Oggi il mio rapporto con la scrittura è, in qualche modo, un rapporto di “amore e odio”.
E’ giovane, simpatica e piena di interessi Aurora Di Pietro che ha appena pubbliato il suo primo romanzo fantasy dal titolo Confessioni di un menestrello. Di questo e di molto altro ancora ci ha parlato la scrittrice in questa lunga e frizzante chiacchierata a cuore aperto…
Aurora, presentati ai nostri lettori…
Ciao a tutti! Come sapete mi chiamo Aurora, Aurora Di Pietro; quest’anno compirò 21 anni e vengo da Cerchiara, un piccolo paese ai piedi del Gran Sasso, in provincia di Teramo, cui sono molto affezionata. Al momento studio a Macerata, dove frequento la facoltà di Lingue e culture straniere occidentali e orientali, dedicandomi alle lingue che amo di più, per quanto diverse tra loro possano essere: il tedesco e il cinese. Nei fine settimana in cui torno in Abruzzo, poi, do una mano in parrocchia occupandomi dei ministranti e, di sicuro, una delle mie più grandi passioni, accanto – naturalmente – alla lettura e alla scrittura, è quella di suonare il clarinetto in banda. Il mio sogno, invece, è diventare insegnante, magari di cinese!
Chi o che cosa ti ha avvicinato alla scrittura e con quali parole descriveresti il tuo rapporto con essa (con la scrittura)?
Ripensandoci oggi credo che, in fondo, un legame con la scrittura, in un certo senso, fosse presente già dalla mia infanzia. Ricordo, infatti, che ero solita sfogliare i libri che avevo e, in base alle illustrazioni, inventavo storie, anche se non le mettevo ancora per iscritto. La persona che mi ha concretamente iniziato alla scrittura è stata la mia maestra di italiano delle elementari, che mi ha suggerito di scrivere le idee e le storie che mi venivano in mente! È stato un consiglio d’oro, che mi è rimasto impresso nella testa, dandomi un impulso e un incoraggiamento importanti per scrivere. Oggi il mio rapporto con la scrittura è, in qualche modo, un rapporto di “amore e odio”. “Amore” perché, piano piano, essa è diventata una parte di me, che mi aiuta a comprendermi meglio e ad esplorare il mio animo. “Odio”, invece, perché spesso c’è quel conflitto tra la mancanza di ispirazione o la momentanea incapacità di trovare le parole giuste e la forte volontà (o necessità) di scrivere qualcosa. Ma penso sia anche questo il bello della scrittura.
È cambiato nel corso del tempo?
Sì, sicuramente! All’inizio vedevo la scrittura un po’ come un gioco o un esperimento, magari per vedere fino a che punto riuscivo a sviluppare un’idea. Col tempo, però, il rapporto con la scrittura si è fatto sempre più “consapevole”, andando a scoprire e considerare aspetti di questa attività di cui prima non tenevo conto. Credo che questo sia avvenuto con il terremoto e la grande nevicata del 2017, quando, nel periodo in cui eravamo chiusi in casa, ho deciso di prendere carta e penna e scrivere un racconto per trascorrere le giornate. È stato in questo periodo che mi sono concentrata realmente per la prima volta su una struttura e una trama un po’ più complesse, iniziando anche a riflettere sul mio modo di scrivere. È un rapporto che è maturato nel tempo e continua a farlo ancora oggi!
Si dice che uno scrittore per essere considerato tale e diventare bravo deve essere in primis un gran lettore. Tu che cosa ami particolarmente leggere?
Leggo soprattutto fantasy, da saghe come Percy Jackson a Shadowhunters a Eragon. Il mio genere preferito, però, è il fantasy storico, ambientato in un mondo verosimile ma con quella punta di fantastico che rende tutto più affascinante. Ne è un esempio la saga di Hyperversum di Cecilia Randall, che è appunto la mia preferita! Adoro però anche il genere thriller e giallo storico, tant’è che l’autore che ammiro di più è Marcello Simoni.
