Intervista alla dottoressa Monica Giovatore, autrice di Indecifrabili

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monica giovatore

Diventare genitore è un viaggio che non ha mappe sicure, pieno di sorprese, scoperte, ostacoli e a volte inaspettate

Non è di certo facile diventare mamma e papà, soprattutto di un figlio adolescente. Eppure riuscirci è da definirsi come una grande avventura. Di questo e di molto altro ancora ci ha parlato in questa lunga e intensa intervista a cuore aperto la dottoressa Monica Giovatore, psicologa, mediatore familiare, counselor professionista, nonché esperta in diagnosi e valutazione dei disturbi di personalità in sede penale e civile. E lo ha fatto partendo dal suo saggio Indecifrabili- Adolescenti Chi sono Cosa Vogliono Come Comunicano.

Dottoressa Giovatore, lei ha intitolato il suo saggio Indecifrabili riferendosi agli adolescenti. Un aggettivo importante e che può spaventare soprattutto molti neo genitori. Oggi è davvero un’impresa diventare mamma e papà?

Diventare mamma e papà oggi è un’esperienza profonda e trasformativa, ma anche complessa e piena di sfide nuove rispetto al passato. È un viaggio che inizia con un misto di gioia, paura, aspettative e mille domande. La società contemporanea offre più informazioni, supporti e libertà, ma richiede anche più consapevolezza, adattabilità e presenza emotiva. I genitori di oggi non sono solo figure che crescono un figlio: sono anche guide emotive, educatori, psicologi, compagni di gioco, e modelli di vita in un mondo che cambia in continuazione.

Ma riescono veramente a stare al passo con i tempi e a capire come sono cambiati gli usi, i costumi e la cultura che plasmano i loro ragazzi sino a volte a renderli indecifrabili anche a loro?

Tra le pressioni sociali, il confronto costante sui social, l’equilibrio tra lavoro e famiglia, e la ricerca di un proprio stile genitoriale lontano da quello dei propri genitori, diventare mamma e papà oggi significa anche crescere insieme al proprio figlio, giorno per giorno. Decidere di accogliere un essere umano con tutta la sua unicità, sapendo che non esistono istruzioni universali, né certezze assolute. Significa mettersi in discussione ogni giorno, accettare di non avere sempre le risposte, e imparare ad ascoltare davvero — non solo il pianto o le parole di un figlio, ma anche le proprie emozioni, i propri limiti, i propri bisogni. Con i figli oggi bisogna più ascoltare che parlare perché quello che non dicono è ancora più importante di quello che dicono!

Ci sono consigli da parte di esperti, familiari e amici che si possono seguire, ma essere genitore è comunque molto complicato. Potremmo definire ciò anche un’avventura?

Assolutamente sì, diventare genitore si può definire un’avventura, e non solo in senso romantico. È un viaggio che non ha mappe sicure, pieno di sorprese, scoperte, ostacoli e a volte inaspettate. Come ogni vera avventura, inizia con un richiamo — a volte desiderato, a volte inaspettato — e poi ti catapulta in un mondo nuovo dove ogni giorno può essere diverso dal precedente. Ci sono momenti di meraviglia e pura felicità, ma anche fatiche, paure e domande senza risposta. È un’avventura perché ti cambia, ti mette alla prova, ti costringe a guardarti dentro.

Ti fa scoprire parti di te che non conoscevi: risorse, ma anche fragilità. E proprio lì, nell’imperfezione, trovi il significato profondo di essere genitore. Non sei un eroe invincibile, ma qualcuno che sceglie di esserci, ogni giorno, con amore, presenza e responsabilità. E in fondo, ogni figlio è un piccolo esploratore, e ogni genitore un compagno di viaggio che impara strada facendo. Nonostante tutto ciò in certe circostanze potrebbe essere davvero significativo rivolgersi ad uno specialista del settore che sia psicologo o un educatore per poter trovare insieme delle indicazioni e dei suggerimenti adatti in quel momento alla crescita specifica del nostro ragazzo o ragazza!

