L’approccio attuale alla vita è veloce, rapido, sembra voler consumare in fretta gli attimi poiché subito dopo l’individuo deve spostare la propria attenzione verso altro da desiderare e da ottenere, questo sia nella quotidianità che nella fruizione della cultura. Libri in formato digitale, dizionari on line, inducono le persone a soprassedere sui dettagli, ad andare rapidamente al nocciolo tralasciando quella lentezza che invece è fondamentale per fermare il tempo e perdersi nella contemplazione di un’opera d’arte, senza che essa diventi solo una cartolina della visita a un museo. È questo il senso della produzione pittorica del protagonista di oggi che mette in luce abitudini e comportamenti contemporanei ipotizzando scene ironiche ma anche spesso fortemente reali sulla nuova tendenza a perdersi l’occasione di vivere l’attimo per immortalarlo guardandolo attraverso lo schermo di un cellulare.
Intorno alla fine degli anni Sessanta del Novecento nacque negli Stati Uniti un movimento parallelo alla Pop Art, e convergente dal punto di vista dell’intento espressivo, che si proponeva di riprodurre la realtà osservata per contrastare l’avvento dei nuovi mezzi di comunicazione e i media che stavano quasi mettendo in discussione il ruolo primario dell’arte; il Fotorealismo, questo il nome della nuova corrente, scelse di mettere prevalentemente in luce gli aspetti quasi fotografici dell’osservato, sottolineando quanto l’apporto pittorico potesse essere al passo con la modernità. Laddove la Pop Art voleva contestare lo sfrenato consumismo della società borghese esaltandone le immagini più iconiche con intento ironico e sottilmente polemico proprio per la tendenza delle persone a lasciarsi conquistare da ciò che i media pubblicitari promuovevano, il Fotorealismo al contrario voleva focalizzarsi sulla purezza dell’immagine, della rappresentazione oggettiva in contraso con una realtà ormai completamente invasa dalla pubblicità e dai media come il cinema e la televisione. Con il proseguire degli anni la tendenza dei maggiori esponenti del movimento a dare una versione tanto fedele dell’osservato, a curare con minuzia ogni minimo particolare o riflesso, indusse i critici a modificare il nome in Iperrealismo, proprio in virtù dell’iperrealtà che contraddistingueva le opere di Richard Estes, Chuck Close, Ralph Goings e Charles Bell. Gli ultimi due erano più orientati a riprodurre quelle icone Pop quotidiane ormai parte della società americana di quel periodo come i flipper, le biglie colorate, le gomme da masticare a forma sferica acquistabili singolarmente dai distributori nelle tavole calde, il ketch up, i donut, il caffè, le insegne McDonalds, insomma tutti simboli della vita comune ormai irrinunciabili nelle abitudini delle persone. Questo tipo di approccio espressivo portò l’Iperrealismo a un altro livello, quello cioè di essere un modo per osservare la società mettendone in luce le consuetudini in modo differente da quello della Pop Art, lasciandone fuoriuscire la pura verità osservativa senza giudizio se non quello di ricordare che l’arte può sempre oltrepassare la perfezione di qualunque altro mezzo rappresentativo, perché essa viene arricchita dallo sguardo acuto e approfondito dell’autore di una tela. Il tocco pittorico iperrealista richiede una conoscenza della tecnica molto consolidata e soprattutto un’abilità realizzativa minuziosa e particolareggiata, ma soprattutto ciò che emerge dalle varie interpetazioni attuali è che ciascun artista tende declinare l’espressività sulla base del proprio punto di vista e di osservazione sulla realtà intorno a sé, uscendo talvolta dalla pura rappresentazione per introdurre il concetto, il senso di quell’osservazione, dunque nei tempi attuali spesso vengono messe in evidenza, in virtù di un’immagine tanto nitida e fedele a ciò che lo sguardo vede, nuove abitudini e vizi della società contemporanea, come nel caso dell’artista croato Stjepan Šandrk. Nel suo Iperrealismo infatti emergono riflessioni profonde sull’approccio nei confronti della cultura, in un’epoca in cui le mode e le icone del Novecento sono state superate per dar vita apparentemente a un maggiore individualismo e libertà di scelta, ma di fatto correndo verso un’omologazione agli inviti subliminali dei grandi media a conformarsi alle abitudini globalizzate, come appunto quella di correre dietro a un’immagine troppo spesso ostacolo all’importanza di assaporare l’attimo.