Inizialmente non era mia intenzione scrivere un fantasy, ero semplicemente sicura del fatto di voler ambientare la storia nel Medioevo. Scrivendo, però, non ho potuto fare a meno di aggiungere l’elemento fantastico, che mi ha fatto apparire la storia più avvincente e, soprattutto mi ha fatto sentire più a mio agio nello scrivere. La scelta è sicuramente stata influenzata dalle mie letture e dal fatto che il fantasy, come vi ho detto, è il genere che apprezzo di più. Penso, inoltre, che la scrittura permetta di creare una realtà nuova, all’interno della quale non è solo il lettore a poter vivere diverse avventure, ma in primis lo scrittore stesso. La scrittura, in questo modo, permette di staccare la spina, allontanarsi per un attimo dalla realtà di tutti i giorni, in cui magari non tutti si ritrovano pienamente e, per vivere questo momento di distacco da ciò che ci circonda, si sceglie naturalmente la realtà letteraria che ci fa sentire più a nostro agio, quindi il genere a noi più affine. Anche questo è un importante motivo per cui alla fine ho scelto il fantasy, in quanto la storia, per poter arrivare all’anima dei lettori (come spero accada), doveva prima coinvolgere me.
Hai anche collaborato con una valente illustratrice, come avete lavorato? Le hai già dato il testo pronto e poi lei lo ha illustrato? Raccontaci un po’…
La collaborazione con Fabiana Scarmozzino, l’illustratrice di Antica Quercia Edizioni, è stata una delle parti più belle di tutto il processo di pubblicazione. Lei ha letto il testo e poi ci siamo sentite per decidere insieme i temi delle illustrazioni e lo stile delle stesse. Io avevo già dei disegni che avevo fatto anni fa, subito dopo aver finito di scrivere “Confessioni di un menestrello”, e glieli ho mostrati per darle un’idea, per esempio, di come immaginavo fisicamente i personaggi o di quali temi avrei voluto vedere rappresentati. Lei è sempre stata molto disponibile e attenta alle mie richieste e alle immagini che le inviavo come modello. Per quanto riguarda la copertina, poi, l’idea del liuto con il tronco è arrivata proprio dalla casa editrice, mentre io ho suggerito di aggiungere la piuma. È stata una collaborazione molto piacevole, non solo perché non si sono verificati scontri di idee, ma soprattutto perché, dall’altra parte, ho percepito un interesse e un apprezzamento sinceri per il libro. Il risultato sono i disegni di Fabiana in “Confessioni di un menestrello”, che mi sono piaciuti non appena li ho visti, anzi, mi hanno fortemente emozionato, specialmente uno in particolare, l’ultimo! All’inizio ero curiosa e allo stesso tempo ansiosa riguardo le illustrazioni, in quanto era la prima volta che una persona fino ad allora “estranea” si cimentava nel rappresentare scene del mio libro; ho dato i miei personaggi alla mano di Fabiana e lei è riuscita a renderli perfettamente, superando le mie aspettative e per questo le sono molto grata!
Il titolo ci rimanda a uno splendido brano di Branduardi. Sei – forse – cresciuta con la sua musica?
Sì, possiamo dire sia così. Mia sorella maggiore è una grande appassionata di Branduardi, quindi la sua musica risuona in casa mia sin da quando ero bambina. È sicuramente grazie a mia sorella se ho conosciuto e esplorato la musica di un cantautore come Branduardi.
Quali sono le canzoni che hanno rappresentato la tua infanzia e successivamente la tua crescita?
La mia infanzia è stata segnata da canzoni diversissime tra loro, grazie ai gusti musicali di ciascuno dei miei famigliari: dalle canzoni di Branduardi, a quelle di Demis Roussos, passando per i Green Day, la mia band preferita, che mi ha accompagnato dalle medie in poi. Un ruolo importante nella mia playlist è giocato anche da canzoni in cinese e giapponese (una delle mie preferite è Homura, tratta dall’anime di Demon Slayer), sin da quando ero piccola. Se devo pensare a delle canzoni in particolare, me ne vengono in mente diverse: pensando alla mia infanzia, mi viene in mente “Contessa” dei Decibel, che mi piaceva tantissimo da bambina, quando facevo finta di suonare il pianoforte, ascoltandola, durante il periodo del terremoto del 2009. Se penso, invece, alla mia crescita, a come sono cambiata nel tempo e a tutte le mie esperienze, credo che sceglierei “Good Riddance” dei Green Day.
E qual è quella che rappresenta meglio l’Aurora di oggi e perché?
È molto difficile sceglierne una. Credo che “Friends” di Blake Shelton sia adatta, perché è legata, in qualche modo, alla mia esperienza personale riguardo le amicizie e, in generale, le persone a me care. Ma mi viene da citare anche “Sotto il tiglio” di Branduardi, perché riassume varie mie passioni: la musica di Branduardi, il Medioevo e la cultura tedesca, in quanto rimanda a Unter der Linde (appunto “sotto il tiglio”) di Walther von der Vogelweide, un importante autore tedesco vissuto tra il XII e il XIII secolo, che mi piace molto.
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