“Non chiamateci quote rosa” verrà presentato mercoledì 9 gennaio alle ore 18 alla Libreria Feltrinelli di Genova
GENOVA – Dopo “Calciatori? No grazie” e “Goal a 4 zampe“, lo scorso 8 dicembre é uscito il terzo libro della giornalista e scrittrice Valentina Cristiani. Si intitola “Non chiamateci quote rosa” (Pathos Edizioni) e, attraverso la testimonianze di quaranta giornaliste, analizza dal punto di vista femminile il problema della disparità di genere nelle redazioni. Il volume contiene la prefazione di Giorgia Rossi (giornalista, conduttrice Dazn), l’introduzione di Paola Ferrari (giornalista, conduttrice Rai) e la postfazione di Federica Cappelletti (giornalista, Presidente della Divisione di Calcio Femminile FIGC).
“Non chiamateci quote rosa” verrà presentato giovedì 9 gennaio alle ore 18 alla Libreria Feltrinelli di Genova. L’incontro, al quale prenderà parte anche l’assessore alle Pari Opportunità del Comune di Genova Francesca Corso, sarà moderato dalla giornalista Stefania Secci.
Noi de L’Opinionista abbiamo incontrato Valentina Cristiani e le abbiamo rivolto alcune domande relative al “backstage” della sua opera. Ecco cosa ci ha detto.
Cosa ti ha spinto a scrivere “Non chiamateci quote rosa”?
“Entriamo nel 2025 e – purtroppo – pregiudizi, discriminazioni, battute sessiste, commenti inappropriati, svilimento delle capacità personali, ma anche gender pay gap (divario di genere nella retribuzione), carriere più faticose, diritto alla maternità negato e molestie sono ancora all’ordine del giorno in ambito giornalistico. Solo un direttore su quattro è donna e il suo stipendio è più basso del 28 per cento rispetto (dati Istat) a quello di un uomo. A rimetterci è – anche – la qualità dell’informazione. Quello che le giornaliste chiedono sono le “pari probabilità”, ovvero le stesse possibilità previste per gli uomini di fare carriera o arrivare a ricoprire determinate posizioni apicali”.
Nel libro oltre 40 testimonianze sottolineano quanto nel mondo del lavoro, e nello specifico in quello giornalistico, la donna sia ancora un passo indietro. Tu che sei giornalista da tanti anni, ti sei riconosciuta nello spaccato che ne è venuto fuori?
“Assolutamente si. Quando ho iniziato a seguire il calcio in un campo di provincia, intervistando un allenatore mi sono sentita dire: ‘Per essere una donna ne capisci di calcio!’ Lui era convinto di farmi un complimento: questo era l’emblema del modo di ragionare degli uomini del calcio. Nel libro scoprirete che la stessa cosa è capitata a diverse colleghe..
Noi possiamo batterci, essere tante, ma il punto è che la parità non è sovrapposizione. Noi non vogliamo essere come gli uomini, ma desideriamo avere le stesse opportunità. Ma il cammino lo si deve fare insieme”.
Quali sono le cause per cui la disparità di genere nel mondo del giornalismo è ancora evidente? E quali potrebbero essere le soluzioni?
“La vita delle giornaliste è diversa da quella dei giornalisti, non vi sono dubbi. Le giornaliste sacrificano la loro vita privata in misura maggiore rispetto agli uomini. Una donna che decide di avere un figlio deve mettere in stand by la propria carriera per uno o due anni, poi deve sempre in qualche modo frenarla. Le giornaliste sono maggiormente esposte a insulti, intimidazioni, diffamatori rispetto ai colleghi maschi, anche quando invecchiano e ingrassano, e non soddisfano più un immaginario standard ideale. Gli uomini invece non subiscono simili discriminazioni.
Inoltre, la presenza di donne nel mondo giornalistico diminuisce man mano che si sale di livello. Fino alla posizione di redattore ordinario c’è un discreto equilibrio, ma man mano che saliamo questa piramide troviamo sempre meno donne, e il gap aumenta. Il gender gap a livello economico è invece di un certo rilievo: una ricerca recente mostra che le donne guadagnano complessivamente il corrispettivo di due mesi in meno rispetto agli uomini. Questo perché alcune carriere sono ancora di difficile accesso per le donne, oltre che per la disparità economica.
Molto spesso le donne dirigono periodici femminili, come se potessero dirigere solo questo. Ma bisogna ricordare che le donne hanno competenze e professionalità – non è corretto dire superiori agli uomini, ma è corretto dire che le hanno. A queste donne occorre dar voce.
Il problema poi non riguarda solo le condizioni di lavoro. Nel mondo del giornalismo esistono ancora temi considerati “femminili”, come la moda, la cucina o il costume, e altri ritenuti più “maschili”, come il calcio, nel caso di specie del mio libro, ma anche l’economia, la cronaca giudiziaria, ecc.. Penso che la tematica vada affrontata, portata alla luce come io ho fatto attraverso i contributi di note giornaliste presenti nel manoscritto.
La chiave per superare i pregiudizi è lo studio, la preparazione, il farsi trovare pronte. Non dobbiamo aspettare e pretendere che cambi il mondo attorno a noi, ma dobbiamo essere noi le prime a portare avanti il cambiamento con il nostro esempio.
Hai dichiarato che nel libro viene anche riconosciuto che, molto spesso, ad acuire il problema c’è anche il fatto che le donne molte volte sono invidiose le une delle altre e non sanno fare squadra. Quanto incide questo aspetto?
“Tantissimo. Dovremmo imparare dai maschi a fare squadra. E quando abbiamo davanti una collega brava ammetterlo ed essere stimolate ad essere ancora più brave”.
Riusciremo, secondo te, ad arrivare ad una parità di genere reale e concreta?
“Promuovendo sempre le pari opportunità e combattendo le discriminazioni ed i pregiudizi. La parità di genere è un concetto che è sempre più al centro del dibattito pubblico e comprendere la sua storia e il suo ruolo nella società italiana è fondamentale per costruire un futuro più equo per tutti. Questa tema è di grande rilevanza nel nostro paese, poiché riguarda l’uguaglianza tra uomini e donne in ogni settore e ambito della vita. Io e la moderatrice Stefania Secci ne parleremo con l’assessore alle Pari Opportunità del Comune di Genova, Francesca Corso, nella presentazione del mio ultimo libro “Non chiamateci quote rosa” per Pathos Edizioni del 9 Gennaio alle ore 18 alla Feltrinelli di Genova. Inoltre, in passato 6 giornalisti della BBC si erano tagliati gli stipendi per raggiungere la parità salariale con le donne. Sarebbe bello se questo accadesse anche in Italia”.
Biografia Valentina Cristiani
Valentina Cristiani, giornalista pubblicista bolognese, genovese di adozione, classe 1981. Ha due amori martellanti che formano un’unica colonna sonora: le parole e lo sport. Scrivere è parte del suo DNA fin dalla tenera età.
Ama fotografare con la penna le emozioni che colorano lo sport.
Lavora per la Federvela, è Responsabile di un portale calcistico, scrive articoli di giornale per quotidiani, ha lavorato come redattrice, conduttrice e opinionista in TV e in Radio.
Questa è la sua terza fatica letteraria, dopo Calciatori? No, grazie! e Goal a 4 zampe,