Il mondo della cultura e dell’arte vengono così ridimensionati a uno scatto effettuato con il cellulare, costituendo solo un breve istante di distrazione da tutto ciò che invece sembra essere prioritario nel vivere attuale, quell’apparire che impedisce alla sostanza di fuoriuscire e arricchire l’individuo.
E dunque la ricerca pittorica di Stjepan Šandrk entra nei musei più importanti del mondo e lo conduce a osservare, o immaginare, i comportamenti dei visitatori contrapposti alle opere tradizionali o moderne, evidenziandone il contrasto con la distrazione, talvolta persino con l’indifferenza nei confronti dell’emozionalità e della solennità dei capolavori dei grandi interpreti del passato come Rubens, Koons, Minjun, o Vermeer, solo per citarne alcuni, quasi come se la priorità non fosse vivere il presente e lasciarsi travolgere dalle sensazioni suscitate dal contatto visivo con l’arte, bensì immortalare quel momento di presenza trasformandolo in una cartolina ricordo senz’anima.
La tela Spectacle rappresenta esattamente questo tipo di atteggiamento delle persone nei confronti dell’arte del passato, un gioco imitativo tra sacro e profano, tra un capolavoro pittorico e l’incapacità da parte del gruppo di ragazze di mostrare il doveroso rispetto per la bellezza senza tempo di fronte a sé; in qualche modo Stjepan Šandrk mette in luce la fuggevolezza e l’inconsistenza dei valori contemporanei, legati alla fretta del consumare tutto senza soffermarvisi e al mostrarsi a chiunque per avere la conferma di esistere all’interno di un comportamento comune senza il quale ci si sentirebbe esclusi, contrapponendoli invece alla narrazione di eventi o sentimenti profondi evocati dai maestri della pittura.
In Family portrait with Minjun invece ciò che emerge è l’inabilità della madre a sollecitare i figli a voltarsi, a smettere di interessarsi ad altro per contemplare semplicemente l’opera alle loro spalle; il comportamento della donna rappresenta una delle carenze educative dei tempi contemporanei, dove i genitori stessi non riescono a far appassionare i ragazzi alla cultura neanche quando attuale, poiché Minjun è un artista ancora giovane e vivente, eppure per quei due giovani fratelli la priorità sembra essere mangiare o divertirsi a osservare ciò che è intorno piuttosto che lasciarsi emozionare dall’arte. Una delle caratteristiche esecutive di Stjepan Šandrk è di mescolare immagini appartenenti ai musei, ad altre prese da Internet di persone comuni immortalate negli atteggiamenti quotidiani durante i quali si scattano fotografie o sono impegnate a compiere azioni ordinarie; l’artista però le sovrappone e le unisce per dare vita ai suoi messaggi attraverso i quali induce l’osservatore delle sue opere alla riflessione, a spingersi dentro il concetto dopo essere stato attratto dalla purezza esecutiva e dalla familiarità rappresentativa delle tele.
Ecco perché in alcuni casi ci si trova davanti a una decontestualizzazione completa, come nel dipinto Spectacle#9 Prado, in cui un’auto semidistrutta entra nella scena a tentare di distrarre l’attenzione del gruppo impegnato nella contemplazione dell’opera Las Meninas di Velázquez; l’irrompere dell’elemento di disturbo mette il fruitore davanti al dato di fatto che il presente, con tutte le sue criticità e le problematiche, vorrebbe sovrastare e scavalcare l’intensità del passato eppure in alcuni casi, come in quello di questa opera, non vi riesce. Quello di Stjepan Šandrk sembra essere dunque qui un messaggio di speranza e di positività per la sopravvivenza dell’arte e della cultura, qualora si mantenga un atteggiamento volto a valorizzarne la rilevanza all’interno della società, e qualora l’individuo sia capace di prendersi il giusto tempo per entrare in connessione lenta e profonda con tutto ciò che quel passato può rappresentare e raccontare.
