L’impulso espressivo di molti artisti necessita di manifestarsi in maniera immediata, spesso inconsapevole dell’emozione che scaturirà nel momento in cui l’opera sarà terminata, questo perché il processo creativo è inconsapevole e separato dalla mente razionale e soprattutto perché quell’interiorità imbrigliata in se stessa non riesce ad accettare regole nella libera manifestazione di sé. La protagonista di oggi presenta questo tipo di caratteristica che le permette di non meditare, di non riflettere su quanto sta per narrare nelle sue opere, lasciando voce al suo vibrare interiore.
Il mondo delle emozioni era stato escluso dall’atto creativo per tutto il periodo delle avanguardie della prima metà del Novecento, quando cioè il disorientamento dovuto alla perdita di certezze e di valori seguito ai due conflitti mondiali e l’avvento dell’innovativa tecnica di riproduzione dell’immagine, la fotografia, aveva determinato l’esigenza negli artisti dell’epoca di distaccarsi da una realtà osservata nella quale non si trovava più il piacere né il gusto estetico dell’epoca precedente, quella della Belle Epoque, e al contempo aveva perso il senso del narrare ciò che poteva essere immortalato in maniera meccanica e fredda da un apparato tecnologico. Tutti i movimenti degli inizi del secolo scorso si basarono dunque su un punto di vista differente, quello della purezza dell’atto pittorico che doveva trascendere da tutto ciò che lo sguardo poteva scorgere intorno a sé decretando la supremazia dell’arte su qualunque forma esistente; oppure su una scomposizione, un’interpretazione e una rappresentazione dell’immagine in fasi di movimento. Laddove dunque il Cubismo, il Surrealismo e il Futurismo, rimasero legati alla figurazione pur scegliendo di raffigurarla in un modo inedito stravolgendo ogni regola accademica sulla prospettiva, sul chiaroscuro, sul disegno e sull’attinenza alla realtà, di contro vi furono numerose correnti che affermarono l’esigenza del distacco dalla forma per infondere purezza all’atto creativo, rimanendo però in una sfera troppo intellettuale che allontanava l’osservatore dal contatto con il mondo interiore. Costruttivismo, Astrattismo Geometrico, De Stijl, Spazialismo furono concettuali, mentali al punto di sembrare freddi ma fondamentali per quel momento storico particolare tuttavia con il proseguire dei decenni mostrarono il loro limite espressivo ed emozionale anche in virtù di una ritrovata esigenza da parte da un altro gruppo di artisti, che proseguirono nel percorso della funzione importante della non forma, di ritrovare il contatto con il mondo interiore, con quella sfera irrazionale e impulsiva che doveva necessariamente essere legata al gesto pittorico, all’atto creativo più intenso, più immediato e spontaneo. L’Espressionismo Astratto determinò una riappropriazione di quel contatto con l’interiorità dell’artista essenziale anche nell’universo della non figurazione, dell’indeterminato, e in grado di regalare all’esecutore dell’opera la libertà di lasciar fluire sensazioni ed emozioni senza vincoli e regole, usando la tela come narrazione dell’intuito, della percezione del momento. L’artista austriaca Judith Seiler Schlömmer ha bisogno della libertà comunicativa dell’Espressionismo Astratto per interpretare tutto ciò che ruota dentro il suo animo senza però avere consapevolezza del messaggio che vuole imprimere, non fino al momento in cui comincia a dar vita e forma attraverso ai colori a quell’intuizione che improvvisamente si definisce man mano che va avanti con l’esecuzione dell’opera.
A volte la sua attenzione si concentra su dettagli osservati dal paesaggio che la circonda, altre invece gli istanti che sente la necessità di descrivere sono quelli del pensiero, della riflessione, dell’interiorizzazione di una circostanza dell’esistenza, di un’inclinazione naturale del vivere contemporaneo che si riflette anche sul proprio modo di vedere e di sentire.
I colori sono utilizzati come trama narrativa accordandosi perfettamente all’intenzione espressiva, sapientemente sfumati e accostati per mettere in risalto l’impressione, il sentimento predominante e per porlo al centro della scena seppur nella sua essenza impalpabile, indefinita proprio perché intangibile.
Nell’opera Layer by layer (Strato per strato) Judith Seiler Schlömmer pone l’accento sugli innumerevoli veli che l’uomo contemporaneo usa per nascondere se stesso al mondo, le proprie fragilità, le proprie cicatrici che potrebbero renderlo vulnerabile, anche se, come emerge evidentemente nella tela, non è possibile ignorarle quelle ferite perché in qualche modo riescono a trovare il modo per emergere, non solo all’esterno ma soprattutto all’interno di quella parte di sé che invece vorrebbe dimenticarle.
In Schau mir ins (Guardami) l’artista sceglie una gamma cromatica fumosa, evanescente e impalpabile, come se in quell’invito si nascondesse la richiesta di dissolvere la coltre eretta a copertura di una vera essenza che silenziosamente spera e aspetta di incontrare qualcuno capace di andare oltre, di osservare il riflesso dietro lo sguardo, quello che giunge fino in fondo all’anima, per rassicurare un’interiorità fragile.
Quando però l’intento creativo di Judith Seiler Schlömmer si sofferma sulla descrizione di un frangente di immagine percepito intorno a sé, le tonalità si accordano a quelle del mondo esterno, quelle più reali, oppure vivide e vivaci, perché al di fuori dell’universo emotivo e intimo; per la tela Herbstspaziergang (Passeggiata autunnale) sceglie i colori della stagione in cui tutta la natura sembra addormentarsi, terminare il suo ciclo vitale per iniziarne un altro, e dunque anche l’emozione pittorica dell’artista si lega a quella malinconia inevitabile che avvolge non solo il paesaggio ma anche il modo di percepire la veduta circostante.
In Landscape (Panorama) la Schlömmer si sofferma invece su una veduta solare, probabilmente assorbita durante un pomeriggio in campagna, di cui ciò che le è rimasto è stata l’emozione positiva, fresca, giocosa di un giorno ordinario eppure al contempo straordinario e capace di infondere una pace interiore che si è depositata nella memoria e che in un secondo tempo l’estro creativo chiede di esternare coinvolgendo così l’osservatore all’interno di una percezione familiare perché condivisa in un altro tempo e in un altro momento. I toni scelti sono quelli della terra, del sole, delle piante, come se gli odori e la spensieratezza di quanto visto non potessero fare a meno di continuare a emergere sorridenti nella mente dell’artista.
Judith Seiler Schlömmer, dopo un inizio come autodidatta, decide di seguire corsi di pittura nelle principali scuole austriache – professor Rudolf Szyszkowitz di Graz, seminari con il maestro Erich Maier di Salisburgo, Aka Painter Efti Schlamadinger di Graz e con Hermann Nitsch – e ha all’attivo numerose mostre collettive e personali sia nel suo paese che all’estero.
JUDITH SEILER SCHLÖMMER-CONTATTI
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