Mi ha richiamato il desiderio delle pagine bianche, potenzialmente infinite, che anticipano il libro
Si intitola Nemmeno una virgola il primo libro di uido Domingo. Un romanzo – indubbiamente – molto particolare, adatto ai palati fini. L’autore, con acutezza e nel contempo con grande semplicità, oltre che con tanta modestia, si è raccontato ai nostri microfoni.
Lei è nato il giorno di Natale, l’ha aiutata questo a sentirsi fin da subito amato dagli altri e ad amare la vita?
Non credo ci sia un nesso tra l’amore che mi circonda e il giorno del Natale, non a livello conscio perlomeno. Posso però dire che è un giorno il cui le emozioni che mi definiscono sono condensate e riverberate.
Nel suo primo romanzo si respira tanta poesia, soprattutto nel suo modo di descrivere i fatti e i personaggi, la vecchina in primis, con tanta delicatezza. Il fatto di essere anche un bravo poeta le è stato d’ aiuto in tale direzione?
Grazie per il bravo, non penso di meritarmelo, non ancora forse. Ad ogni modo, l’amore per la poesia mi ha certamente aiutato nel dosare e miscelare le parole al fine di raffigurare un momento, uno stato d’animo.
Chi o che cosa l’ha indotta a lasciare “ il verso” per darsi alla narrativa?
Penso avessi bisogno di più spazio. Mi ha spinto la necessità di dirigere una storia, ma il verso sarebbe straripato. Mi ha richiamato il desiderio delle pagine bianche, potenzialmente infinite, che anticipano il libro.
Nella sua opera inizialmente si percepisce che la sua protagonista voglia rimanere ancora ancorata al passato perché crede che le rimanga solo quello. Il presente la spaventa e non pensa più al futuro, ma poi le cose cambieranno. Possiamo dire che è stato l’amore- in qualche maniera- a scuoterla?
Assolutamente sì. Non solamente l’amore per il marito ma anche per la vita stessa, che ovviamente è il contrario di morte. Non a caso l’etimologia di amore è “ciò che non muore”.
Si intuisce che lei si senta sovente un peso per le altre persone, figlia in primis, e questo è un sentimento che molti genitori anziani provano. Come si può far intuire loro che sono – invece – una risorsa?
Evitando la compassione forse. È un sentimento indubbiamente positivo ma che crea un distanza dove c’è il bisogno di prossimità, di uno stretto abbraccio.
Paradossalmente – però – c’è anche chi, nonostante abbia superato la soglia dei 70 anni, si senta ancora un ragazzino, e tenda a vivere un po’ sopra le righe. Come si può trovare il giusto equilibrio per vivere pienamente la vita ma in maniera sana?
Forse non solo la persona adatta a rispondere! Non ho ancora 70 anni ma mi sento chiamato in causa: sono uno di loro. Ovviamente ci deve essere spontaneità e bisogna fare attenzione a non diventarne dipendenti.
E lei come si vede all’età della vecchina? Che augurio si sente di farsi?
Mi vedo più libero (o almeno lo spero), togliendo per liberare spazio. Mi auguro di trovare la gioia della completezza ma senza l’appagamento.