Ecco dunque che in Tourist2 Martina, la ragazza, sebbene sempre attraverso il filtro dello schermo del cellulare, è sola davanti all’opera, sembra voler entrare in contatto emozionale, rimane ferma, non ha fretta di passare alla sala successiva, bensì desidera cogliere ogni dettaglio; in questo caso dunque la tecnologia e la modernità divengono mezzo di approfondimento, possibilità per la giovane donna di poter in un secondo momento studiare e osservare meglio i particolari senza rischiare di dimenticarli, ma solo dopo essersi lasciata avvolgere dall’emozione del momento.
Stjepan Šandrk, diplomato all’Accademia in Arti Visive a Zagabria dove ha conseguito anche il PHD, ha al suo attivo molte mostre personali e di gruppo in Croazia e all’estero e ha già avuto molti riconoscimenti per il suo originale approccio pittorico.
STJEPAN ŠANDRK-CONTATTI
Email: ssandrk@gmail.com
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The complex relationship between culture and contemporaneity in Stjepan Šandrk’s Hyperrealism
Today’s approach to life is fast, speedy, it seems to want to consume moments quickly because immediately afterwards the individual has to shift his attention to something else to be desired and obtained, both in everyday life and in the enjoyment of culture. Books in digital format, online dictionaries, induce people to overlook details, to go quickly to the core, neglecting that slowness that is instead essential to stop time and lose oneself in the contemplation of a work of art, without it becoming just a postcard of a visit to a museum. This is the sense of the pictorial production of today’s protagonist, who highlights contemporary habits and behaviour by hypothesising ironic but also often strongly real scenes on the new tendency to miss the opportunity to live the moment in order to immortalise it by looking at it through the screen of a mobile phone.
Around the end of the 1960s, in the United States was born a movement parallel to Pop Art, and converging in terms of expressive intent, which aimed to reproduce observed reality to counter the advent of the new means of communication and the media that were almost calling into question the primary role of art; Photorealism, this was the name of the new current, chose to predominantly emphasise the quasi-photographic aspects of the observed, poining out how much the pictorial contribution could keep pace with modernity. Whereas Pop Art wanted to challenge the unbridled consumerism of bourgeois society by exalting its most iconic images with an ironic and subtly polemical intent, precisely because of the tendency of people to let themselves be conquered by what the advertising media promoted, Photorealism, on the other hand, wanted to focus on the purity of the image, of objective representation in contrast to a reality that was now completely invaded by advertising and media such as cinema and television.
As the years went by, the tendency of the movement’s leading exponents to give such a faithful version of the observed, to meticulously attend to every detail or reflection, led critics to change the name to Hyperrealism, precisely because of the hyperreality that characterised the artworks of Richard Estes, Chuck Close, Ralph Goings and Charles Bell. The latter two were more oriented towards reproducing those everyday Pop icons that were now part of American society at that time, such as pinball machines, the coloured glass marbles, the spherical chewing gum bought individually from vending machines in cafeterias, the ketch-up, donuts, coffee, McDonalds signs, in short, all symbols of common life that were now ingrained in people’s habits. This type of expressive approach took Hyperrealism to another level, that is, to be a way of observing society by shedding light on its customs in a different way from Pop Art, allowing the pure truth of observation to emerge without judgement other than to remind that art can always go beyond the perfection of any other representational medium, because it is enriched by the sharp and in-depth gaze of the author of a canvas.