Il conflitto all’interno di una famiglia talvolta inevitabile soprattutto se sia un figlio adolescente. Spaventano, momentaneamente dividono ma poi in certi casi possono unire le persone, come si può riuscire a vivere tutto ciò in maniera alquanto serena sia da adulti che da ragazzi?

Gestire i conflitti familiari, specialmente con adolescenti, è una sfida che richiede empatia, comunicazione efficace e strategie mirate. Questi sono alcuni consigli che ho inserito anche nel mio libro Indecifrabili, come accostarsi ai giovani con un atteggiamento meno giudicante e più empatico:

  1. Accogliere l’emotività senza giudicare. Durante l’adolescenza, le emozioni diventano più intense e complesse. È fondamentale non rimproverare i ragazzi per la loro emotività, ma riconoscerla e accoglierla.

  2. Affrontare il conflitto come opportunità di crescita. Spesso nel conflitto sono racchiuse verità che non sono facilmente espresse. Il conflitto si è gestito correttamente può essere un’occasione per rafforzare la relazione genitore figlio è importante non evitarlo ma affrontarlo con rispetto e apertura stabilendo limiti chiari e coerenti.

  3. Lasciare spazio all’indipendenz. Qualunque sia la natura del conflitto bisognerebbe sempre riuscire a mettersi nei panni dell’altro e capire che c’è una visione che seppur non si condivide è comunque espressione di una volontà. Durante l’adolescenza i ragazzi cercano maggiore autonomia è essenziale concedere loro spazio per esplorare e prendere decisioni pur mantenendo una presenza attenta e disponibile.

  4. Utilizzare tecniche di comunicazione efficace. Nel libro sono riportate tecniche della comunicazione aperta ed efficace che possono aiutare il genitore ad accostarsi ai propri figli in modo non giudicante. Tecniche come l’ascolto attivo e l’uso della riformulazione possono facilitare la comunicazione e ridurre le tensioni questi strumenti aiutano a creare un dialogo aperto e rispettoso fondamentale per risolvere i conflitti in modo costruttivo all’interno di tutte le relazioni. Gestire i conflitti con adolescenti richiede pazienza, comprensione e l’adozione di strategie che promuovano il dialogo e il rispetto reciproco.

Quale è la sostanziale differenza tra un consiglio e una critica?

Il consiglio nasce sempre con l’intenzione di aiutare guidare e offrire un’alternativa costruttiva ponendo l’attenzione al bene dell’altro. La critica spesso nasce dal bisogno di esprimere disaccordo o giudizio può essere anche essa costruttiva a seconda però di come viene formulata. Poniamo una situazione tipo: se il proprio figlio prende un brutto voto a scuola, se ci si accosta con una critica una frase tipo potrebbe essere sei sempre distratto ed è normale che vai male a scuola perché non ti impegni abbastanza, questo potrebbe far sentire il proprio figlio giudicato è svalutato. Se invece lo poniamo in questo modo: potresti provare a studiare un po’ per volta ogni giorno, come ti potrei aiutare? Questo offre una soluzione concreta senza colpevolizzare.

Responsabilizzare un figlio senza però stargli lontano, quanto esercizio su noi stessi adulti ci vuole per poterlo fare in maniera intelligente e consapevole?

Questa è una domanda importantissima e molto profonda. I genitori giocano un ruolo chiave nel creare lo spazio giusto perché i figli possono diventare se stessi e questo richiede prima di tutto un lavoro interiore. Il primo passo è comprendere che i figli hanno una loro identità diversa da quella dei genitori e non sono una loro estensione. È naturale avere paura per i propri figli, ma proteggerli troppo potrebbe soffocarli quindi è importante riconoscere le proprie ansie imparare a regolarle e se necessario rivolgersi anche ad uno specialista della mente.

