, tutti abbiamo conosciuto la paura. Siamo stati in preda al senso del giudizio, al dubbio, alla voglia di fuggire e alla solitudine, ma ci siamo sentiti anche forti, capaci, coraggiosi a sufficienza da buttarci in nuove avventure e, perché no, speranzosi. Credo, quindi, che di miche ce ne siano molti, almeno uno per ogni lettore che si approccia alla storia e per ogni suo amico, familiare e conoscente. Ma un solo Miche, con la m maiuscola. Almeno, per ora.

Tu che adolescente sei stato? Possiamo dire che c’è molto di te in questo personaggio?

Sì, c’è qualcosa di me in questo personaggio. ma come c’è- in realtà- qualcosa di me in ognuno dei personaggi della storia. Inconsciamente, forse, ho messo una parte di me in ognuno di loro: sia gli aspetti che mi piacciono che quelli di cui non vado molto fiero. Definitivamente i capelli incontrollabili, sono i miei di quel tempo, o l’amore per i gatti. Devo dire anche la voglia di aiutare gli altri. A differenza di Miche, però, io ho sempre desiderato avere dei poteri magici, e sono stato fermamente convinto che, una volta raggiunta la maggiore età, si sarebbero sviluppati. Ufficialmente non è stato così, ufficiosamente….chissà. Io, come dicevo prima, sono stato da un lato un adolescente abbastanza tranquillo devo dire, a tratti noioso. Studiavo molto, giocavo tantissimo, frequentavo l’oratorio di paese, facevo teatro, uscivo con gli amici e ridevo molto. Suonavo il piano, studiavo canto ed ero sempre molto impegnato. Dall’altro, dietro un lato molto solare e sociale, ero parecchio insicuro, cercavo l’approvazione negli altri e da parte degli altri. Inseguivo le persone e i gruppi di amici che non mi volevano, e con il tempo, poi, ho capito non essere adatti a me. Avevo una forte voglia di trovare il mio posto, il mio vero me. Sono stati anni difficili se li guardo dal lato della mia capacità di accettare chi io fossi davvero. Anni complicati che hanno rallentato l’abilità di comprendere il mio vero potenziale, la mia unicità. Di accettare serenamente che andavo bene così come ero, con i miei difetti, il nasone, la bassezza o il sentirsi diverso. Per fortuna, con il tempo, la costanza, sapendo rallentare, lasciando andare il controllo, assaporando gli incontri e grazie anche a tanta fortuna e magia, questi due lati di me si sono incontrati e molti dei traumi e dei nodi si sono sciolti. E ho realizzato di essere stato fortunato.

Quali credi che siano i suoi punti di forza?

L’empatia è il principale. Ancora prima di sapere di essere un empatico a livello magico, Miche lo era già a livello umano. Il suo prendersi cura della mamma, aiutare il padre per alleggerirlo dai compiti quotidiani, i suoi interessi, dimostravano già il suo potenziale empatico verso l’altro. Sua madre stessa afferma nel libro che, già da piccolo, Miche sapeva leggerti dentro. L’aver sofferto, secondo me, è un altro dei suoi punti di forza. Aver incontrato la sofferenza nell’essere cresciuto con una madre in coma e l’avere un padre presente, attento, sensibile e buono, hanno permesso a Miche di capire di vivere nella vita vera, reale, e gli hanno insegnato come farsi coraggio nella vita e ad andare avanti. Poi credo che un altro suo punto di forza sia l’amicizia, quella vera, profonda.

Se potessi averlo ora vicino a te che cosa ti sentiresti di dirgli e perchè?

Credo gli direi grazie. Grazie per avermi scelto come scrittore e avermi dato la possibilità di raccontare la sua storia. Per me è stato un dono e scrivere Empath è stato davvero un percorso, un viaggio iniziatico per entrambi, verso la consapevolezza del nostro potenziale e del proprio talento. Abbiamo compiuto questo percorso assieme e, per me, è stato più facile farlo con lui. In più, Miche è un forte esempio positivo di come chiunque possa raggiungere ciò che desidera, se impara ad ascoltarsi e a credere in se stesso. Poi credo gli direi di imparare a rilassarsi un po’ e di lasciar che le cose capitino, senza farsi troppe domande. Ma questo è un aspetto che ha preso da me, quindi ci stiamo lavorando su!

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Pubblicato da
Laura Gorini
Argomenti: Intervistelibri

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