The hyperrealist pictorial touch requires a highly consolidated knowledge of technique and, above all, a meticulous and detailed executional skill, but above all, what emerges from the various current interpetations is that each artist tends to conjugate expressiveness on the basis of his own point of view and observation of the reality around him, sometimes going beyond pure representation to introduce the concept, the meaning of that observation, thus in today’s times new habits and vices of contemporary society are often highlighted, by virtue of an image so sharp and faithful to what the eye sees, new habits and vices of contemporary society, as in the case of Croatian artist Stjepan Šandrk. In his Hyperrealism, in fact, emerge profound reflections on the approach to culture, in an era in which the trends and icons of the 20th century have been surpassed to seemingly give rise to greater individualism and freedom of choice, but in fact running towards homologation to the subliminal invitations of the big media to conform to globalised habits, such as that of running after an image that is too often an obstacle to the importance of savouring the moment.
The world of culture and art are thus re-dimensioned to a snapshot taken with a mobile phone, constituting only a brief moment of distraction from everything that instead seems to be a priority in today’s life, that appearance that prevents substance from escaping and enriching the individual. And so Stjepan Šandrk‘s pictorial research enters the world’s most important museums and leads him to observe, or imagine, the behaviour of visitors set against traditional or modern works, highlighting their contrast with distraction, sometimes even with indifference towards the emotionality and solemnity of the masterpieces of the great interpreters of the past such as Rubens, Koons, Minjun, or Vermeer, to name but a few, almost as if the priority was not to live in the present and be overwhelmed by the sensations aroused by visual contact with art, but to immortalise that moment of presence by turning it into a soulless souvenir postcard.
The canvas Spectacle represents exactly this kind of attitude of people towards the art of the past, an imitation game between the sacred and the profane, between a pictorial masterpiece and the inability of the group of girls to show due respect for the timeless beauty in front of them; in a way, Stjepan Šandrk highlights the fleetingness and inconsistency of contemporary values, linked to the haste of consuming everything without dwelling on it and showing oneself to anyone to confirm one’s existence within a common behaviour without which one would feel excluded, contrasting them instead with the narration of events or profound feelings evoked by the masters of painting.
In Family portrait with Minjun, on the other hand, what emerges is the mother’s inability to urge her children to turn around, to stop being interested in anything else and simply contemplate the painting behind them; the woman’s behaviour represents one of the educational shortcomings of contemporary times, where the parents themselves are unable to get the children interested in culture even when it is current, as Minjun is still a young and living artist, yet for these two young brothers the priority seems to be eating or enjoying observing what is around rather than being moved by art.
One of the characteristics of Stjepan Šandrk‘s work is that he mixes images from museums with others taken from the Internet of ordinary people immortalised in their everyday attitudes as they take photographs or are engaged in ordinary actions; the artist, however, superimposes and combines them to give life to his messages through which he induces the observer of his works to reflect, to push into the concept after having been attracted by the purity of execution and the representational familiarity of the canvases. This is why in some cases we are faced with a complete decontextualisation, as in the painting Spectacle#9 Prado, in which a half-destroyed car enters the scene in an attempt to distract the attention of the group engaged in contemplation of Velázquez’s Las Meninas; the irruption of the disturbing element confronts the viewer with the fact that the present, with all its criticalities and problems, would like to overpower and override the intensity of the past and yet in some cases, as in this work, fails to do so.
Stjepan Šandrk‘s message here therefore seems to be one of hope and positivity for the survival of art and culture, if we maintain an attitude aimed at enhancing its relevance within society, and if the individual is able to take the right amount of time to enter into a slow and profound connection with all that the past can represent and recount. So here it is that in Tourist2 Martina, the young woman is alone in front of the work, albeit through the filter of the mobile phone screen, and seems to want to enter into an emotional contact, she remains still, is in no hurry to move on to the next room, but wishes to grasp every detail; in this case, therefore, technology and modernity become a means of in-depth analysis, a possibility for the young woman to be able to study and observe details better at a later date without the risk of forgetting them, but only after allowing herself to be enveloped by the emotion of the moment. Stjepan Šandrk, a graduate of the Academy of Visual Arts in Zagreb where he also obtained his PHD, has many solo and group exhibitions in Croatia and abroad to his credit, and has already received many awards for his original pictorial approach.