È importante dare ai figli il buon esempio perché loro imparano molto più da ciò che vedono che da ciò che sentono. E infine non meno importante bisogna dare spazio all’errore come parte dell’apprendimento, un figlio che non sbaglia mai è un figlio che non cresce bene!In conclusione un genitore che lavora su se stesso e un genitore che cresce insieme al figlio, lascia il ruolo del capo e assume quello del mentore e diventa una guida che non trattiene, ma accompagna.

Avere le chiavi di casa, gestire i propri risparmi, sono atti utili per rendere i nostri figli più consci del valore del nido familiare e dei soldi?

Affidare le chiavi di casa ad un figlio specialmente durante l’adolescenza può rappresentare un rito di passaggio che comunica fiducia e riconoscimento della sua crescente autonomia, questo è un gesto simbolico che indica che il genitore riconosce che il figlio è capace di gestire responsabilmente la cura degli spazi comuni. Contestualmente insegnare ai figli a gestire i propri risparmi è fondamentale per sviluppare in loro delle competenze finanziarie che saranno utili per tutta la vita. Strumenti come la paghetta settimanale o mensile possono introdurre concetti di risparmio e pianificazione delle spese e possono servire ad un loro processo di adultizzazione.

Il fattore economico, soprattutto all’interno di quelle famiglie che sono gravemente in difficoltà sotto questo punto di vista, induce sovente i giovani a cercare cattive strade per avere soldi facili. Come possiamo indirizzarli, un poco alla volta, verso sentieri più sani?

Sensibilizzare i ragazzi che cercano guadagni facili verso lavori più costruttive formativi è una sfida educativa importante per i genitori. Devono tenersi presente alcuni punti, come aiutare i ragazzi a scoprire lavori legati alle loro passioni questo può rendere l’esperienza lavorativa più coinvolgente. Ad esempio un adolescente che ama la tecnologia potrebbe essere motivato a imparare competenze digitali che possono tradursi così in una futura opportunità lavorativa. Un altro suggerimento che do spesso i genitori è quello di promuovere la partecipazione dei propri figli a stage tirocini o lavori estivi questo può permettere ai ragazzi una visione concreta del mondo del lavoro e spesso queste esperienze pratiche non aiutano a sviluppare competenze a comprendere che cosa si vuole fare da grandi in modo onesto e costruttivo. Il voglio tutto subito è un classico di un adolescente. Quanto la scuola e la famiglia devono cooperare per annullare questo pensiero? Il voglio tutto e subito è una mentalità tipica dell’adolescenza che esprime impulsività guidata dal bisogno di gratificazione immediata e dal desiderio di sentirsi indipendenti.

Famiglia e scuola devono smettere di vedersi come mondi separati, una comunicazione costante e trasparente tra genitori e insegnanti aiuterebbe a cogliere segnali, rinforzare i messaggi educativi e intervenire tempestivamente quando serve. Oggi le neuroscienze ci illustrano che la corteccia prefrontale negli adolescenti non è ancora completata, dunque faticano a pensare a lungo termine e le loro azioni sono mosse più dalle emozioni e dalla dell’impulsività che dal ragionamento. Per questo motivo i genitori si devono intendere come una protesi cognitiva per i loro figli nel frattempo che questi ultimi crescano e sappiano da soli ragionare che per risultati duraturi c’è bisogno di tempo, fatica e pazienza.

Spesso il voglio tutto e subito è anche un modo per l’adolescente di nascondere la frustrazione dovuta ad una bassa autostima, lavorare sulle emozioni a casa e a scuola può aiutare i ragazzi a riconoscere prima i loro stati d’animo e a non esserne dominati, il dialogo aperto rimane sempre la miglior strategia sia per i genitori che per i docenti per relazionarsi in modo empatico e senza giudizio.

In conclusione quello che voglio dire e che la mentalità del tutto e subito non si cambia radicalmente in un adolescente perché fa parte comunque delle sue caratteristiche biologiche oltreché psicologiche, ma con un lavoro di canalizzazione si può veicolare questa energia verso uno sviluppo più lento e significativo dove il ragazzo si appropria con impegno dei suoi valori.